ROMANIA.
– Demografia e geografia economica. Storia. Architettura. Letteratura. Bibliografia. Cinema
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato dell’Europa orientale. La popolazione della R., che era secon do un censimento del 2011 di 20.121.641 ab., è di 21.640.168 ab. secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) del 2014, con una densità media piuttosto bassa (90,5 ab./km2). Prosegue la tendenza al decremento demografico registrata a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso e dovuta a un incremento naturale tendenzialmente negativo (−3,5‰ nel periodo 2010-15), unito a un’emigrazione lenta e costante verso i Paesi confinanti, specialmente dopo l’ingresso nell’Unione Europea (UE), avvenuto formalmente il 1° gennaio del 2007. Il Paese si presenta scarsamente urbanizzato: solo il 54% della popolazione risiede in città e l’unico centro urbano di un certo rilievo è rappresentato dalla capitale, Bucarest (1.883.425 ab. nel 2011), mentre Cluj-Napoca, seconda città per popolazione e polo economico del Nord-Ovest, non supera i 325.000 abitanti. Dal punto di vista etnico, il censimento del 2011 ha confermato in linea di massima i dati del censimento precedente (2002), con una maggioranza netta di etnia romena (88,9%), seguita da una consistente percentuale magiara (6,5%) e da una minoranza rom (3,3%); quest’ultima, tuttavia, rispetto alle stime ufficiali (pure se in crescita rispetto al 2002), potrebbe essere sottostimata, data la discriminazione cui la minoranza è soggetta, che potrebbe aver alimentato una reticenza a dichiararsi appartenenti all’etnia rom. Malgrado il programma di integrazione avviato nel 2001, difatti, l’etnia rom continua a essere l’unica minoranza sottostimata all’interno delle istituzioni romene.
Le condizioni socioeconomiche della popolazione presentano diverse criticità. In primo luogo, risulta evidente una notevole divergenza tra la popolazione urbana e quella rurale, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ai servizi igienico-sanitari: secondo stime del 2008, il 45% della popolazione rurale non avrebbe accesso ai servizi sanitari (contro il 12% della popolazione urbana) e il 24% all’acqua potabile (contro l’1,5% della popolazione urbana), dati nel complesso molto preoccupanti. Differenze si riscontrano anche nella qualità dell’istruzione. Il PIL pro capite a parità di potere d’acquisto (PPA) è stato nel 2014 di 19.397 $; contenuta, nello stesso anno, è stata la disoccupazione (7,2%). L’economia del Paese è cresciuta a un ritmo piuttosto stabile a partire dal 2001 (intorno al +6%), per poi subire pesanti ripercussioni con la crisi internazionale del 2009 (−9%), proseguite fino al 2011, quando, anche grazie a un finanziamento congiunto erogato da Fondo monetario internazionale (FMI), Banca mondiale e UE pari a 6,6 miliardi di $, il PIL ha ripreso a crescere, prima a tassi più contenuti (2,3% nel 2011, 0,6% nel 2012), poi più consistenti (3,5% nel 2013, 2,4% nel 2014) per via di un ottimo raccolto agricolo e della ripresa delle esportazioni industriali. Contestazioni, tuttavia, sono sorte circa i finanziamenti erogati dagli organismi internazionali, rinnovati nel 2013, in quanto condizionati a riforme strutturali e misure di austerity che non sono viste positivamente dall’apparato governativo.
La struttura economica della R. si fonda in grandissima parte sull’industria (42%), e solo dalla fine degli anni Novanta il peso dei servizi è andato crescendo significativamente, fino a coprire circa la metà del PIL (51,6%), decisamente meno, comunque, rispetto alla media dei Paesi dell’Europa centro-orientale. L’agricoltura, pur rappresentando un settore marginale e ancora arretrato tecnologicamente (ma notevoli sono le coltivazioni di mais e di vite), assorbe ancora il 30% della forza lavoro, mentre solo il 40% della popolazione attiva è impiegato nel settore dei servizi. Il turismo, che potrebbe rappresentare un buon investimento per il futuro, ha registrato nel 2012 quasi 8 milioni di ingressi. Fondamentali per l’economia e per il riequilibrio della bilancia commerciale, fortemente negativa (−7 miliardi di dollari nel 2013), sono le rimesse dei numerosi emigrati. La produzione industriale è piuttosto diversificata, e ha registrato una crescita significativa dalla metà del primo decennio del nuovo millennio (+8% nel 2013), anche grazie alla dislocazione nel Paese di industrie straniere, attratte dal basso costo della manodopera, e alla creazione di imprese a capitale misto. Tra i settori più rappresentati vi sono quello manifatturiero e quello chimico; sono presenti inoltre raffinerie di petrolio.
Malgrado vi siano giacimenti di petrolio e di gas naturale, le risorse di idrocarburi sono andate via via esaurendosi dalla metà degli anni Cinquanta, per cui la R. risulta largamente dipendente per il proprio fabbisogno energetico dalle importazioni, per la maggior parte provenienti dalla Russia. La produzione di energia elettrica nel Paese oggi è realizzata attraverso impianti termici e due reattori della centrale nucleare di Cernavodă, che coprono il 6,5% della capacità totale installata. Per diversificare i propri approvvigionamenti, la R. cerca di inserirsi nei progetti infrastrutturali per il trasporto energetico dal Caucaso e dal Medio Oriente all’Europa centrale, tra cui il progetto del gasdotto Nabucco. La posizione geografica del Paese, al confine orientale della UE (e della NATO, dopo l’ingresso nell’alleanza avvenuta nel 2004) rendono la R. un territorio strategico, anche per quanto riguarda le relazioni tra l’Unione e i Paesi che si affacciano sul Mar Nero. A questo fine la R., dopo essere stata tra i Paesi fondatori nel 1992 dell’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (BSEC, Black Sea Economic Cooperation), ha assunto un ruolo fondamentale anche nella Strategia del Mar Nero, avviata dall’UE nel 2008. La Strategia mira a promuovere la crescita economica e la cooperazione interstatale e con l’Unione, creando apposite partnership per il conseguimento di progetti infrastrutturali, energetici e ambientali. L’avvicinamento alla politica euroatlantica ha provocato divergenze con la Russia, che vede come una minaccia le basi militari concesse agli Stati Uniti in territorio romeno. Controversie rimangono anche con l’Ucraina per la definizione del confine sul Mar Nero lungo la foce del Danubio.
Storia di Ilenia Rossini. – Un sistema politico fortemente polarizzato, una corruzione dilagante negli apparati statali, un’imponente emigrazione verso l’estero: furono questi gli elementi che continuarono a caratterizzare la R. negli anni a cavallo del primo decennio del 21° secolo.
Dopo la crisi politica del dicembre 2006, determinata dall’abbandono dell’esecutivo da parte del Partito conservatore (PC, Partidul Conservator) a causa delle inchieste per corruzione in cui erano coinvolti molti ministri e della fuoriuscita dal Partito nazionale liberale (PNL, Partidul Național Liberal) di alcuni parlamentari, che avevano fondato il nuovo Partito liberale democratico (PLD, Partidul Liberal Democrat), nell’aprile 2007 il premier Călin Popescu-Tăriceanu formò un nuovo governo di coalizione con il PNL e l’UDMR (Uniunea Democrată Maghiară din România, Unione democratica magiara di Romania), sostenuto in Parlamento anche dal PSD (Partidul Social Democrat, Partito socialdemocratico), erede del partito comunista.
Alle elezioni politiche del 30 novembre 2008, successive alla riforma che introdusse il sistema uninominale con una soglia di sbarramento del 5%, il PSD ottenne il 33,1% dei voti (110 seggi), seguito dal centrista Partito democratico liberale (PDL, Partidul Democrat-Liberal), in cui nel 2007 erano confluiti il PD e il PLD, con il 32,4% (115 seggi). Il PNL prese 18,6% (65 seggi), mentre lo xenofobo Partito grande Romania (PRM, Partidul România Mare) vide un tracollo definitivo (3,2%). L’incerto esito elettorale portò alla formazione di un governo di grande coalizione tra PDL e PSD, guidato da Emil Boc (PDL). Dopo l’uscita del PSD dall’esecutivo (ottobre 2009), Boc creò un nuovo governo di minoranza con l’UDMR, sostenuto dall’appoggio esterno di alcuni deputati del PSD e del PNL, riuniti dal marzo 2010 nell’Unione nazionale per il progresso della Romania (UNPR, Uniunea Națională pentru Progresul României). Contemporaneamente, si svolsero le elezioni presidenziali, che furono vinte, grazie soprattutto ai voti dei romeni all’estero, dal presidente in carica Traian Băsescu (PDL).
Nel 2009 la R. ottenne un finanziamento dal FMI (Fondo Monetario Internazionale), le cui clausole prevedevano molti tagli di bilancio: il governo Boc approvò pertanto un innalzamento dell’età pensionabile, una riduzione di un quarto degli stipendi pubblici, numerosi tagli alle garanzie sanitarie e molte privatizzazioni, provocando scioperi e proteste in tutto il Paese. Molto criticato fu il presidente Băsescu che aveva negoziato il prestito e le sue condizioni.
All’inizio del 2012, un mese ininterrotto di manifestazioni contro la corruzione dilagante e le misure di austerity costrinse Boc alle dimissioni. Dopo un governo di transizione, in aprile diventò premier Victor Ponta (PSD), alla guida della coalizione Unione social-liberale (USL, Uniunea Social Liberală), composta da PSD, PNL e PC. Per rafforzare il suo potere e limitare quelli di Băsescu (particolarmente attivo sul piano della lotta alla corruzione), il premier fece votare al Parlamento una sospensione per 30 giorni del presidente della Repubblica, accusato di ingerenza nei poteri del governo e di aver condotto il Paese al tracollo economico. Come già era avvenuto nel 2007, il referendum sul suo impeachment (luglio 2012) non raggiunse il quorum e Băsescu fu reintegrato.
Le elezioni del dicembre 2012 sancirono la larga vittoria (58,6%, 273 seggi) dell’USL, mentre la coalizione avversaria, composta dal PDL e da due partiti minori, si fermò al 16,5% (56 seggi): nacque così un nuovo governo guidato sempre da Victor Ponta. Dato per favorito, il premier si candidò alle elezioni presidenziali del novembre 2014, ma fu sconfitto a sorpresa da Klaus Iohannis (PNL), protestante e rappresentante della minoranza tedesca del Paese. Infatti Ponta, nella veste di premier, si era attirato le antipatie dei numerosi romeni all’estero, che al primo turno non erano riusciti a votare a causa dei pochi seggi disponibili.
Sul piano della politica estera, la R. indirizzò le sue attenzioni principalmente all’area geopolitica del Mar Nero.
Nel 2008 riuscì ad avviare la Strategia del Mar Nero, iniziativa che aveva lo scopo di estendere la cooperazione tra i Paesi che vi si affacciano e tra questi e l’Unione Europea, di cui la R. era entrata a far parte nel 2007. Si rafforzarono inoltre i rapporti con la Moldavia, in cui viveva una grande minoranza etnica romena.
Architettura di Livio Sacchi. – In assenza di interventi organici di riqualificazione urbana e valorizzazione delle preesistenze, la R. ha comunque cercato, non senza contrasti e divergenze interne, di promuovere nuove politiche architettoniche. La qualificata pubblicistica romena di settore ha espresso con chiarezza tale ricerca, attraverso le sue molte riviste specializzate, da «Arhitectura» ad «Arhitext», da «Igloo» a «Idea». Il periodo comunista, durato quasi mezzo secolo, ha fortemente segnato la condizione moderna romena: l’originale spazio urbano di ispirazione francese, che durante la seconda metà del 19° sec. valse a Bucarest l’appellativo di Parigi dei Balcani, ha attraversato una fase di sensibile de-strutturazione, per lo più provocata dai massicci insediamenti industriali che hanno determinato gravi lacerazioni nei tessuti edilizi.
Negli anni Ottanta il centro storico della capitale è stato definitivamente inglobato dagli interventi voluti da Nicolae Ceauşescu, all’interno di un anello ad alta densità costituito dai blocuri, enormi edifici residenziali costruiti dal dopoguerra in poi; alcune periferie di recente costruzione sono state espressione della nuova classe economicamente emergente; mentre le mahala – spazi intermedi tra città e campagna per lo più in abbandono, segnati dalla casuale sovrapposizione di insediamenti industriali al paesaggio rurale originale – sono il frutto di un intenso quanto incontrollato sviluppo urbano.
A partire dall’inizio del 21° sec., il Paese ha riorientato le proprie politiche di sviluppo in un’ottica sostenibile, con l’incoraggiamento dell’uso delle energie rinnovabili. La torre Dorobanti, progettata nel 2008 da Zaha Hadid e destinata a ospitare un albergo, diversi ristoranti, un centro commerciale, un centro congressi e residenze, dovrebbe costituire l’ambizioso simbolo della nuova Bucarest. Emblematico è anche l’edificio per uffici realizzato nel 2003 da Zeno Bogdanescu e Dan Marin nel centro della capitale, nell’area che fu teatro di un evento cruciale della rivoluzione romena del 1989: sulle rovine della vecchia casa Paucescu è stato innestato un parallelepipedo vetrato sede dell’Unione degli architetti romeni.
Letteratura di Roberto Merlo. – All’indomani del 1989 la cultura romena è entrata in una crisi profonda, innescata dal venir meno del potere che tra resistenze e compromessi ne aveva per decenni definito la fisionomia, e acuita dalle polemiche intorno alla condotta dell’intellettuale sotto il regime e ai rapporti con la cultura dell’esilio e della Repubblica di Moldavia (v.), dal silenzio letterario di importanti scrittori del periodo precedente, dalla disaffezione per la fiction letteraria, messa in ombra da altri media (cinema, televisione) e da discorsi non finzionali (documenti d’archivio, memorialistica, giornalismo, politica), e infine dal collasso del sistema editoriale e librario di Stato.
Dai primi anni Duemila, nell’incipiente ‘normalità’ indotta dalla progressiva integrazione nelle strutture sociali, politiche ed economiche dello spazio euro-atlantico e complice la deludente gestione del passato e del presente da parte dei discorsi non finzionali, la letteratura è tornata a imporsi quale spazio pubblico di riflessione sulla società romena, sulla sua memoria e sul suo divenire. Il numero di titoli e autori pubblicati è cresciuto, poetiche e tematiche si sono diversificate. E se il valore delle singole opere resta per ora sub iudice, la letteratura romena attuale ha già valore nel suo complesso in quanto fenomeno socioculturale, espressione di un processo di ‘detabuizzazione’ della R. (Cordoş 2012) cui partecipano sia esponenti delle ‘generazioni letterarie’ della dittatura e dell’esilio, segnate in profondità dall’esperienza del totalitarismo, sia rappresentanti di ‘generazioni biografiche’ più recenti, nel cui profilo umano e intellettuale il peso del vissuto totalitario va scemando rispetto a quello dell’esperienza del postcomunismo. In una fertile zona di confine si collocano autori come il premio Nobel Herta Müller (v.) e scrittori ‘della migrazione’ come Cătălin Dorian Florescu, Marius Daniel Popescu, Liliana Lazăr o Felicia Mihali che, pur scrivendo in lingue diverse dal romeno, portano spesso nelle loro opere tematiche e atmosfere ‘romene’.
La «riabilitazione della fiction» (Simuţ 2004) dell’ultimo decennio si alimenta della volontà-necessità di narrare un passato che sta già diventando memoria, per comprenderlo e condividerlo con chi l’ha vissuto e per spiegarlo ai giovani che ne sono sempre più lontani, e di raccontare un presente che, per poter guardare al futuro, con l’eredità di quel passato ancora deve fare i conti. Protagonista è il romanzo, ritratto finzionale e mediato, ma non adulterato della società romena attuale, delle sue idiosincrasie e delle sue aspirazioni, nelle forme di un ‘neoverismo’ diffuso che non esclude le contaminazioni onirico-allucinatorie (Aripa dreaptă, 2007, L’ala destra, di Mircea Cărtărescu, conclusione della trilogia Orbitor, Accecante, uno dei capolavori della prosa romena post 1989), l’allegoria fantastica (Teodosie cel mic, 2006, Teodosio il piccolo, di Răzvan Rădulescu, tra i romanzi più acclamati del decennio 2000-2010) o il realismo magico sui generis (Cine adoarme ultimul, 2007, Chi si addormenta per ultimo, di Bogdan Popescu; Miruna. O poveste, 2007, trad. it. Miruna. Una storia, 2014, di Bogdan Suceavă).
Il romanzo romeno attuale si muove tra l’autopsia delloieri, indagando intrecci di vite ‘dentro’ e ‘contro’ la storia tra guerre, totalitarismi, eccidi, esili e diaspore fino alla rivoluzione e alle disillusioni del post 1989 (per es., Simion liftnicul, 2001, 20072, trad. it. Il santo nell’ascensore, 2009, di Petru Cimpoeşu; Întâlnirea, 2003, 20072, trad. it. L’incontro, 2010, di Gabriela Adameşteanu; Degete mici, 2005, trad. it. Dita mignole, 2010, di Filip Florian; Cruciada copiilor, 2005, trad. it. La crociata dei bambini, 2010, di Florina Ilis; Asediul Vienei, 2007, L’assedio di Vienna, di Horia Ursu; Sînt o babă comunistă!, 2007, trad. it. Sono una vecchia comunista, 2009, 20122, di Dan Lungu; Fantoma din moară, 2008, Il fantasma del mulino, di Doina Ruşti; Vizuina, 2009, trad. it. Il rifugio magico, 2011, di Norman Manea; Medgidia, oraşul de apoi, 2009, Medigidia, la città del giudizio, di Cristian Teodorescu; Cartea şoaptelor, 2009, trad. it. Il libro dei sussurri, 2011, di Varujan Vosganian; Noapte bună, copii!, 2010, Buona notte, bambini!, di Radu Pavel Gheo; Rădăcina de bucsău, 2010, La radice di ginestra, di Ovidiu Nimigean; A casă, pe Câmpia Armaghedonului, 2011, A casa, sulla pianura dell’Armageddon, di Marta Petreu; Matei Brunul, 2011, Mattia il Bruno, di Lucian Dan Teodorovici; Negru şi roşu, 2013, Nero e rosso, di Ioan T. Morar), e l’anamnesi dell’oggi, esplorando l’attualità più immediata e i suoi inediti scenari sociali, politici ed economici, dall’alterità culturale alle dinamiche del corporatismo, dalla marginalità sociale (tutto Radu Aldulescu; Soldaţii. Poveste din Ferentari, 2013, I soldati. Storia di Ferentari, di Adrian Şchiop) e dal fenomeno dell’emigrazione (Fetiţa care se juca de-a Dumnezeu, 2014, La bambina che giocava a Dio, di Dan Lungu) e all’omosessualità (Do not cross, 2014, di Dora Pavel), fino alla riscrittura del caso di cronaca (Spovedanie la Tanacu, 2006, trad. it. Confessione a Tanacu, 2013, di Tatiana Niculescu-Bran; Lizoanca la 11 ani, 2009, trad. it. Lisoanca a 11 anni, 2013, di Doina Ruşti).
Accanto a quella assai felice della prosa, l’ultimo decennio ha visto una fertile stagione della poesia, con la maturazione della ‘generazione 2000’ e gli esordi più recenti (Marius Ianus, Claudiu Komartin, Domnica Drumea, Ruxandra Novac, Dan Sociu, Elena Vlădăreanu, T.S. Khasis, Dan Coman, Doina Ioanid, Ştefan Manasia, Teodor Dună, Radu Vancu, Răzvan Ţupa, Bogdan Alexandru Stănescu, Andrei Dósa e altri) affiancati da nuove prove di autori già affermati (tra i molti, Ana Blandiana, Patria mea A4, 2010, trad. it. La mia patria A4, 2015; Ion Mureşan; Marta Petreu; Denisa Comănescu, di cui si veda Ritorno dall’esilio. Antologia poetica, 2015; Angela Marinescu, Liviu Ioan Stoiciu o Traian T. Coșovei), e soprattutto della drammaturgia, con l’autore francofono noto a livello mondiale Matei Vişniec (v. la raccolta di quattro suoi testi teatrali tradotti in italiano La storia del comunismo raccontata ai malati di mente e altri testi teatrali, 2012), anche romanziere e poeta, e altri autori affermatisi soprattutto nei primi anni Duemila (Gianina Cărbunariu, Kebab, 2004, trad. it. in Tre metri sotto, 2008; Şţefan Peca, Gabriel Pintilei, Maria Manolescu, Mihaela Michailov, Lia Bugnar, Nicoleta Esinencu, Mihai Ignat, Andreea Vălean, Vera Ion o Ioan Peter).
Bibliografia: I. Simuţ, Reabilitarea ficţiunii (La riabilitazione della fiction), Bucureşti 2004; Il romanzo romeno contemporaneo (1989-2010), a cura di A. Tarantino, Roma 2010; M. Chivu, La giovane letteratura romena, “dentro” e “fuori”, «LEA Lingue e letterature d’Oriente e d’Occidente», 2012, 1, pp. 22738; S. Cordoş, Lumi din cuvinte (Mondi di parole), Bucureşti 2012. Per le traduzioni italiane di autori romeni si veda R. Merlo, Una grande fioritura, ma ancora tante lacune. Le traduzioni di narrativa romena in italiano, 1990-2014, «tradurre. pratiche teorie strumenti», 2014, 7, http://rivistatradurre.it/2014/11/una-grandefioritura-ma-ancora-tante-lacune (6 settembre 2015) e, più ampiamente, la base di dati Scrittori romeni in italiano, a cura di A.C. Cionchin, M. Barindi, «Orizzonti culturali italo-romeni», http://www.orizzonticulturali.it/it_database1_Scrittori-romeniin-italiano.html (6 sett. 2015).
Cinema di Giona Antonio Nazzaro. – Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino. Pochi giorni dopo, il 25 dicembre, Nicolae Ceauşescu veniva giustiziato assieme alla moglie Elena, in seguito al decreto di Ion Iliescu che istituiva il Tribunale militare eccezionale. Il cinema romeno che, nell’arco di tempo che va dal 1967 al 1989, aveva dovuto rapportarsi con le limitazioni imposte dalla censura, nonostante a livello sotterraneo circolassero addirittura prodotti commerciali statunitensi (cfr. il documentario Chuck Norris vs. Communism diretto da Ilinca Calugareanu nel 2015), si trovava in una posizione di problematica libertà. Se quindi nel corso degli anni Novanta si è rinnovato (esemplare il lavoro di Lucian Pintilie, Dan Pita o Mircea Daneliuc), è stato a partire dai primi anni Duemila che la noul val românesc (nouvelle vague romena) si è affermata come movimento, aprendo la strada a una nuova generazione di giovani autori romeni, dei quali Cristi Puiu (n. 1967) si può considerare il nome di punta. Con il film Moartea Domnului Lǎzǎrescu (2005; La morte del signor Lazarescu), una commedia nera dall’impianto semidocumentario, Puiu ha vinto al Festival di Cannes il premio Un certain regard, rivelando così l’esistenza di una cinematografia romena dai tratti estremamente originali.
Caratterizzati da un approccio austero, schiettamente antispettacolare, e da un’attenzione meticolosa nella composizione dell’inquadratura, oltre che da un’osservazione del reale di matrice documentaria, i film realizzati già nei primi anni Duemila si distinguono nettamente dal naturalismo della generazione precedente. Altra caratteristica trasversale è il catatonico umorismo nero che viviseziona le mancanze della nuova classe dirigente romena così come le ipocrisie delle nuove generazioni.
Due anni dopo l’affermazione di Puiu, A fost sau n-a fost? (2006; A est di Bucarest) di Corneliu Porumboiu ha vinto il premio Caméra d’or al Festival di Cannes. Nel 2007, a dimostrazione della grande vitalità della noul val românesc, sono stati ben due i cineasti romeni che si sono affermati al Festival di Cannes: Cristian Nemescu con California Dreamin’ ha conquistato il premio Un certain regard, mentre Cristian Mungiu con 4 luni, 3 săptămâni si 2 zile (4 mesi, 3 settimane, 2 giorni) ha vinto la Palma d’oro. Sempre Porumboiu ha vinto nel 2009 il Premio della giuria di Un certain regard con Polițist, adjectiv (noto con il titolo Police, adjective), mentre tre anni dopo è stato di nuovo Mungiu a imporsi al Festival francese conquistando un riconoscimento per la migliore sceneggiatura per După dealuri (Oltre le colline).
Altri nomi di prima grandezza del nuovo cinema del Paese sono Călin Peter Netzer (Orso d’oro al Festival di Berlino del 2013 con Poziția copilului, Il caso Kerenes); Radu Jude (Orso d’argento come migliore regista al Festival di Berlino del 2015 per il film Aferim!, Bravo!); Adrian Sitaru, autore del sorprendente Pescuit sportiv (2008, Pesca sportiva); Florin Serban (Orso d’argento della giuria al Festival di Berlino del 2010 con Eu când vreau să fluier fluier, Se voglio fischiare, fischio); Marian Crisan (Gran premio della giuria al Festival di Locarno nel 2010 con Morgen); Andrei Gruzsniczki il cui Quod erat demonstrandum ha conquistato il Premio speciale della giuria al Festival internazionale del film di Roma nel 2013. La produzione romena, sebbene con esiti diversi, ha tuttavia offer to il segno di una presa di posizione forte nei confronti della vita sociale ed economica della R. postsovietica. Pur non essendo mai direttamente un cinema politico, nel suo riferirsi agli anni bui del regime Ceau şescu offre obliquamente l’immagine attendibile di un processo di guarigione democratica incompiuto. Andrei Ujica, autore emerso agli inizi degli anni Novanta e pertanto anagraficamente lontano dagli autori della noul val românesc, con Autobiografia lui Nicolae Ceausescu (2010, Autobiografia di Nicolae Ceauşescu), fluviale documentario che ripercorre tutta la vita dell’uomo che dal 1967 al 1989 ha avuto nelle sue mani il destino della R., ha realizzato forse il vero capolavoro del nuovo cinema romeno. Un’opera realizzata con i materiali dei cinegiornali e di quanto ancora resta di un malsano culto della personalità per ricordare che il processo democratico di un Paese è un cantiere sempre aperto.