ROMANO, Graziella, detta Lalla
Scrittrice, nata a Demonte (Cuneo) l'11 novembre 1909. Dopo un periodo trascorso come bibliotecaria prima e come insegnante poi, e dopo la pubblicazione di Fiore (1941), liriche d'amore e di solitudine tra simboli oscuri e toni crepuscolari, nell'immediato dopoguerra a Milano sembrò essere tentata dalla pittura (a contatto con Casorati) e dalla critica d'arte. Ma la sempre latente vocazione letteraria (risale al 1943 la traduzione, su invito di Pavese, di Tre racconti di Flaubert) si rivelò definitiva. Nel 1951 appare Metamorfosi, silloge di prose liriche, anzi di "sogni, miti, favole" nitidamente avvertiti in una sorta di sospensione della coscienza nello spazio e nel tempo. Quest'aspetto connoterà decisamente la scrittura dell'autrice a cominciare da Maria (1953; premio Veillon 1954), che narra la vicenda di un'umile ragazza capace di sentimenti tenaci: è un racconto di stampo flaubertiano per gusto lirico-evocativo e purezza d'immagini (evidenti, del resto, pure nei versi de L'autunno, 1955), più apprezzato ovviamente in occasione della ristampa del 1967 che non in clima ''neorealista''.
Nel 1957 con il romanzo Tetto murato (premio Pavese) la R. tenta di agganciare ai fatti della guerra e della Resistenza la propria poetica evocativa e intimista, intessuta spesso di allusioni: una disposizione psicologica che i protagonisti, due coppie e un intellettuale, vivono però in una confusa coscienza dei loro problemi esistenziali, e che si ritroverà anche in L'uomo che parlava solo (1961). Esiti poetici di maggior rilievo esprime il romanzo La penombra che abbiamo attraversato (1964), in cui il rapporto dell'autrice con la madre viene verificato in un viaggio a ritroso verso l'infanzia rievocata lucidamente, senza nostalgie, come un universo cristallizzato, definitivo, di valore assoluto; e il favoloso viene esaltato dal controllo di una scrittura che non perde nitidezza nell'emergente stupore come nei drammi adombrati.
Al rapporto col figlio è invece dedicato Le parole tra noi leggère (1969; premio Strega 1969), ricapitolazione delle vicende di illusioni e delusioni del figlio stesso, seguite per più di un verso in chiave psicoanalitica, non diversamente di quanto avviene in L'ospite (1973), narrazione incentrata sul piccolo Emiliano, nipotino dell'autrice. Nel 1974 appaiono una nuova edizione di Diario di Grecia (già edito nel 1959 in forma ridotta) e Giovane è il tempo, liriche che, con parole essenziali, scavano nel male d'amore. Con La villeggiante (1975) la R., recuperando pagine degli anni Trenta, pubblica un volume di racconti diviso in due sezioni, dove i conflitti tra realtà e sogni, intrighi e aspirazioni che nella piccola comunità di Pralève insorgono a volte in modo bizzarro e misterioso, denotano in ogni caso sentimenti destinati alla sconfitta. Nel 1976 appare Lettura di un'immagine (ripubblicata dieci anni dopo col titolo Romanzo con figure), che presenta storie minime, suggerite da vecchie foto dei primi anni del secolo, attraverso cui l'autrice recupera in forma più limpida e pura il favoloso paesaggio natìo. Negli anni Venti invece è ambientata Una giovinezza inventata (1979), in cui gli oggetti lontani nel tempo esercitano sempre valenze psicologiche e nello stesso scenario naturale dell'epoca dell'adolescenza la R. sembra ritrovare una propria identità sempre attuale. Riprende la tematica de L'ospite il racconto Inseparabile (1981), che con un linguaggio sommesso e allusivo narra la storia di un'incomprensione protrattasi nel tempo e delle dure prove che incombono sul piccolo, sensibile protagonista. Dopo essere tornata al delicato gioco di scambio tra immagine e parola in La treccia di Tatiana (fotografie di A. Ria) nel 1986, anno in cui appare anche Fantasma di carta, l'autrice pubblica Nei mari estremi (premio Grinzane-Cavour 1987), titolo derivato da una novella di Andersen per un romanzo incentrato sui temi dell'amore e soprattutto della malattia e della morte. Nel 1989 ha dato alle stampe Un sogno del Nord, raccolta di prose per lo più assai brevi, scritte negli ultimi quarant'anni, dove quadretti biografici limpidi e disincantati s'alternano a rievocazioni, ricondotte sempre a una dimensione quotidiana, di amicizie artistiche e letterarie; nel 1991 un'altra raccolta di prose di viaggio, Le lune di Hvar; nel 1992 Un caso di coscienza, narrazione a sfondo autobiografico.
Bibl.: G. Ferrata, in Rinascita, 10 agosto 1953; E. Montale, in Corriere della Sera, 28 agosto 1953; C. Bo, in La fiera letteraria, 20 settembre 1953; E. Montale, in Corriere della Sera, 6 maggio 1958; G. De Robertis, in Altro Novecento, Firenze 1962; G. B'arberi Squarotti, in La narrativa italiana del dopoguerra, Bologna 1966; G. Manacorda, Storia della letteratura italiana contemporanea (1940-1965), Roma 1967; F. Vincenti, Lalla Romano, in AA.VV., Letteratura italiana. I contemporanei, iv, Milano 1974; Id., L. Romano, Firenze 1974; G. Amoroso, Il ''privilegiato isolamento'' di L. Romano, in Critica letteraria, 6, 4 (1978); G. Tesio, L. Romano, in Belfagor, 35, 6 (1980); A. Catalucci, Invito alla lettura di L. Romano, Milano 1980; G. Amoroso, in Narrativa italiana 1975-1983 con vecchie e nuove varianti, ivi 1983; I. Scaramucci, in Ragguaglio librario, 2, 1982; Id., ibid., 9, 1984; G. Pampaloni, in Storia della letteratura italiana, diretta da N. Sapegno ed E. Cecchi, Il Novecento, ii, Milano 1987; G. Borgese, in Corriere della Sera, 9 luglio 1989; G. Bàrberi Squarotti, in La Stampa-Tuttolibri, 9 settembre 1989; L. Romano, in Autodizionario degli scrittori italiani, Milano 1989, pp. 299-302.