DEL BO, Romolo
Figlio di Gaetano e Virginia Valentini, nacque a Pavia il 1° febbr. 1870. A 15 anni iniziò a maneggiare lo scalpello sotto la guida dello scultore G. Argenti. Poiché a Pavia nella seconda metà del sec. XIX non esisteva una vera e propria scuola di scultura il giovane D. si trasferì a Milano, dove seguì i corsi tenuti da F. Barzaghi presso l'accademia di Brera. Ventenne, esordì presentando un ritratto in gesso all'esposizione di Brera del 1891. Da questo momento l'artista presenziò a quasi tutte le esposizioni di belle arti di Brera e della Società permanente, facendo parte per vari anni anche della commissione artistica.
Dopo un soggiorno di un paio di anni a Parigi, che contribuì ad allargare la sua cultura figurativa, il D. fu di nuovo presente all'esposizione triennale di Brera del 1894 con La vedova del minatore (catal., p. 13), che nella sua produzione rimane uno dei rari esempi in cui tentò un accostamento a temi sociali interpretati in modo veristico nell'ambito di un genere di scultura a metà strada tra la tendenza sociale-umanitaria e l'impressionismo (al filone veristico si può assegnare anche Alla toilette, opera in bronzo del 1913; Mostra annuale d. Società per le belle arti ed Esposiz. permanente, catal., Milano 1913, p. 5). Del 1897 è L'immortalità, presentata alla III triennale di Brera (catal., p. 40), che nel 1912 otterrà una medaglia all'esposizione di Monaco. Ma l'opera che lo impose all'attenzione generale è La notte che, presentata alla IV esposizione triennale di Brera del 1900, gli valse il premio Tantardini.
Nella prima fase della sua produzione lo stile del D. oscilla tra luminismo impressionistico e bistolfismo. Egli stesso amava definirsi un contemporaneo di A. Wildt per la tendenza ad accentuare un certo simbolismo, interpretato in modo a volte superficiale, che rimane tuttavia legato alle "delicatezze di un luminismo lombardo, più vicino al Rosso che agli epigoni del Grandi, e a quell'amore per la grazia ritmico-formale …, ma ormai colorata di qualche cadenza liberty, tutta dell'epoca" (Piceni-Cinotti, 1962).
Da segnalare la partecipazione del D. a vari concorsi pubblici, tra cui quello per il monumento a Giuseppe Verdi al quale concorse con due bozzetti, rispettivamente del 1905 e del 1906.
Sempre alle esposizioni di Brera partecipò nel 1906 con il gruppo marmoreo La bellezza nell'amore e nel 1911 con Enigma (Milano, Galleria d'arte moderna), un busto femminile che denuncia una certa influenza del gusto floreale. Un punto focale per l'attività di scultori sia milanesi sia di altre città in questi anni era il cimitero Monumentale di Milano, che vide molti artisti impegnati nella realizzazione di monumenti funebri. Il D. eseguì nel 1915 la Tomba Carozzi con "figura giovanile di donna, irrigidita in un dolore senza lacrime", dove la "concezione austera della linea" (Genovesi, 1915) rivela un grande amore e una grande sapienza nel trattare la materia; nel 1922 scolpì una stele in marmo di Carrara per la tomba Guazzini, raffigurante una fanciulla che alimenta una fiamma.
Nell'aprile del 1917 la Società per le belle arti ed esposizione permanente organizzò una mostra individuale della sua produzione, dove l'artista espose una ventina di opere; nel 1926 fu presente alla prima mostra del Novecento con due bronzi, tra cui il busto femminile Visione (Milano, Galleria d'arte moderna) e nel 1929 partecipò con la Venere dormiente alla mostra degli artisti contemporanei alla galleria Pesaro.
L'amore per le forme belle ed eleganti e un più avvertito moto floreale compare nelle due piccole statue dei Danzatori (Vigezzi, 1932, n. 151), dove l'estrema levigatezza delle superfici e la tendenza a una maggiore purificazione delle forme non tolgono al marmo il suo carattere di materia viva. Nei rilievi marmorei per la Tomba Ceschina di Muronico d'Intelvi, nella figura che piange i suoi morti, il D. raggiunge "morbidezza sapiente di forme, armonia di linee, poesia di melanconici accenti" (Vigezzi, 1932, n. 152).
Morì a Milano il 21 nov. 1936.
La Permanente gli dedicò una mostra postuma nel 1937 e il Botta, nella prefazione al catalogo, rese omaggio a un artista la cui scultura "fu nella sua novità nativa, nella spiritualità essenziale, nella purgatezza dei modi, arte di precursore" (p. 46).
Fonti e Bibl.: Necr., in Lo Scultore e il marmo, XXXIII (1936), n. 44, e in L'Illustrazione ital., 29 nov. 1936, p. 953; G. Lucini, Quarta Esposizione triennale di Milano, in Emporium, XII (1900), p. 331; E. Boari, Esposizione di primavera alla Permanente di Milano, ibid., XVIII (1903), p. 158; L'infelice verdetto della giuria nel concorso al monumento a Verdi in Milano, in Lo Scultore e il marmo, III (1906), n. 38; T. G. Carnevali, Esposizione internazionale di Milano, ibid., n. 39; R. Cecchini, Alla Permanente di Milano, ibid., VII (1911), n. 5; G. Genovesi, Arte tra le tombe, ibid., XIII (1915), n. 7; La chiusura della mostra di Brera e della Permanente, ibid., XIX (1922), n. 6; En. G., La sempre maggior invadenza delle opere architett. nei cimiteri, ibid., n. 11; La relaz. della giuria nei premi Fumagalli e Canonica, ibid., XX (1923), n. 4; C. Accetti, Convegno d'arte di pittura e scultura (catal., Gall. Pesaro), Milano 1930; S. Vigezzi, La scult. ital. dell'Ottocento, Milano 1932, nn. 151 s.; C. Botta, Mostra post. dello scultore R.D. (catal.), Milano 1937; E. Piceni-M. Cinotti, La scultura a Milano dal 1815 al 1915, in Storia di Milano, XV, Milano 1962, p. 618; R. Bossaglia, in Il duomo di Milano, II, Milano 1973, p. 164 n. 113; Pavia / Cent'anni di cultura artistica (catal., Pavia, Civici Musei), Milano 1976, p. 100.