QUAZZA, Romolo
QUAZZA, Romolo. – Nacque il 3 gennaio 1884 a Mosso Santa Maria (già provincia di Vercelli, oggi di Biella) da Fiorenzo e da Maria Maron-Pot.
Dopo gli studi liceali compiuti a Chieri, si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Torino il 10 novembre 1903 (Università di Torino, Archivio storico, Registro di matricola 9A393, p. 787), laureandosi, il 18 luglio 1907, con una tesi in storia medievale, discussa con Pietro Fedele e Gaetano De Sanctis con il punteggio 105/110 (Verbali degli esami di laurea, X.F.129, p. 182).
Basato sulla sua tesi, fu il saggio La contea di Masserano e Filiberto Ferrero-Fieschi: contributo alla storia biellese (Biella 1908). Conseguiti gli esami abilitanti in storia e geografia (19 luglio 1907) e lettere italiane (16 luglio 1908), insegnò per molti anni prima come supplente di storia e geografia a Genova (1908-10) poi come titolare di cattedra nelle medesime materie a Sampierdarena (1910-15). In questo periodo condusse diverse ricerche in archivi genovesi, dando alle stampe La cattura del card. Giulio Alberoni e la Repubblica di Genova (Genova 1913), nelle cui pagine mise in luce un aspetto sino ad allora sconosciuto della vita del cardinale, poco prima della sua caduta in disgrazia nel 1719.
Il 16 luglio 1914 sposò a Genova Maria (detta Manina) Capitelli, appartenente a una famiglia nobiliare campana che annoverava tra i suoi avi Domenico, presidente del Parlamento di Napoli del 1848, e Guglielmo, apprezzato giurista, eletto sindaco di Napoli nel 1866. Da questa unione nacquero cinque figli. A Genova ebbero i natali Renata (1917), Mario (1919) e il futuro storico Guido (1922); a Mosso Santa Maria Giorgio (1924), sopravvissuto alla deportazione nel campo di concentramento di Mauthausen; a Torino, Ada (1937).
Trasferitosi, nel 1915, a Grosseto per occupare una cattedra di liceo, venne chiamato alle armi il 24 febbraio 1916. Nei tre anni (sino al 1918) della Grande Guerra in cui prestò servizio come ufficiale di fanteria, Quazza trascorse 19 mesi in prima linea, ricevendo, il 31 maggio 1919, la Croce al merito di guerra e il grado di capitano. Nel frattempo i suoi temi di ricerca si erano spostati verso epoche più recenti; due furono i temi-cardine dei suoi studi: la storia politico-diplomatica italiana nel corso della guerra dei Trent’anni (1618-48), con uno sguardo orientato soprattutto verso i ducati sabaudi e gonzagheschi, e le vicende dell’Italia risorgimentale.
A questo secondo filone appartiene lo studio La capitale da Torino a Firenze. Municipalismo e unificazione nei giudizi di Nicola Nisco (Novara 1919), mentre quello seicentesco si sarebbe manifestato nel corso degli anni Venti attraverso i saggi Mantova e Monferrato nella politica europea alla vigilia della guerra per la successione (Mantova 1922) e soprattutto La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato, I-II (Mantova 1926). In quest’ultimo lavoro Quazza rivalutò il Seicento italiano, sino ad allora interpretato in maniera negativa dalla maggior parte degli storici italiani e, più in particolare, ebbe il merito di inserire la storia del Ducato di Mantova nel più ampio contesto europeo.
Tornato alla docenza, insegnò al liceo Virgilio di Mantova dal 1918 al 1930 e al liceo Cavour di Torino dal 1930 al 1939. Nel frattempo era divenuto un assiduo collaboratore dell’Enciclopedia Italiana (a lui si devono, per esempio, le voci Emanuele Filiberto, duca di Savoia (1932, con Pompilio Schiarini); Gonzaga (1933); Trent’anni, guerra dei (1937); Wallenstein, Albrecht von (1937); Vestfalia (1935, con Giuseppe Caraci e Delio Cantimori). Nello stesso periodo Quazza pubblicò La formazione progressiva dello Stato sabaudo. Dalla contea dei Savoia al Regno d’Italia (Torino 1936), in cui ripercorse in maniera chiara e sintetica le vicende dello Stato sabaudo sino al 1861 senza fare alcuna concessione alla retorica del regime fascista, e le Preponderanze straniere in Italia, 1559-1700 (Milano 1937, II ed. rivista 1950), dove delineò un vasto e innovativo quadro delle vicende della penisola italiana tra il Cinquecento e il Seicento. Verso la fine degli anni Trenta iniziò a collaborare con l’Università di Torino ottenendo incarichi di insegnamento di storia del Risorgimento nei tre anni accademici compresi tra il 1937 e il 1940. Dopo aver conseguito, il 21 marzo 1938, la libera docenza in storia moderna, fu nominato professore straordinario di storia del Risorgimento, mantenendo tale incarico dal 1° dicembre 1939 al 30 novembre 1942: il 1° dicembre 1942 divenne docente ordinario nella medesima materia. Nel corso degli anni Trenta, di fronte alle derive nazionaliste e bellicistiche del regime fascista, Quazza maturò un cambiamento delle proprie opinioni politiche. Pur essendo iscritto al Partito nazionale fascista dal 28 ottobre 1932, e pur nutrendo da tempo sentimenti monarchici, con l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale non solo si consumò il definitivo distacco dal fascismo, ma iniziò anche una frequentazione di ambienti ostili al regime. Del resto, i figli Guido e Giorgio presero poi parte alla Resistenza.
Il 31 marzo 1948 lasciò la cattedra di storia del Risorgimento, sostituto da Walter Maturi, per insegnare storia moderna sempre nel medesimo Ateneo torinese. Messo fuori ruolo il 1° novembre 1954, fu collocato a riposo il 1° novembre 1959. I suoi anni di insegnamento universitario furono particolarmente intensi, perché fu anche incaricato di tenere corsi di storia delle dottrine economiche dal 1945 al 1954 e di storia moderna nell’anno accademico 1947-48.
Sempre molto attivo sul versante della produzione scientifica, nel momento in cui lasciò il servizio attivo all’Università pubblicò il poderoso saggio Pio IX e Massimo d’Azeglio nelle vicende romane del 1847 (I-II, Modena 1954) e collaborò ai primi due volumi del Dizionario biografico degli Italiani (sua, per esempio, è la voce Alberoni, Giulio, I, Roma 1960, pp. 662-668). Pochi mesi prima della sua morte diede alle stampe il saggio Vicende politiche e militari del Piemonte dal 1553 al 1773 (in Storia del Piemonte, I, Torino 1961, pp. 183-241).
Morì a Torino il 10 maggio 1961.
Tra i suoi numerosi studi – oltre a quelli sopra citati – si possono ricordare: La lotta diplomatica tra Genova e la Spagna dopo la fuga dell’Alberoni dalla Liguria, Firenze 1920; Idee e programmi del partito moderato alla vigilia del trasformismo, Padova 1925; Emanuele Filiberto di Savoia e Guglielmo Gonzaga, Mantova 1929; Margherita di Savoia duchessa di Mantova e viceregina del Portogallo, Torino 1930; Il periodo italiano della guerra dei Trent’Anni, in Rivista storica italiana, L (1933), 1, pp. 64-89; Mantova attraverso i secoli, Mantova 1933; La campagna militare nel Biellese (1616-1617) durante la guerra tra Carlo Emanuele I e la Spagna, in Illustrazione biellese, 1935, nn. 4-6, pp. 5-52; Il ramo di Carignano e il principe Tommaso di Savoia, in I Savoia dalle origini al 1900, a cura di J. De Blasi, Firenze 1940, pp. 115-142; La diplomazia gonzaghesca, Milano 1941; Tommaso di Savoia-Carignano nelle campagne di Fiandra e di Francia (1635-1638), Torino 1941.
Fonti e Bibl.: Nel fondo Guido Quazza, conservato presso l’Istituto storico della Resistenza di Torino, si trovano alcune lettere di Quazza e altro materiale sulla famiglia. Informazioni sulla carriera di studente e di docente si possono reperire dai fondi conservati presso l’Archivio storico dell’Università di Torino.
N. Nada, R. Q., in Rivista storica italiana, LXXIII (1961), 3, pp. 627-630; F. Venturi, R. Q., in Annuario dell’Università di Torino, a.a. 1960-61, pp. 555 s.; C. Baudi di Vesme, R. Q., in Bollettino storico bibliografico subalpino, LIX (1961), pp. 293-295. M.L. Salvadori, La storia moderna, del Risorgimento e contemporanea, in Storia della facoltà di lettere e filosofia dell’Uni-versità di Torino, a cura di I. Lana, Firenze 2000, pp. 389-391; Guido Quazza. L’archivio e la biblioteca come autobiografia, a cura di L. Boccalatte, Milano 2008, pp. 34, 80, 125-127; A. Villa, R. e Guido Q., in Il contributo italiano alla storia del pensiero, Storia e politica, Roma 2013, pp. 637-639.