ROMUALDO da Parma
ROMUALDO da Parma (Aquilante Ugolini di Castellina). – Nacque a Parma l’11 maggio 1590 (o nel 1587 secondo il Libro delle professioni fatte a Faenza citato da Giuseppe Mongiorgi) dai conti Giacomo Antonio Ugolini di Castellina e Margherita. Battezzato con il nome di Aquilante, assunse quello di Romualdo quando vestì l’abito dei cappuccini il 22 maggio 1611 a Faenza.
Divenuto predicatore, compì tale ministero a Cesena, Udine, Brescia, Novara, Imola, Parma, Faenza, Padova e in altre località. Destinato poi all’insegnamento, fu lettore di filosofia a Bologna nel 1625, di teologia a Piacenza nel 1628-29 e di nuovo a Bologna nel 1629.
Quando Parma fu raggiunta dall’epidemia di peste del 1629-31, il duca Odoardo Farnese, lasciando la città alla fine del mese di aprile del 1630, e monsignore Mario Antonini, vicario del vescovo Pompeo Cornazzani, delegarono ogni autorità civile e religiosa al padre Romualdo che, per tutta la durata dell’epidemia (aiutato dai gesuiti, dal guardiano del convento cappuccino cittadino Antonio Scutellari da Parma e da altri frati, gran parte dei quali morì) si prodigò nell’assistenza ai malati e nel mantenimento dell’ordine in città. Terminata l’emergenza a Parma continuò a servire gli infermi a Bologna e in Romagna, insieme con padre Paolo Angelini da Cesena, scampando al contagio.
La buona prova fornita gli aprì le porte di una lunga serie di incarichi di governo, iniziata con la carica di guardiano a Reggio (1632-33), primo definitore della provincia (1634) e visitatore generale (1638). Nel 1639, ritiratosi dal provincialato Giusto Nobili da Montolmo, gli subentrò nel governo della provincia cappuccina di Bologna con il grado di visitatore generale. Fu quindi nuovamente definitore nel 1640, 1641, 1644, 1645, 1647 e 1648 e, contemporaneamente e negli anni successivi, guardiano dei conventi di Modena, Parma, Faenza e Bologna.
Nel 1649 venne eletto provinciale e lo sarebbe stato anche nel 1651 se il duca Ranuccio II non avesse deciso di inviarlo come ambasciatore straordinario, insieme con padre Eleuterio Appiani da Piacenza, a Filippo IV di Spagna, per chiedergli un compenso per essersi opposto alle pressioni del cardinale Mazzarino che voleva fosse vietato agli spagnoli il transito nel ducato farnesiano.
Tornato in provincia, fu nuovamente definitore, nel 1653 e 1654, e provinciale, nel 1655 e 1656. Nello stesso anno, dopo aver partecipato al capitolo generale che lo elesse definitore generale con il compito di riordinare gli statuti dei cappuccini, rimase a lungo bloccato a Roma, a causa dei nuovi casi di peste scoppiati nella penisola italiana e poté rientrare in provincia solo dopo un lungo e fortunoso viaggio per mare, scoprendo che nel frattempo era stato dato per morto in un naufragio.
Nel 1658 divenne visitatore della provincia di Milano, definitore provinciale (1660, 1661) e, nel 1662, visitatore di quella delle Marche dove, grazie a una dispensa, fu anche eletto provinciale. Come tale, nel capitolo generale, per non essere eletto procuratore generale, convogliò i voti su padre Fortunato da Cadore. Dopodiché si dimise, chiedendo di poter tornare nella sua città. Svolte ancora una volta le funzioni di definitore provinciale nel 1664, ormai invecchiato, preferì fare solo il guardiano del convento di Parma, nel 1670, e dedicarsi al servizio dei confratelli attraverso mansioni più umili, come quella di ciabattino, già appresa in gioventù.
Le conseguenze della guerra di Castro e la mentalità sensibile alle questioni di prestigio dei frati di nobile origine come lui (entrati numerosi tra i cappuccini dalla fine del Cinquecento in poi), compreso il cardinale protettore dell’Ordine Antonio Barberini, avevano introdotto nella provincia il germe della divisione politica tra il territorio papale e quello dei ducati (a loro volta divisi tra parmensi e modenesi), destinato a sfociare in una separazione in due, che si compirà nel 1679 con la creazione della nuova provincia cappuccina di Lombardia. Romualdo da Parma cercò sempre di assumere una posizione neutrale tra le correnti favorevoli all’unità o alla divisione, senza però sfuggire ad accuse di partigianeria, specialmente da parte di frati che, anche per ragioni di apostolato, rivendicavano privilegi, verso i quali egli era severo: padre Carlo Maria Rossi da Cesena, per esempio, fu costretto a dimettersi da confessore delle monache cappucine di Parma nel 1670 perché aveva ottenuto il permesso di pranzare e pernottare fuori dal convento. Nel gennaio 1649, quando era guardiano del convento di Bologna, si era opposto anche alla pretesa del cardinale legato Fabrizio Savelli di impadronirsi di un quadro di Agostino Carracci, raffigurante s. Francesco, di proprietà dei cappuccini. I frati furono costretti a cedere alle ripetute pressioni del cardinale soltanto un anno dopo, ottenendo però in cambio dal legato di Bologna una copia del quadro e la costruzione a sue spese di una cappella in onore del beato Felice da Cantalice (il primo cappuccino elevato all’onore degli altari, nel 1625) decorata da una pala d’altare. Durante il secondo provincialato, infine, diede impulso alla costruzione del convento di Budrio.
Morì a Parma il 24 gennaio 1677.
Non fu lui, ma un cappuccino di Modena, il Romualdo che prese parte come cappellano al periodo finale dell’assedio di Candia (1653-69), mentre un altro Romualdo da Parma missionario in Brasile dal 1734 è un cappuccino omonimo della sua stessa famiglia (Alessandro Benedetto Ignazio Ugolini di Castellina, 1697-1773), nato a Borgo San Donnino e vissuto nel secolo successivo, come pure il predicatore cappuccino dal medesimo nome di famiglia diversa (Francesco Maria Mirra Vitale, 1668-1749).
Fonti e Bibl.: I frati cappuccini, documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, III, 2, Perugia 1991, pp. 3786 s.
Lexicon Capuccinum, Romae 1951, col. 1499; Salvatore da Sasso Marconi (G. Mongiorgi), La Provincia cappuccina di Bologna e i suoi ministri provinciali, 1535-1957, Faenza 1959, ad ind.; Felice da Mareto - Stanislao da Campagnola, I Cappuccini a Parma. Quattro secoli di vita, Roma 1961, pp. 14, 23, 42, 43; F. Mulazzani, I cappuccini blasonati della Provincia monastica di Bologna, Castelbolognese 1992, pp. 157 s.; R. Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani, IV, Parma 1999, pp. 663 s. e versione on-line, a cura di M. Scirocco - M. Corsello, 2009, www.parmaelasua storia.it/ita/ Ubaldi-Uttini.aspx?idMostra= 38&idNode=272 (5 febbr. 2017); I cappuccini in Emilia-Romagna. Storia di una presenza, a cura di G. Pozzi - P. Prodi, Bologna 2002, ad ind.; G. Ingegneri, I cappuccini in Emilia-Romagna, uomini ed eventi, Bologna-Parma 2005, ad ind.; F. Dallasta, La biblioteca di Alessandro Tagliaferri dottore in Utroque e frate cappuccino, in Collectanea Franciscana, LXXIX (2009), 1-2, p. 62.