ROMUALDO II, duca di Benevento
– Figlio del duca longobardo di Benevento Gisulfo I e di Winiperga, successe nella carica al padre nel 706.
La sua prima impresa di rilievo di cui si serbi testimonanza fu, tra il 717 e il 719, una spedizione militare contro Cuma, importante possesso dell’Impero in Campania, che portò a una momentanea occupazione longobarda della città. La pronta reazione del duca di Napoli Giovanni impedì tuttavia a Romualdo II di mantenere a lungo il controllo della città, che venne ben presto ripresa dalle forze imperiali. Nel frangente il duca beneventano riuscì comunque a ottenere il pagamento a proprio vantaggio di settanta libbre d’oro da parte di papa Gregorio II, a titolo di pacificazione tra Roma e il ducato.
Per i pontefici era sempre di fondamentale importanza assicurarsi la non ostilità dei Longobardi beneventani, la cui pressione contro il territorio romano si era esercitata a più riprese in passato, con diversi episodi di saccheggio, e rimaneva una minaccia costante.
Nel tratto finale del governo di Romualdo II l’intera penisola italiana fu incendiata dal duro scontro che oppose il Papato all’Impero di Costantinopoli per la questione dell’iconoclastia, cioè per il divieto del culto delle immagini sacre, con distruzione delle stesse, sancito nel 726 dall’imperatore Leone III Isaurico e respinto dai pontefici romani e da larghissima parte del clero e delle popolazioni dell’Occidente; uno scontro che polarizzò a lungo l’intero quadro politico e religioso italico, tra iconoclasti allineati con Costantinopoli e iconoduli avversi. Lo stesso re longobardo Liutprando si inserì con spregiudicato calcolo politico, più ancora che per sincera devozione cattolica, nel conflitto in atto, sostenendo le ragioni del papa e approfittando dell’occasione per estendere la propria egemonia su molti territori imperiali, compresa la stessa città di Roma, che respingevano i decreti iconoclasti e si opponevano a Costantinopoli. Romualdo II, così come il duca Transamondo II di Spoleto (l’altro grande ducato longobardo autonomo dal regno), si schierò a sua volta con il Papato.
Al netto di ogni possibile intimo convincimento religioso del duca – che rimane insondabile – l’alleanza con Roma sembra aver avuto quale scopo principale quello di garantire a Benevento, così come a Spoleto, una posizione di forza, grazie all’appoggio pontificio, rispetto alle mire espansionistiche dello stesso Liutprando, che puntava a sottomettere alla propria egemonia i due ducati longobardi tradizionalmente autonomi. In conseguenza dell’accordo, Romualdo e Transamondo non solo si impegnarono a proteggere il papa Gregorio II dalle minacce che gli venivano dall’Impero a causa della posizione tenuta dal pontefice circa il culto delle immagini sacre, ma, allo stesso tempo, fecero fronte comune con lui anche per arginare l’espansionismo di Liutprando verso le regioni dell’Italia centrale e meridionale, a garanzia di tutti e tre i soggetti coinvolti.
Solo in questo quadro, con la costituzione di un inedito asse Roma-Spoleto-Benevento in funzione al contempo antimperiale e antiliutprandina, si può comprendere il successivo mutamento di alleanze che spinse il re longobardo ad accordarsi con l’esarca di Ravenna Eutichio, iconoclasta, e perciò già persecutore del papa. Nel 729, Liutprando si portò con un esercito a Spoleto dove ottenne un giuramento di fedeltà e degli ostaggi quale garanzia di subordinazione da parte dei duchi di Spoleto e di Benevento. Il forzato riavvicinamento al regno costrinse Romualdo a prendere in moglie una nipote del monarca (figlia di sua sorella Aurona), di nome Gumperga, per ribadire l’alleanza; dalle nozze nacque un figlio che venne chiamato Gisulfo. Dopo essere rimasto vedovo, il duca fu indotto a risposarsi con una certa Ranigunda, figlia del duca di Brescia Gaidualdo, che era uno dei più fedeli sostenitori di Liutprando.
Con Romualdo II iniziò la tradizione dei diplomi ducali (dal 774, principeschi) di Benevento, tramandati soprattutto nel cosiddetto Chronicon S. Sophiae. Per questo primo periodo si tratta nella massima parte dei casi di carte di donazione a beneficio del monastero beneventano di S. Sofia in Ponticello. Romualdo II provvide anche a far ampliare la chiesa dedicata a san Pietro collocata all’imbocco della grotta di san Michele Arcangelo sul Monte Gargano, importantissimo luogo di culto e di pellegrinaggio legato a un santo che era oggetto di particolare devozione tra i Longobardi. Inoltre, egli favorì la ripresa del monastero di Montecassino sostenendo l’iniziativa in tal senso ivi condotta dal monaco bresciano Petronace, dopo che il cenobio era caduto in uno stato di rovina ed era rimasto spopolato proprio in seguito alla prima invasione longobarda e alle devastazioni a essa conseguenti.
Il duca morì quasi sicuramente nel 732, dopo ventisei anni di governo.
Alla sua scomparsa una parte dell’aristocrazia beneventana tentò di assassinare l’erede designato Gisulfo, il figlio di Romualdo II, che era ancora un fanciullo, per sostituirlo probabilmente con un certo Audelais, referandarius di palazzo, che alcuni cataloghi computano come duca effettivo per un biennio: il tentativo era teso a spezzare la linea di continuità dinastica già introdotta dal nonno di Romualdo II, Romualdo I, forse anche con l’obiettivo di marcare una maggiore autonomia di Benevento dal regno. Ma Gisulfo fu messo in salvo dai suoi fedeli, che secondo Paolo Diacono (Historia Langobardorum VI, 55) eliminarono infine gli insorti. In ogni caso, ben presto il re Liutprando intervenne personalmente per rimpiazzare al vertice del ducato il giovanissimo Gisulfo con il proprio nipote Gregorio, ripristinando così il pieno controllo del potere regio su Benevento. Gisulfo stesso divenne una pedina di questa politica: accolto e cresciuto dal re, che era suo prozio, e fatto da costui sposare con Scauniperga, il figlio di Romualdo II rientrò in gioco quando, morto Gregorio, i beneventani elevarono al ducato Godescalco, esponente della fazione più autonomista, proprio mentre anche il duca di Spoleto Transamundo II si ribellava al re. Liutprando guidò allora una spedizione per ricondurre all’ordine i due ducati: rovesciò Transamundo sostituendolo con il proprio nipote Agiprando e a Benevento impose come nuovo duca Gisulfo, dopo che Godescalco, mentre si apprestava a fuggire all’arrivo dell’esercito regio, era stato ucciso dai beneventani maggiormente legati al monarca e alla famiglia cui era appartenuto anche Romualdo II.
Fonti e Bibl.: Pauli Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 12-187; Le Liber Pontificalis, a cura di L. Duchesne, I-II, Paris 1886-1892; Chronicon Sanctae Sophiae (Cod. Vat. Lat. 4939), a cura di J.-M. Martin, Roma 2000.
N. Cilento, Italia meridionale longobarda, Milano-Napoli 1971: S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, pp. 89 s.; V. von Falkenhausen, I Longobardi meridionali, in Il Mezzogiorno dai Bizantini a Federico II, dir. G. Galasso, Torino 1983, pp. 249-364; S. Gasparri, Il ducato e il principato di Benevento, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, dir. G. Galasso - R. Romeo, Napoli 1987, pp. 83-146; I Longobardi dei ducati di Spoleto e di Benevento. Atti del XVI Congresso internazionale di studi sull’alto Medioevo, Spoleto 2003; J.-M. Martin, La Longobardia meridionale, in Il regno dei longobardi in Italia. Archeologia, società e istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp. 327-365.