GATTORNO, Rosa
Nacque a Genova il 14 ag. 1831 da Francesco, commerciante di famiglia agiata originaria di Sturla, e da Adelaide Campanella, giovane vedova genovese già madre di una bambina. Secondogenita di sei figli, ricevette in casa un'accurata istruzione privata sotto la vigilanza della madre che le trasmise un'accesa religiosità, rivolta, oltre che alla preghiera e alle devozioni - in particolare, per s. Anna -, all'apostolato sociale e alle opere di carità. Era orientata a entrare pienamente nella vita religiosa quando accettò di sposare (5 nov. 1852) il cugino Gerolamo Custo, con il quale si trasferì a Marsiglia ove questi gestiva i suoi affari commerciali. In seguito al rovescio finanziario del marito, la coppia dovette tornare ben presto a Genova, accolta provvisoriamente in casa del padre di lei che associò il genero alla propria ditta. Nel 1855 il marito, descritto più tardi nelle biografie della G. come collerico e violento, partì per affari per la Russia da dove tornò nel 1857 gravemente ammalato. Nel marzo del 1858 Gerolamo moriva, seguito a brevissima distanza dal terzo figlio di appena sette mesi, Francesco, nato nel frattempo. A seguito dei violenti conflitti di interessi insorti tra le famiglie d'origine dei due sposi, la G., privata di ogni risorsa finanziaria, fu costretta a tornare con i figli a casa dei genitori.
Secondo uno stereotipo frequente nelle vite delle sante, anche per la G. "la morte del marito fu il principio di una vita nuova" (Fiocchi, I, 1937, p. 37) e segnò l'avvio alla santità. Libera dagli impegni e dai vincoli coniugali, la G. poté dedicarsi infatti alle opere di carità, volgendosi in particolare all'erogazione di elemosine e all'assistenza degli infermi di condizione indigente, negli ospedali e a domicilio. Con il consenso del direttore spirituale, G. Firpo, fece il voto perpetuo di castità e il voto di obbedienza, cui aggiunse più tardi anche quello di povertà. Contemporaneamente diede inizio a una serie di aspre pratiche penitenziali (digiuni, disciplina a sangue, cilici e catene sulla nuda pelle, crocifissione) dirette a piegare e punire, finché visse, "la miserabile bestia", cioè il corpo. Già nel 1859 cominciò a sperimentare "favori divini straordinari", alternati a violente persecuzioni demoniache, che descrisse nelle sue Memorie ancora inedite. Nel 1861 fece la professione di terziaria francescana e, dopo la cerimonia, godette della visione di Cristo Crocifisso; l'anno seguente, mentre si moltiplicavano i doni mistici, quali l'intima unione con Dio, le rivelazioni dottrinali, i rapimenti, le estasi, la penetrazione dei pensieri altrui, poté finalmente partecipare alla Passione con dolori violenti alle palme delle mani, ai piedi e al cuore.
Tuttavia, il modello classico della "vedova cristiana" forte prevedeva, ancor più delle effusione mistiche, la vita attiva e l'apostolato sociale, per lo più nei settori dell'assistenza e dell'istruzione. Sempre più libera da legami familiari dopo il collocamento della figlia primogenita in un istituto per sordomuti di Milano e del figlio nel seminario dei preti della Missione di Savona, insieme con un gruppetto di pie dame genovesi di alto ceto a lei devote entrò in contatto con le numerose associazioni cattoliche per laici fondate a Genova dal sacerdote Giuseppe Frassinetti. In particolare, la G. si associò alla Pia Unione delle figlie di Maria Immacolata, che, istituita nel 1856 sul modello delle orsoline, si applicava all'esercizio del culto mariano e all'assistenza delle fanciulle abbandonate, e nel 1864 ne ebbe la presidenza; l'anno seguente fu eletta vicepresidente di un'altra società laicale, la Pia Associazione per la conservazione e l'incremento della Fede, fondata anch'essa dal Frassinetti nel 1851 e dedita alla diffusione dei buoni libri e all'istruzione cristiana della gioventù. In linea con la consuetudine per cui spesso tali aggregazioni laicali si trasformavano in vere e proprie comunità religiose in cui la figura della monaca claustrale tradizionale era sostituita da quella, più recente, della suora, in questo periodo anche la G. concepì l'idea di fondare una congregazione femminile, dotata di una regola di vita religiosa ma aperta a donne che vivevano, o avevano vissuto, nel mondo in quanto coniugate, vedove o madri di famiglia. Nel 1864, l'arcivescovo di Genova, mons. A. Charvaz, autorizzò la nuova fondazione e nominò superiora la G. che cominciò a scriverne il regolamento, l'approvazione del quale volle ricevere personalmente dalla viva voce di Pio IX, che visitò a Roma nel gennaio 1866.
Secondo il racconto dell'agiografo, durante il soggiorno romano la G. ebbe da Gesù la rivelazione della prossima caduta del potere temporale e dei disordini politici della Comune di Parigi, ottenendo così conferma dello scopo della sua opera, che era quello di "reazione viva e pratica al laicismo invadente […]" (Fiocchi, I, 1937, p. 111). In tal modo anche la G., alla stregua di altre "sante vive" che attorniavano la figura di Pio IX, come Paola Frassinetti, sorella di Giuseppe, si inseriva pienamente in quei processi di femminilizzazione religiosa e di esaltazione del ruolo delle donne nella società che la Chiesa, in questo periodo per essa difficile, favoriva in funzione di riconquista religiosa e di baluardo nei confronti della modernità e della cultura laica.
A Roma la G. conobbe il sacerdote piacentino L. Cogrossi che la convinse a realizzare a Piacenza il suo progetto di fondazione di un nuovo istituto. Il 12 marzo 1866 la G., abbandonati genitori e figli, partì per Piacenza con cinque compagne. La nuova Congregazione, chiamata figlie di Maria Immacolata e minime di S. Francesco, e detta popolarmente delle Dame genovesi, era aperta anche alle vedove e prevedeva solo voti temporanei; suo scopo era l'assistenza degli infermi poveri di ambo i sessi, negli ospedali ma anche a domicilio, di giorno e di notte, e delle bambine abbandonate, nonché l'apertura di scuole, anche per maschi. Essa prosperò in breve tempo con l'aiuto di benefattori che consentirono l'acquisto nella città di palazzo Dal Verme. L'8 dic. 1866, festa dell'Immacolata Concezione, dopo che il vescovo di Piacenza, mons. A. Ranza, ebbe approvato il regolamento, avvenne la vestizione delle prime novizie, mentre, a seguito di una visione della G., l'istituto mutava il proprio nome in quello definitivo di Figlie di S. Anna. Il 26 luglio 1867, giorno della festa della santa, si svolse la cerimonia della vestizione della fondatrice e di altre 20 novizie.
Mentre la nuova congregazione si espandeva, con la fondazione di altri istituti a Cento, a Sampierdarena, a Genova, a Ferrara, a Nizza Monferrato e nel resto d'Italia, numerose difficoltà insorsero invece quanto all'approvazione da parte di Roma delle costituzioni della Congregazione redatte dal padre lazzarista G.B. Tornatore, docente del collegio Alberoni e direttore spirituale della G. a Piacenza. Per risolvere la delicata questione originata dalla ritrosia delle istituzioni ecclesiastiche ad accettare le peculiarità di organizzazione, di autonomia e di libertà delle nuove congregazioni religiose femminili, la G. fu costretta a frequenti viaggi a Roma: nel maggio 1871 si recò a Roma con il Tornatore per sollecitare l'approvazione delle regole e incontrò nuovamente Pio IX; ma, malgrado il legame instauratosi con il pontefice e la vera e propria devozione della G. verso un papa che considerava già santo, la congregazione dei Vescovi e regolari respinse sempre le costituzioni, rifiutando l'ammissione dei maschi fino a 10 anni nelle scuole, l'accettazione di vedove, i voti annuali temporanei e il mancato obbligo della dote, e ordinò alla G. di bruciarne le copie in suo possesso e di allontanare il padre Tornatore. Invitata dal papa, dopo un ulteriore viaggio a Roma nel 1872, a redigere personalmente le regole, la G. si vide respingere anche il suo testo. Tornata ancora a Roma nel 1873, ottenne che uno dei consultori della congregazione, padre R. Bianchi, procuratore generale dei domenicani, lavorasse alla compilazione delle regole che, approvate temporaneamente nel 1874, lo furono definitivamente soltanto nel 1892, ma non prima che un grave conflitto opponesse nel 1881 la G. - che insisteva sulla maggiore congruità delle vedove all'assistenza di malati di ambo i sessi - e le altre suore alla congregazione: riunite nel capitolo generale, le religiose respinsero tutte le animadversiones della congregazione che rispose annullando gli atti del capitolo, proibendo l'apertura di nuove case e l'ammissione di nuove religiose, minacciando, infine, l'esautorazione delle superiore e addirittura la privazione dei sacramenti. Nel frattempo, comunque, le grandi capacità organizzative che la G. aveva messo al servizio del proprio disegno di incremento della presenza della Chiesa nella società e di riconquista degli spazi sottratti dallo Stato alla religione avevano fatto sì che nuove case e numerose scuole sorgessero in tutta la penisola con un ritmo medio di dieci all'anno, mentre la congregazione s'impiantava saldamente anche nel Meridione, ove tra il 1876 e il 1899 furono fondate 145 case (48 in Sicilia, 35 in Campania, 43 in Puglia, 6 in Basilicata, 13 in Calabria).
Stabilitasi definitivamente (1886) a Roma nella casa generalizia di via Merulana, la G. vi morì il 6 maggio 1900, lasciando una fondazione in piena espansione, con 4000 religiose e 368 case tra Italia, Europa, America meridionale e Africa.
Il 27 luglio 1912 fu avviato il processo di beatificazione della Gattorno.
Fonti e Bibl.: Memorie, lettere della G. e documenti di e su di lei sono conservati nell'Archivio storico delle Figlie di S. Anna, Roma, Casa generalizia (via Merulana 177), utilizzati da Fiocchi e Palazzini e ora da Rocca. Le lettere sono state pubblicate in Rosa Gattorno, I, Lettere (1871-1872); II (1873-1874), a cura di M.E. Convertini, Roma 1992. Le prime regole della sua fondazione si trovano in Parole della gloriosa s. Anna madre dell'Immacolata che presenta le regole alle sue figlie, Piacenza 1869. Per il processo di canonizzazione: Sacra Congregatio de causis sanctorum, Romana canonizationis… Annae Rosae Gattorno… Positio super virtutibus, Romae 1991. Per la biografia: A.M. Fiocchi, La serva di Dio R. G., I-II, Roma 1937-41 (nuova ed., a cura di A.E. Degetto, Roma 1996); M.P. Croce, R. G., Armento 1939; L. Iriarte, Fisionomia spirituale di R. G., Roma 1989; G. Rocca, Donne religiose. Contributo a una storia della condizione femminile in Italia nei secoli XIX-XX, Roma 1993, ad indicem; Figlie di S. Anna, Il dono di Dio a R. G., Roma 1994; P. Palazzini, Pio IX e la serva di Dio R. G., in Pio IX. Studi e ricerche sulla vita della Chiesa dal Settecento ad oggi, XXIV (1995), 1, pp. 8-20; Enc. cattolica, V, col. 1961; Dizionario degli istituti di perfezione, III, coll. 1733 s.; IV, coll. 1042 s.; Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XX, coll. 14 s.; Bibliotheca sanctorum. Prima appendice, coll. 545 s.