Vedi ROSELLE dell'anno: 1965 - 1997
ROSELLE (v. vol. VI, p. 1026 e S 1970, p. 676)
Scavi nella città e nel territorio circostante hanno permesso di precisare e di acquisire nuovi dati sulla vita e sulle attività produttive della città.
Le operazioni nell'area urbana si sono indirizzate in primo luogo alle strutture della cinta muraria da cui, nel 1957, avevano avuto inizio gli scavi sistematici. Con i saggi stratigrafici che hanno accompagnato le opere di restauro e di contenimento del terreno sovrastante, è stato possibile seguire per alcuni tratti il tracciato della cinta in mattoni crudi del periodo orientalizzante, già individuata durante le prime campagne di scavo, sia sul fianco orientale sia lungo il ciglio Ν della collina settentrionale. Da quanto messo in luce, sembra che la cinta si snodasse con ampie curve irregolari a seconda del pendio, disegnando un percorso sostanzialmente analogo a quello che verrà seguito dalle mura in opera poligonale di metà VI sec. a.C., con la differenza che l'impiego della nuova tecnica ha imposto al tracciato uno sviluppo più segmentato, con tratti rettilinei spezzati da frequenti angoli. La sua costruzione presuppone l'intervento di una forte autorità centrale che pianifica l'uso del territorio in funzione delle esigenze della collettività; quindi, è proprio a partire da questo periodo che R. acquisisce una fisionomia urbana, anche se i materiali erratici rinvenuti sulle due colline mostrano che queste erano abitate già in età villanoviana, mentre la zona valliva che le separa era forse adibita alle colture e al pascolo.
Con la costruzione della prima cinta muraria la zona valliva va incontro a radicali interventi che la trasformano nel centro della vita comunitaria: ospita infatti opere edilizie di vasta portata con cui ha inizio un processo di monumentalizzazione che culminerà nella realizzazione del foro di età etrusco-romana. La «Casa con recinto», emersa sotto il lastricato romano durante le prime campagne di scavo, costituisce il primo intervento in tale direzione; l'ampliamento degli scavi ha dimostrato che l'imponente complesso orientalizzante occupava uno spazio caratterizzato a lungo da una forte identità cultuale se, una volta distrutto, vi è sorto accanto un tempio (di cui restano i basamenti delle colonne) e ha ospitato fino alla fine del VI sec. a.C. un deposito votivo: perciò ê stata recentemente prospettata l'ipotesi che avesse in realtà una destinazione pubblica, probabilmente sacrale (Colonna).
Carattere pubblico aveva forse anche l'edificio arcaico posto accanto a esso, parzialmente scavato durante le prime campagne, caratterizzato da due grandi vani quadrati di uguali dimensioni (Colonna); la sua presenza, a distanza di secoli, segnerà l'incontro fra i due assi viari della città romana: il cardo maximus e il decumanus.
I due edifici occupano le pendici meridionali della collina Ν che, a giudicare dai resti di costruzioni visibili sia sul culmine sia lungo i fianchi, appare intensamente abitata in età arcaica. Le ricerche sulla sommità sono state forzatamente limitate alle poche aree intorno all'anfiteatro e ad alcuni saggi fatti all'interno del terrapieno. Uno di questi, a lato dell'ingresso meridionale, ha consentito di mettere parzialmente in luce due vani di un'abitazione di fine VII sec. a.C., con zoccolo in pietra, alzato in mattoni crudi e copertura di tegole. Resti di un edificio analogo per tecnica struttiva sono emersi anche presso l'estremità settentrionale dell'abitato, nella fascia del terreno a ridosso del circuito murario; si accompagnano a varí ritrovamenti di incannucciata e di ceramica d'impasto, sovente decorata con le consuete stampigliature orientalizzanti, localizzabili lungo il tratto più settentrionale delle mura arcaiche, in concomitanza con un intervento di restauro. Sono indizi che fanno supporre una precoce urbanizzazione anche di quest'area periferica della città.
L'esempio più completo di abitazione ê però quello emerso su un pianoro roccioso sul versante settentrionale, ai piedi del terrapieno dell'anfiteatro. Il luogo era stato certamente edificato già in piena età orientalizzante, alla quale rimandano i numerosi frammenti di incannucciata, i pesi da telaio e le ceramiche d'impasto trovate entro una cavità in roccia, comprendenti anche un vaso biansato di forma biconica come gli esempî villanoviani, impiegato probabilmente per l'acqua di uso domestico. Le strutture più antiche appartengono a un'abitazione a due vani con spessi muri in pietra e copertura di tegole, databile fra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C.; la casa, che occupava la fascia più arretrata del pianoro, aveva sul davanti un pozzo in roccia profondo oltre 9 m nel quale erano stati gettati vasi etrusco-corinzi, buccheri e materiali d'impasto fra cui diversi fornelli. Degno di nota è anche il ritrovamento, in prossimità del fondo del pozzo, della vera che ne proteggeva in origine l'imboccatura, in forma di un mezzo orcio tetransato decorato con cordone sulla spalla. Poco dopo la metà del VI sec. a.C., i due vani dell'abitazione furono incorporati dalla «Casa dell’impluvium», di oltre 300 m2, costruita con la medesima tecnica muraria e con l'impiego di colonne lignee, andata distrutta in un incendio nei primi decenni del secolo successivo. L'edificio presentava un portico tetrastilo all'ingresso e una serie di vani intorno a un cortile porticato che aveva al centro un impluvium pavimentato con tabelloni di cotto; da un angolo dell’impluvium partiva una canaletta che alimentava una cisterna in roccia dalla forma a fiasca, rivestita con una camicia di pietre; situata in un angolo della corte porticata, la cisterna era protetta da una piccola costruzione comprendente una vasca rettangolare in roccia, chiusa a valle da una spalletta, che poteva fungere anche da abbeveratoio. Il complesso si qualifica come una fattoria posta ai margini del quartiere che occupava la sommità del colle, circondata da appezzamenti di terreno destinati all'agricoltura e al pascolo, di cui lo scavo ha dato ampie testimonianze.
Per i periodi successivi è da menzionare il ritrovamento nel settore orientale della città, entro strati di frequentazione di epoca arcaica e classica, di resti di alcune abitazioni pertinenti probabilmente a un quartiere ellenistico e di un grande complesso termale di età tardo-imperiale; il luogo, un'ampia area pianeggiante (il c.d. Piazzale Roma), si trova a ridosso di un tratto di mura nel quale sono emersi un bastione angolato in opera poligonale e lo sbocco del fognone della strada che doveva condurre alla porta urbica. Proprio con l'intento di rintracciare la porta è proseguita l'esplorazione del decumanus riprendendo lo scavo all'altezza del foro; si è così potuto accertare che inizialmente esso attraversa una zona commerciale con una serie di piccole tabernae in uso dall'età imperiale alla tarda romanità, fornite di canalizzazioni, pozzi, fori per travi e mensole per l'esposizione della merce. Oltre il bivio che conduce al grande edificio termale con piscina, noto come «Villa», la strada scende rapidamente lungo la valle disegnando ampie curve sulle quali si affacciano edifici di varie epoche e una fontana monumentale. Probabilmente a causa della pendenza, questo tratto era escluso dal traffico veicolare, come indica l'assenza dei solchi di ruote di carri, così evidenti nel tratto iniziale.
Nella zona del foro è proseguito l'ampliamento delle fasce alle pendici delle due colline che lo sovrastano, scoprendo altre costruzioni di età romana. Sul lato settentrionale si distingue un grande edificio absidato con nicchie nei muri laterali e portico sul davanti, sede del culto della famiglia giulio-claudia, le cui statue marmoree furono in seguito riutilizzate per fini privati. Sul lato meridionale, dietro alla sede del collegio dei Flamines Augustales con le statue della famiglia dell'imperatore Claudio (nel museo di Grosseto), è stato recuperato un tempietto coevo in antis, con coppia di colonne ai lati della scala di accesso e ara sul davanti, più tardi inserito entro un recinto porticato che si affaccia sul cardo maximus; poco oltre, sempre sul cardo, si apre la «Domus dei mosaici», classico esempio di abitazione signorile romana con atrio provvisto di impluvium, peristilio e ambienti termali mosaicati: la casa, costruita in età post-sillana, fu più volte rimaneggiata e diventò un'officina metallurgica (con forno circolare) verso la fine del III sec. d.C., quando a R. termina ogni attività edilizia di rilevanza monumentale.
Gli interventi nelle necropoli hanno riguardato tombe già violate in tempi antichi o recenti. Sul versante settentrionale, ai piedi della salita che porta alla città, è stato messo in luce un tumulo con tamburo ininterrotto e piccola camera, rimasto in uso per più di due secoli a partire dalla fine del VII sec. a.C., e affiancato in età arcaica da una fossa con incinerato. Sul versante opposto, lungo la strada in direzione dell'Ombrone, un'altra tomba utilizzata fra il VI e il V sec. a.C. è stata scavata in località Case Mota, sulla sommità di una collinetta: la camera, preceduta da un lungo dròmos con nicchie laterali, era spartita in due ambienti da un tramezzo costruito e, su una parete, aveva una celletta sigillata da pietre nella quale erano contenute due brattee discoidali d'oro decorate a sbalzo.
Nuovi dati sono stati acquisiti anche sulla R. di età post-classica e medievale. Al periodo compreso fra la fine del VI sec. d.C. e la prima metà del successivo, allorché la città fu interessata dal passaggio di popolazioni probabilmente longobarde, si datano un rozzo muro ad andamento circolare venuto in luce sugli strati di distruzione all'inizio del decumanus, e svariate tombe a cassetta emergenti fra i resti degli edifici nella zona del foro e della «Villa». Sul Poggio Mosconcino, una collinetta sovrastante l'attuale strada per Grosseto, sono emerse alcune strutture abitative e un impianto basilicale romanico a tre navate con torre campanaria, da mettere forse in relazione con gli avvenimenti che accompagnarono il trasferimento della sede vescovile nel capoluogo maremmano, avvenuto ufficialmente nel 1138.
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