PAMPANINI, Rosetta
PAMPANINI, Rosetta. – Nacque a Milano il 2 settembre 1896, da Gerolamo e Cleofe Cattaneo, famiglia di origine polesana.
L’inclinazione al canto si manifestò fin dalla fanciullezza. Mentre la famiglia si trovava in Piemonte presso le fortificazioni del Moncenisio, dove il padre prestava servizio in qualità di ufficiale del Regio Esercito, fu ascoltata da Maria Letizia Bonaparte, seconda moglie di Amedeo di Savoia duca d’Aosta, che consigliò di farla studiare, dando così un autorevole sostegno alle insistenze della madre, a sua volta dotata di bellissima voce; il padre chiese un’audizione all’acclamato maestro Tullio Serafin, che lo indirizzò a Lorenzo Molajoli. Il giovane direttore d’orchestra, colpito dalle doti della Pampanini, l’affidò alle lezioni della moglie, Emma Romagnoli, e la fece debuttare nel 1920 al teatro Nazionale di Roma, come Micaela nella Carmen di Bizet. Il felice esito confermò le aspettative, ma anche la necessità di approfondire gli studi. L’anno dopo Serafin volle la Pampanini al Regio di Torino, in una piccola parte, Siebel nel Faust di Gounod. Dal 1922 ebbe inizio una carriera destinata a protrarsi per un quarto di secolo. Nel 1923 fu Mimì nella Bohème di Puccini al politeama Rossetti di Trieste e l’eroina eponima nell’Iris di Mascagni al Coccia di Novara.
La svolta della carriera avvenne nel novembre 1925 con Madama Butterfly alla Scala, che sotto la direzione di Arturo Toscanini tornava per la prima volta nel teatro milanese dopo il fiasco della ‘prima’ (1904), per commemorare Puccini nel primo anniversario della morte. Il successo, nella parte di Cio-Cio-San, fu completo. Rosetta Pampanini divenne subito famosa e popolare. In Italia calcò le scene più prestigiose (la Scala – vi ritornò regolarmente fino al 1937, quando cantò in Andrea Chénier con Beniamino Gigli –, il Regio di Torino, il Carlo Felice di Genova, il S. Carlo di Napoli, il Bellini di Catania, il Grande di Brescia) e le numerose ribalte minori delle grandi città e della provincia. All’estero comparve al Covent Garden di Londra nel 1928 e nel 1929, oltre che alla Staatsoper di Berlino, nel 1930 al Liceu di Barcellona e al Theater an der Wien di Vienna; nel 1933 fu al Reale di Stoccolma, dove tornò nel 1934; tra il dicembre 1931 e il gennaio 1932 fu a Chicago, nel 1935 all’Opéra-Comique di Parigi e al Grand-Théâtre di Bordeaux, dove tornò negli anni successivi. Nel 1938 cantò al Politeama di Lisbona e al Rivoli di Oporto. Si esibì anche al Real di Madrid e nei teatri nazionali di Zagabria e Belgrado. Chiuse la carriera il 26 aprile 1947 con Tosca al teatro Goldoni di Livorno.
Il 26 giugno 1937, quarantunenne, sposò il comm. Giuseppe Diomede, funzionario governativo. I coniugi presero la residenza a Milano, ma Pampanini amava trascorrere lunghi periodi nella villa di Corbola, il paese natale del padre in Polesine, terra a lei cara, dalla quale trasse l’indole semplice, scevra da atteggiamenti divistici. Ivi morì il 2 agosto 1973.
Il repertorio della Pampanini fu essenzialmente limitato alla produzione della Giovane Scuola. Oltre a La bohème e Madama Butterfly, cantò in Turandot (Liù), Manon Lescaut, Tosca di Giacomo Puccini e in Andrea Chénier (Maddalena di Coigny) e Fedora di Umberto Giordano; interpretò due sole volte Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, nel 1932 al Trianon di Montecatini e nel 1936 al Coccia di Novara; si accostò a La Wally di Alfredo Catalani, e nel 1928 al teatro dell’Esposizione di Milano partecipò a un raro recupero della Falce (Zohra). Di Ruggero Leoncavallo eseguì con frequenza Pagliacci (Nedda/Colombina), di Pietro Mascagni Cavalleria rusticana (Santuzza), Iris e una sola volta nel 1924 al politeama Chiarella di Torino il Piccolo Marat (Mariella). Ebbe due accostamenti del tutto occasionali all’opera contemporanea italiana, in due ‘prime’ alla Scala: nella parte di Sonia in Delitto e castigo di Arrigo Pedrollo (1926) e nel ruolo eponimo di Thien-Hoa di Guido Bianchini (1928). Cantò anche nel Mefistofele di Arrigo Boito (Margherita) e nell’Otello di Verdi (Desdemona); di quest’ultimo cantò per una sola volta la parte di Leonora nella Forza del destino al Comunale di Modena (1938), con esito infelice. Si accostò al Lohengrin di Wagner (Elsa), eseguito, come allora usava, in italiano.
Nel 1926 la Pampanini registrò per la Società Italiana di Fonotipia 26 facciate con brani del suo repertorio (con in più la Ballata del re di Thule dal Faust di Gounod; in teatro non cantò mai la parte di Margherita), tra cui il duetto del prim’atto di Madama Butterfly, col tenore Fernando Ciniselli. Nel 1927 su consiglio di Molajoli stipulò un contratto con l’etichetta Columbia-Voce del Padrone, per la quale realizzò negli studi di Milano 19 registrazioni tra aprile-maggio 1927 e gennaio-febbraio 1929, comprendenti anche alcuni brani da Giuliano, titolo raro di Riccardo Zandonai. Per la stessa casa discografica ritornò in studio il 13 maggio 1930, il 16 maggio 1934, nel novembre 1936, il 22 e il 26 febbraio e il 24 marzo 1937, incidendo brani operettistici e leggeri, oltre al duetto ‘delle ciliegie’ nell’Amico Fritz di Mascagni col tenore Dino Borgioli. Il 13-14 dicembre 1939 incise la cavatina di Leonora Tacea la notte placida dal Trovatore e la «scena» Ritorna vincitor dall’Aida. Il 26 agosto 1940 registrò a Torino alcuni pezzi per l’etichetta Cetra. Contribuirono alla sua fama le incisioni complete della Bohème, di Pagliacci e di Madama Butterfly realizzate nel 1928, 1929 e 1930 per la Columbia-Voce del padrone con i complessi della Scala diretti da Lorenzo Molajoli.
Rosetta Pampanini ebbe una schietta e robusta voce di soprano, ideale per dare piena realizzazione al lirismo di Puccini e della Giovane Scuola secondo il gusto verista dell’epoca, che voleva un canto acceso e impetuoso. Il timbro luminoso realizzava a dovere il tipo della donna appassionata votata alla morte per amore. La Pampanini sosteneva con sicurezza anche tessiture ‘pesanti’ come quella di Cio-Cio-San o di Maddalena di Coigny. I tentativi di accostarsi al repertorio verdiano non diedero invece esiti significativi, a riprova di una tecnica incompleta e di un canto istintuale.
Fonti e Bibl.: M. Tiberi, La voce e l’arte di Rosetta Pampanini, Roma [1998], con 4 CD in allegato; N. Berti, Il cigno del Polesine: Rosetta Pampanini soprano pucciniano e verista, in Quaderni dell’Accademia del Tartufo del Delta del Po, 2011, n. 39 (http://www.accademiadeltartufo.org/images/stories/quaderno_pampanini.pdf); C. Marinelli, Opere in disco da Monteverdi a Berg, Firenze 1982, pp. 402 s.; R. Celletti, Storia dell’opera italiana, Milano 2000, II, p. 648; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, pp. 863 s.