ROSMERTA (Rosmertā)
Divinità femminile di origine celtica adorata nelle Gallie, assurta al ruolo di paredra di Mercurio al tempo della conquista romana.
L'etimologia del nome, nonostante i molti tentativi fatti (da una radice ???SIM-07???smer significante lucido, brillante, oppure abbondanza, o destino - cfr. allora μοῖρα, μορός) rimane assai dubbia. Probabilmente R. era la paredra del dio indigeno dei commerci e della ricchezza adorato dalle popolazioni delle Gallie di N-E (Lingoni, Treviri, Leuci, Mediomatrici), tosto assimilato al Mercurio ellenico e romano; di questa interpretatio Romana della figura divina dominante nel pantheon celtico fa fede anche il noto passo di Cesare (De bello Gall., vi, 17, 1: deum maxime Mercurium colunt... hunc ad quaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur). La coppia Mercurio-R. risponde a quella Mercurio-Maia attestata da numerose iscrizioni provenienti dal territorio del Reno e della Mocorsella, e in molti casi confluisce in quest'ultima.
Nell'iconografia Maia e R. sembrano intercambiabili. Anche se non si può accettare in pieno la tesi del Robert, secondo cui Mercurio è il dio ctonio che feconda la terramadre, rappresentata da Maia e da R., rimane valida la sua osservazione che la Fortuna è associata nelle iscrizioni galliche alle divinità maggiori di Roma, è venerata da legionari e magistrati, mentre R. ha il suo culto nelle classi più basse della popolazione, mercanti, liberti, piccoli funzionarî provinciali. Ciò dimostra che la dea deve essere considerata, non già come vorrebbero alcuni, una seconda paredra di Mercurio accanto a Maia, ma la figura divina più antica associata al dio celtico della ricchezza, tosto denominatasi Maia in seguito alla romanizzazione delle divinità indigene.
Fra le molte iscrizioni menzionanti R. ha particolare interesse la dedica di un certo Acceptus, seviro augustale, il quale nell'anno 232 d. C. eresse un tempio a Mercurio e R. sulla via fra Divodurum e Augusta Treverorum, nel dipartimento della Mosella; non doveva trattarsi dei soliti modesti sacelli, ma di una complessa e sfarzosa costruzione, contenente le statue delle due divinità (aedem cum signis ornamentisque omnibus fecit), portici, un pronao e corpi accessorî di costruzioni pronti ad accogliere i forestieri che si radunavano nel luogo in occasione delle varie festività. Un altro piccolo tèmenos con una cella quadrata fu scoperto a Niedaltdorf, nella Belgica.
Le rappresentazioni di R. compaiono su una numerosa serie di bassorilievi, per lo più basamenti di altari o stele votive, di carattere in genere assai rozzo, non esattamente databili (sembrano dislocarsi dal I sec. d. C. in poi) e provenienti dalla Gallia Belgica, dalla Lugdunensis e dalla Germania Superior. Un simulacro isolato di R. sembra provenire dal già citato tempietto di Niedaltdorf, ma lo stato assai frammentario impedisce un'identificazione sicura: qui come in molte delle raffigurazioni in rilievo - in cui R. compare sempre associata a Mercurio - il dubbio permane che si tratti di Mala e non di Rosmerta. Tutti i bassorilievi possono dividersi in tre gruppi: a) quelli che mostrano le due divinità in piedi, di faccia, ciascuna con i proprî attributi; b) quelli in cui Mercurio e R. sono volti l'uno verso l'altra occupati in una azione comune (anche qui prevale la positura eretta); c) un piccolo numero di esemplari mostra le due divinità sedute.
La tipologia della coppia resta in tutti e tre i casi sostanzialmente la medesima; Mercurio è eretto di solito a destra, è del tutto nudo e imberbe, con petaso alato, clamide allacciata su una spalla, caduceo e borsa tra le mani; R. è una giovane donna con lunga veste e mantello, in pochi casi con velo sul capo, più di frequente con acconciatura a bande lisce, bipartite sulla fronte, talora sormontate da un diadema con alette, simile al petaso del dio. I suoi attributi più frequenti sono il caduceo e la borsa, oppure la patera e la cornucopia ricolma di frutti. In un bassorilievo (Espérandieu, op. cit. in bibl. n. 4929), il dio ha un torques gallico al collo, un caprone fra i piedi e tiene la borsa al di sopra di un altare che lo divide dalla sua paredra: R. pone la mano sinistra sulla spalla di Mercurio, in un gesto di più intima associazione che si ritrova solo su un'altra base da altare da Pouillenay (Espérandieu, n. 2323).
Una rappresentazione aberrante, che solo in parte rientra nella seconda delle classificazioni sopra enunciate, è quella di un bassorilievo da Wiesbaden, ora al museo di Bonn (Espérandieu, n. 18): R. è semisdraiata a destra, su un seggio ad alto schienale; davanti a lei Mercurio, figura giovanile nuda, eretta, versa da una borsa che tiene con ambedue le mani alcune monete in una patera che la dea gli porge con la destra; accanto al seggio di R. un piccolo Eros tiene su una spalla una cornucopia, mentre un secondo amorino vola nel campo al di sopra della coppia divina, reggendo un grande caduceo.
Un'iconografia altrettanto singolare è testimoniata da un altro bassorilievo (Espérandieu, n. 4130), in cui Mercurio e R. sono effigiati fianco a fianco, nella usuale tipologia eretta, ma la dea appare nell'atto di scostare il mantello dal corpo, che si palesa nudo al di sotto. A prescindere da molte altre varianti (che tuttavia non contrastano in modo assoluto con lo schema canonico quale siamo andati finora illustrando), basterà menzionare per ultimo il rilievo della colonna dedicata a Giove Ottimo Massimo in Magonza in età neroniana; oltre ad essere una delle poche testimonianze esattamente databili, questa scena si innalza per qualità artistica sulle innumerevoli, rozze placche votive galliche: è ancora lecito cogliere un'impronta classica nella figura nuda del dio che ha nella destra la borsa del denaro e la porge alla sua compagna, maestosamente ammantata, che tiene nella destra il caduceo e nella sinistra - motivo assolutamente inconsueto - un petaso alato, analogo a quello che è sulla testa del dio.
Bibl.: P. Ch. Robert, Epigraphie gallo-romaine de la Moselle, Parigi 1873, pp. 65-88, tav. IV, 5; raccolta più aggiornata delle iscrizioni in C.I.L., XIII, nn. 4192-4195, 4208, 4237, 4311, 4609, 4683-4685, 4705, 4732, 5939, ecc.; Ch. Renel, Les religions de la Gaule avant le Christianisme, Parigi 1906, pp. 306-08, fig. 36; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer (= Handbuch d. Klass. Altertums-Wissenschaft, V, 4), Monaco 19122, pp. 86; 306; M. Ihm, in Roscher, IV, 1909-15, c. 209-225, s. v.; Keune, in Pauly-Wissowa, I A, 1920, c. 1129-1146, s. v.; J. de Vries, Keltische Religion, Stoccarda 1961, passim, soprattutto pp. 118-9. Sui monumenti: F. Hettner, Die Römischen Steindenkmäler des Provinzialmuseums zu Trier, Treviri 1893, pp. 49-51, nn. 74-76; F. Möller, Ein Nymphaeum in Sablon bei Metz, in Westdeutsche Zeitschrift für Geschichte und Kunst, II, 1883, pp. 274-5; O. A. Hoffmann, Zwei Votivsteine gallischer Gottheiten zu Devant-les-Ponts bei Metz, in Korrepsondenzblatt d. Westdeutsche Zeitschrift für Geschichte und Kunst, VIII, 1889, coll. 265-267; H. Lehner, Trier. Gallo-Römisches Votivdenkmal, ibid., IX, 1890, coll. 33-49; O. Koehl, Beiträge zu den sog. Juppitersäulen, ibid., c. 157-172; E. Krüger, Niedaltdorf. Römischer Tempelbezirk, ibid., XXII, 1903, c. 197-198; H. Lehner, Das Provinzialmuseum in Bonn, I, Die Römischen Skulpturen, Bonn 1905, p. 9, tav. XXVIII, n. 3; E. Espérandieu, Recueil général des bas-reliefs de la Gaule romaine, II-XIV, Parigi 1908-1955, nn. 1573, 1800, 1836, 2323, 2785, 3135, 3143, 3664, 3668, 3732, 3745, 3756, 3962, 4130, 4288, 4346, 4488, 4490, 4550, 4579, 4720, 4851, ecc. (con riproduzioni e bibliografia anteriore); id., Recueil général des bas-reliefs de la Germanie romaine, Parigi-Bruxelles 1931, nn. 18, 39, 232, 271, 350, 396, 429, 655, 730; H. Rolland, Fouilles de Glanum (Saint-Remy de Provence), Parigi 1946, p. 103, fig. 82.