Brazzi, Rossano
Attore cinematografico e teatrale, nato a Bologna il 18 settembre 1916 e morto a Roma il 24 dicembre 1994. Interprete medio ma di eclettico e scrupoloso professionismo, nel primo ventennio della sua carriera attraversò i generi popolari del cinema italiano mettendosi in luce come fascinoso eroe romantico nei film d'avventura in costume, per ottenere poi il successo internazionale impersonando l'immagine cristallizzata del latin lover. Esordì sulle scene nel 1939 al Teatro dell'Università di Firenze (Giannetto in La cena delle beffe di S. Benelli) e fu protagonista di Aminta di T. Tasso in uno spettacolo diretto da R. Simoni. Continuò l'attività teatrale nel periodo della guerra in compagnie di giro con Emma Gramatica, Ave Ninchi e al fianco di Andreina Pagnani e Carlo Ninchi con i quali nel 1946, regista E. Giannini, portò in scena Strano interludio di E. O'Neill e Amarsi male di F. Mauriac. Dopo la piccola parte di Simmia in Processo e morte di Socrate (1940) di Corrado D'Errico con Ermete Zacconi, avviò subito una carriera cinematografica fatta di ruoli di primo piano. Nel 1940, l'anno in cui sposò Lydia Bartolini, sua compagna per tutta la vita, prese parte a cinque film, come protagonista in Il ponte di vetro di Goffredo Alessandrini e in Kean, gli amori di un artista di Guido Brignone, dove interpretò il primo dei suoi personaggi storici, pur filtrato dalla sagace teatralità di A. Dumas padre. Seguirono infatti il violinista de Bériot (Maria Malibran, 1942, di Brignone); l'ufficiale zarista ribelle Vladimir Dubrowskij, eroe di Puškin (già impersonato da Rodolfo Valentino in un film muto del 1925) in Aquila nera (1946) di Riccardo Freda, campione d'incasso della stagione 1946-47, seguito da La vendetta di Aquila nera (1951) anch'esso diretto da Freda; il bandito romagnolo Stefano Pelloni (Il passatore, 1947, di Duilio Coletti); Arrigo Boito (Eleonora Duse, 1948, di Filippo Walter Ratti, con Elisa Cegani); il musicista Enrico Toselli (Romanzo d'amore, 1950, ancora di Coletti); Carlo Pisacane (Eran trecento… o La spigolatrice di Sapri, 1952, di Gian Paolo Callegari); Cesare Borgia (La prigioniera della torre di fuoco, 1952, di Giorgio W. Chili); Camillo Benso di Cavour (La contessa di Castiglione, 1954, di Georges Cambret); Lucien Bonaparte (Austerlitz, 1960, Napoleone ad Austerlitz, di Abel Gance); Archimede (L'assedio di Siracusa, 1960, di Pietro Francisci).
Tra i suoi cento e più film ‒ ma quelli dagli anni Settanta in poi sono più che trascurabili: l'ultimo fu Fotogrammi mortali di Al Festa, uscito nel 1997 dopo la morte dell'attore ‒ non mancano i personaggi letterari famosi: Mario Cavaradossi (Tosca, 1941, di Karl Koch), Francesco I (Il re si diverte, 1941, di Mario Bonnard), Julien Sorel (Il corriere del re, 1947, approssimativa trasposizione di Gennaro Righelli da Il rosso e il nero di Stendhal), Athos (Il boia di Lilla, 1952, di Vittorio Cottafavi), e persino il barone di Frankenstein (Terror! Il castello delle donne maledette, 1973, di Robert H. Oliver, distribuito all'estero con otto titoli inglesi diversi). Ancora un ruolo di derivazione letteraria per una delle sue interpretazioni di rilievo, quella dell'aristocratico russo vile e venale Leo Kovalenski, in Noi vivi ‒ Addio, Kira (1942), film in due parti di Alessandrini tratto da un romanzo di A. Rand, rivalutato negli anni Ottanta dalla critica anglosassone. Né la prima esperienza hollywoodiana del 1949 ‒ con Little women (Piccole donne) di Mervyn LeRoy ‒ né Vulcano (1950), in cui recitò al fianco di Anna Magnani diretto da William Dieterle, giovarono alla sua affermazione internazionale, che giunse invece con Three coins in the fountain (1954; Tre soldi nella fontana) di Jean Negulesco; la consacrazione come great latin lover arrivò con l'antiquario veneziano sposato di cui si innamora una zitella americana interpretata da Katharine Hepburn in Summertime (1955; Tempo d'estate) di David Lean, film preceduto da The barefoot contessa (1954; La contessa scalza) di Joseph L. Mankiewicz, dove B. è un conte italiano impotente che uccide per gelosia la moglie (Ava Gardner), ballerina gitana diventata una star del cinema. Questo melodramma a incastro, amara versione di Cenerentola, è il migliore della ventina di film in lingua inglese che interpretò fino al 1969, tra cui si ricordano almeno The story of Esther Costello (1957; Storia di Esther Costello) di David Miller con Joan Crawford, dove è un malvagio senza possibilità di riscatto, Interlude (1957; Interludio) di Douglas Sirk, A certain smile (1958; Un certo sorriso) ancora diretto da Negulesco, South Pacific (1958), sontuoso e greve musical di Joshua Logan. Con lo pseudonimo di Edward Ross ed esiti non felici si cimentò nella regia con due film italo-argentini: 7 uomini e un cervello (1969) e Salvare la faccia (1969). Non priva di interesse la sua partecipazione come protagonista a Un amore (1965) di Gianni Vernuccio, dal best seller di D. Buzzati. Negli anni Settanta e Ottanta prese parte a miniserie TV italiane e statunitensi.