FRANCHI, Rossello (Rossellodi Iacopo)
Figlio di Iacopo del Rosso e di una Caterina, nacque probabilmente a Firenze nel 1376 o 1377. Le prime notizie documentate risalgono agli anni 1404-1406 quando egli e il fratello Giunta compaiono nel Libro delle prestanze come coabitanti in una casa di via Cornacchini (oggi via Ricasoli). Dal 15 marzo 1410, però, i fratelli sono indicati con il padre come inquilini di due stanze con soppalco nel palazzo de' Cerchi, affittate dalla Compagnia del Bigallo. Nel 1416 il F. e Giunta sottoscrissero un contratto per lo stesso appartamento nel palazzo de' Cerchi a 16 fiorini l'anno senza il padre, probabilmente morto (Talbert Peters, 1981). Presumibilmente durante questo periodo la madre Caterina abitò con loro, anche se non è nominata nei documenti fino al catasto del 1427.
Intorno al 1408 il F. sposò una Caterina (di cui si ignora il casato), da cui ebbe almeno sette figli, di cui quattro morirono di peste intorno al 1424; il 1° febbr. 1427 morì anche Caterina (ibid.). Poco più di quattro mesi dopo, il 22 giugno 1427, il F. si sposò con Margherita, sorella dello stampatore Giovanni di Piero di Bartolo Landi. Sempre nel 1427 il F. e Giunta continuavano a dividere la stessa casa nel palazzo de' Cerchi con le loro famiglie. Tre anni più tardi, nel 1430, presero in affitto per 8 fiorini all'anno anche una bottega, nel palazzo Rinuccini, accanto alla loro casa.
La prima opera sicuramente di mano del F. è il S. Biagio, compiuto prima del 4 febbr. 1408, quando è documentata la sua collocazione nel duomo di Firenze. In base a considerazioni stilistiche, la Talbert Peters conclude che altre opere, come la Madonna col Bambino in trono al Museo della collegiata di Empoli (proveniente dalla chiesa di S. Giovanni Battista a Monterappoli) e la S. Caterina di Alessandria, dipinta su una lesena proveniente da una pala d'altare smarrita, oggi alla Yale University Art Gallery di New Haven (CT), furono eseguite precedentemente al S. Biagio. Subito dopo il S. Biagio il F. eseguì le due tavole laterali, con i Ss. Nicola di Bari e Giuliano, della pala d'altare dell'Annunciazione di Mariotto di Nardo, ora nel Museo civico di Pistoia (Talbert Peters, 1981; secondo Boskovits, 1975, le tavole sarebbero da datare piuttosto al periodo 1415-20), e poi, poco prima del 1418, il trittico della Madonna con i ss. Ambrogio e Agostino della Strossmayerova Galerija di Zagabria. Il successivo lavoro del F. è probabilmente il Crocefisso della chiesa di S. Michele a Rovezzano, presso Firenze, che ha una data poco leggibile: può essere interpretata come 1419, come fa la Talbert Peters, secondo la quale risalirebbe allo stesso periodo anche la Madonna del parto del palazzo Davanzati a Firenze.
La prima opera firmata dal F. è l'Incoronazione della Vergine della Galleria dell'Accademia di Firenze. La pala d'altare, che proviene dall'ex monastero delle Càmpora a Firenze, ha una data poco leggibile, il 25 genn. 142?; la maggior parte degli studiosi l'hanno letta 1420. La Talbert Peters, invece, propone una datazione intorno al 1425, o subito dopo, come pure per la Madonna dell'Umiltà, proveniente dall'altare maggiore dell'ex oratorio di S. Sebastiano dei Bini a Firenze, e per la S. Caterina d'Alessandria del Museo diocesano di San Miniato. Al 5 giugno 1426 risale la prima notizia di attività esercitata dal F. a Firenze per la Compagnia del Bigallo: in questa data è registrato un pagamento in favore suo e del fratello Giunta per lavori, non specificati, nell'oratorio della Compagnia.
Le attività del F. come miniatore sono attestate per la prima volta in un documento del 22 maggio 1428, il primo di una serie di pagamenti al F. e a Matteo Torelli per i loro lavori su un graduale per la pieve (poi cattedrale) di S. Stefano a Prato. È possibile che la bottega del F. e del fratello avesse già eseguito miniature, dato che nel 1427 Giunta era in debito con il Torelli, specialista in miniature ornamentali. La collaborazione del F. con Torelli, infatti, non si verificò solo in occasione dell'esecuzione del graduale pratese, ma fu ripetuta almeno un'altra volta: miniarono subito dopo un antifonario per la Compagnia del Bigallo, ora smarrito, ma per il quale furono loro registrati pagamenti il 29 novembre e il 4 dic. 1431.
Negli anni Trenta si svolse la maggior parte dell'attività del Franchi. Dopo l'esecuzione delle miniature di Prato, ma prima del 1439, il F. dipinse numerose tavole, tra cui la Madonna col Bambino in trono del Museo Puškin, Mosca; la Madonna in gloria, Yale University Art Gallery, New Haven; la Madonna di S. Vito a Ortimino in Val d'Elsa; la Fede (forse frammento di cassone) della Christ Church, Oxford; la predella da una pala d'altare smarrita, con Natività, Adorazione dei magi e i ss. Giovanni Battista e Antonio abate della Galleria nazionale dell'Umbria, Perugia; il trittico con Madonna con quattro santi della Galleria dell'Accademia, Firenze; l'affresco staccato con S. Andrea e il re David dell'ex convento fiorentino delle oblate (Talbert Peters, 1981, pp. 229 s.); la Madonna e Bambino in trono del Museo nazionale e civico di S. Matteo, Pisa; la Madonna col Bambino in trono del Courtauld Institute of art, Londra.
Il 17 febbr. 1436 il F., Giovanni dal Ponte, Lippo di Andrea e Bicci di Lorenzo ricevettero la commissione di affrescare i dodici apostoli nel duomo di Firenze, lavori completati tre anni più tardi. Tra gli affreschi superstiti il Procacci (1984) vide la mano del F. nel S. Iacopo maggiore, parzialmente coperto da un organo moderno, e nel S. Tommaso, assai danneggiato e ridipinto. Contemporaneamente il F. eseguì l'Incoronazione della Vergine della Pinacoteca nazionale di Siena, firmata e datata 1439. Gli anni Quaranta segnano un rallentamento nella produzione del F., probabilmente per l'età matura e la perdita del fratello Giunta. Comunque, nel 1445, quasi settantenne, il F. cominciò il suo lavoro più importante: gli affreschi della facciata della loggia del Bigallo a Firenze.
La commissione, per tre storie della vita di s. Pietro martire, fu decisa il 4 marzo 1445 e sei giorni dopo fu data al F. e al più giovane Ventura di Moro. Oggi rimangono solo due di questi episodi, assai danneggiati e ridipinti più volte: S. Pietro martire che consegna gli stendardi ai capitani del Bigallo perché combattano i patarini e S. Pietro martire che caccia col segno della croce il diavolo apparsogli sotto le forme di un cavallo infuriato. Dato il cattivo stato di conservazione degli affreschi e la mancanza di indicazioni documentarie per precisare il tipo di collaborazione esercitato dal F. e da Ventura, rimane difficile stabilire gli specifici compiti dei due artisti nella decorazione della loggia. Gli affreschi della loggia del Bigallo furono compiuti l'anno seguente, con pagamenti al F. effettuati il 23 maggio e il 23 ag. 1446 (per una storia completa degli interventi si veda Saalman, 1969, e Talbert Peters, 1981).
Rimangono poche opere del F. eseguite dopo il 1446. Nelle sue dichiarazioni al Catasto, nel 1447 il F. è indicato come inattivo; nel 1451 la sua inattività è attribuita al cattivo stato di salute del pittore, ormai quasi cieco e con le mani tremanti. È possibile, però, che avesse esagerato la sua condizione fisica per ottenere riduzioni delle imposte; per lo stesso motivo il F. avrebbe mentito sull'età, asserendo nel 1447 di avere 76 anni (quando ne aveva 70 o 71) e nel 1451 addirittura 82 (quando aveva 74 o 75 anni). La Talbert Peters colloca solo tre lavori dopo gli affreschi della loggia del Bigallo: la Madonna col Bambino, firmata, una volta in un tabernacolo davanti al castello di Staggia, presso Poggibonsi, poi nella locale pieve di S. Maria Assunta (attuale ubicazione ignota); le Storie di Susanna (quattro frammenti provenienti da un cassone) della collezione Hyland, Greenwich (CT); la Madonna, forse da considerare l'ultima opera del F., del Cleveland Museum of art.
Lo stile del F., come quello della maggior parte dei suoi contemporanei, fu fortemente influenzato dall'esempio di Lorenzo Monaco. Ciononostante, le sue opere sono ben distinguibili da altre eseguite nella prima metà del Quattrocento, tant'è che nel 1904 Sirén riuscì a mettere insieme un primo nucleo di lavori a lui attribuibili solo in base ai loro caratteri stilistici, chiamando il loro autore "Compagno di Bicci" per la somiglianza del suo stile a quello di Bicci di Lorenzo. Il F. continuò a rivisitare le formule dell'arte di Lorenzo Monaco fino alla fine della sua carriera, senza dimostrare di aver capito le lezioni dei contemporanei più innovativi, riuscendo a creare opere che a volte sembrano più vicine a quelle di Giotto che a quelle di Masaccio o del Beato Angelico.
Il 12 maggio 1450 il F. fece testamento, cui aggiunse il 6 ag. 1456 un codicillo (Libro bianco dei testamenti dell'ospedale di S. Maria Nuova). Morì a Firenze il 10 ag. 1456 e fu sepolto nella basilica di S. Lorenzo. L'anno seguente, il 29 novembre, morì sua moglie, Margherita, e fu sepolta nella chiesa di S. Simone.
Il fratello e collaboratore del F., Giunta, nacque probabilmente a Firenze nel 1379. L'esistenza di una specie di bottega familiare portò alla nomina di Giunta in documenti riferiti alle attività del fratello, anche quando il suo contributo è difficilmente identificabile o, addirittura, impossibile da stabilire. È comunque probabile che Giunta esercitasse la sua professione anche indipendentemente dal fratello, data l'esistenza di almeno un contratto nel quale viene nominato da solo: nel 1427 egli, infatti, dichiarava agli ufficiali del Catasto di essere in debito con il miniatore Matteo Torelli; nel 1430 continuava a dovere soldi allo stesso. Da sua moglie Caterina ebbe almeno quattro figli. La presenza di Giunta nella casa del palazzo de' Cerchi è confermata dalle dichiarazioni fatte al Catasto ancora nel 1433 ma non da quelle del 1442: ciò ha fatto supporre che Giunta morisse prima di quell'anno, sebbene sia nominato in un documento del 1446 relativo ai pagamenti al F. per lavori nella loggia del Bigallo. La Talbert Peters dimostra, però, che questo pagamento riflette soltanto una formula legale poiché, trattandosi del saldo di un lavoro contrattato dalla sua corporazione con il F., il pagamento doveva essere effettuato a favore di ambedue i fratelli, nonostante la morte di Giunta. Dopo tali pagamenti della Compagnia del Bigallo del 23 maggio e 2 ag. 1446 mancano ulteriori notizie di Giunta e della sua famiglia.
Fonti e Bibl.: G. Milanesi, Di Bicci di Lorenzo, pittore fiorentino, in Sulla storia dell'arte toscana: scritti vari, Siena 1873, p. 270; Id., in G. Vasari, Le vite… (1568), II, Firenze 1878, p. 67; G. Cavalcaselle - J. Crowe, Storia della pittura in Italia dal sec. II al sec. XVI, III, Firenze 1885, pp. 338-341; G. Poggi, La Compagnia del Bigallo, in Riv. d'arte, II (1904), pp. 196, 203, 239, 241 s.; O. Sirén, Di alcuni pittori fiorentini che subirono l'influenza di Lorenzo Monaco, in L'Arte, VII (1904), pp. 352-355; B. Berenson, Due quadri inediti a Staggia, in Rassegna d'arte, V (1905), p. 11; C. Gamba, Un altro quadro di R. di Iacopo F., ibid., VI (1906), p. 144; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 1, Milano 1911, pp. 19-22; F. Santi, Appunti su inediti in Umbria, in Scritti di storia dell'arte in onore di M. Salmi, II, Roma 1963, pp. 56-58; M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XIV al XVI secolo…, Firenze 1962, pp. 234-236; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance…Florentine school, I, London 1963, pp. 192-194; G. Marchini, Il Tesoro del duomo di Prato: con documenti inediti ritrovati da R. Nuti e R. Piattoli, Milano 1963, pp. 13, 15-17; D. Lotti, Proposte per il catalogo, in Boll. della Accad. degli Euteleti della città di San Miniato, XXIX (1965-66), p. 21; L. Bellosi, Il Maestro della Crocifissione Griggs: G. Toscani, in Paragone, XVII (1966), 193, pp. 44, 53; H. Saalman, The Bigallo: the oratory and residence of the Compagnia del Bigallo e della Misericordia in Florence, New York 1969, pp. 19-24, 53 s.; E. Carli, Il Museo di Pisa, Pisa 1974, p. 66; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, Firenze 1975, ad Indicem (s.v. R. di Jacopo); P. Torriti, La Pinacoteca naz. di Siena: i dipinti dal XII al XV secolo, Genova 1977, pp. 409 s.; G. Chelazzi Dini, in L. Ghiberti: "materia e ragionamenti" (catal.), Firenze 1978, pp. 149-152; C. Talbert Peters, R. di Iacopo F. Portrait of a Florentine painter, c. 1376-1456, tesi di dottorato, Indiana Univ. 1981; L. Indrio, in Museo civico di Pistoia: catalogo delle collezioni, a cura di M. Mazzi, Firenze 1982, pp. 108 s.; U. Procacci, Lettera di R. Salvini… con alcune notizie su Lippo di Andrea…, in Scritti di storia dell'arte in onore di R. Salvini, Firenze 1984, p. 215; F. Petrucci - M. Tazartes - B. Toscano, in La pittura in Italia: il Quattrocento, Milano 1987, pp. 273, 305, 361, 627 s.; E. Neri Lusanna, Ventura di Moro: un riesame della cerchia del Pesello, in Paragone, XLI (1990), 485, pp. 4-6, 12 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 315 s.; D. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters from the 13th to the 17th centuries, London 1928, p. 109.