ROSSIGLIONI
– Nelle fonti lucchesi le prime attestazioni certe dei Rossiglioni risalgono agli anni Sessanta del Duecento. Nel 1267 è ricordato come già defunto Ubaldo di Buglione de Curte Russilionis. L’anno prima un Aldebrando Rossilionis compare tra i testimoni in un atto notarile. Aldebrando era verosimilmente il fratello di Ubaldo di Buglione, dunque a questa altezza cronologica Rossilionis aveva già acquisito una funzione cognominale, circostanza che depone a favore di una posizione sociale piuttosto elevata.
Il toponimo «curtis Rossilionis» è attestato anche in seguito, almeno fino ai primi anni del Trecento. Il gruppo familiare godeva di una certa visibilità sociale nell’area di residenza, la contrada di S. Giusto, tanto che il suo complesso abitativo costituiva un riferimento topografico.
Nel 1305 è attestata inoltre una torre «filiorum Rossilionis». Pare improbabile tuttavia che in questo caso il possesso di una torre indicasse l’appartenenza alla militia, l’aristocrazia cavalleresca cittadina. Nessun membro della famiglia, né in questa fase né nelle successive, si fregiò mai del titolo di dominus, che indicava il cavaliere addobbato. Le torri mantenevano comunque il valore di status symbol, e ciò suggerisce che i Rossiglioni nutrissero aspirazioni a uno stile di vita nobiliare.
Ubaldo di Buglione ebbe almeno due figli, Buglione e Aldebrandino, mentre per Aldebrando è attestato un figlio di nome Lemmo (Guglielmo).
Il primo membro della famiglia a uscire davvero dall’anonimato documentario è Buglione di Ubaldo, che dall’inizio degli anni Ottanta compare tra i soci della compagnia commerciale dei Battosi. Le prime attestazioni dell’impegno di Buglione coincidono con un fondamentale salto di qualità nelle attività dell’azienda, con l’acquisizione di una posizione di forza nell’Italia meridionale. Per le sue esigenze finanziarie Carlo I d’Angiò si era rivolto a una molteplicità di compagnie toscane. Le cose cambiarono all’inizio del 1283, quando il sovrano, in partenza per la Francia per affrontare Pietro d’Aragona in duello, lasciò il potere nelle mani del figlio, nominato vicario generale del Regno. Il principe di Salerno strinse sin dagli inizi una relazione privilegiata con i Battosi, ed è proprio da questo momento che Buglione emerge tra i soci più attivi della compagnia.
Carlo I morì nel 1285, ma Carlo II non poté succedergli perché prigioniero degli Aragonesi. Egli fu incoronato re di Sicilia solo nel maggio del 1289. Da quel momento tutte o quasi le funzioni bancarie al servizio della Corona furono concentrate nelle mani dei Battosi. Gran parte delle entrate ordinarie e straordinarie della Camera reale passarono attraverso le casse della compagnia. Allo stesso tempo, i Battosi anticiparono regolarmente consistenti somme di denaro per necessità particolari, ma anche per le ordinarie spese della corte. I lucchesi furono la prima compagnia a stabilire una relazione privilegiata, di fatto esclusiva, con la corte angioina, i primi veri e propri ‘banchieri del re’. Successivamente, con Roberto I d’Angiò la stessa funzione sarebbe stata svolta dalle aziende fiorentine dei Bardi, dei Peruzzi e degli Acciaiuoli.
Buglione svolse un ruolo di primo piano nella società almeno fino al 1293. Il rapporto privilegiato dei Battosi con il sovrano angioino si interruppe nella seconda metà degli anni Novanta, quando la compagnia finì probabilmente vittima della crisi che travolse anche i due colossi della finanza duecentesca, i lucchesi Ricciardi e i Bonsignori di Siena. Il ramo di Buglione rimase comunque attivo nella mercatura.
Nei primi anni del Trecento Bendinello di Buglione operava in società con Landuccio Bellomi e Puccio Gessis. Lucca era in questa fase l’unica città europea specializzata nella produzione di tessuti di seta. La compagnia di Bendinello si occupava a quanto pare dell’importazione della seta greggia da Genova e dell’esportazione dei tessuti serici alle fiere della Champagne.
Fino al 1316 non c’è alcuna attestazione di un impegno politico dei Rossiglioni, ma il dato deve essere preso con cautela, poiché la documentazione pubblica antecedente a Castruccio Castracani è andata quasi totalmente perduta. I Rossiglioni, in ogni caso, compaiono nella lista dei «potentes et casastici» – i magnati sottoposti a forti limitazioni dei diritti politici e a un trattamento giudiziario discriminatorio – nello statuto del Comune del 1308. Il testo statutario era il prodotto del regime ultrapopolare e ultraguelfo dei Neri che si era affermato dopo l’abbandono della città da parte dei Bianchi nel 1301. Nella lista dei magnati confluirono le famiglie dell’antica militia cittadina, ma anche famiglie di origine più recente che avevano acquisito uno stile di vita aristocratico-cavalleresco, o che si erano schierate politicamente con i bianchi. Le ultime due caratteristiche, del resto, spesso coincidevano, poiché la fazione dei Bianchi, in opposizione al carattere ultrapopolare dei Neri, aveva adottato modelli sociali e ideologici di stampo nobiliare. I Rossiglioni appartenevano probabilmente a questo secondo gruppo, quello delle famiglie di origine più o meno recente attratte dalla cultura aristocratico-cavalleresca, come dimostra il possesso di una torre, ed è possibile che fossero anche simpatizzanti dei Bianchi, anche se non lasciarono la città nel 1301.
La presa di potere di Uguccione della Faggiola (1314-16) pose fine al governo dei Neri, revocando lo statuto del 1308. Dopo il 1316 si affermò rapidamente la figura di Castruccio Castracani, che esercitò un potere di natura signorile sulla città fino alla morte nel 1328. Il regime di Castruccio era costruito in netta antitesi rispetto all’esperienza guelfa radicale e popolare dei Neri: era ghibellino e sostenuto da uno zoccolo duro costituito soprattutto dagli ex esuli Bianchi e da molte famiglie incluse nella lista dei «potentes et casastici». La struttura istituzionale del Comune fu riformata in senso oligarchico, e lo stesso termine «popolo» fu del tutto cancellato dal discorso politico. In questo clima decisamente mutato si sono conservate le prime attestazioni di un impegno politico dei Rossiglioni ai più alti livelli, anche se non pare che la famiglia fosse tra quelle più in vista dell’entourage castrucciano.
Il vero decollo politico dei Rossiglioni sembra collocarsi negli anni Trenta del Trecento, in una fase decisamente travagliata per la città di Lucca, sottoposta a varie dominazioni sovralocali – Gherardo Spinola (1329-31), il re Giovanni di Boemia (1331-33), i Rossi di Parma (1333-35), Mastino della Scala (1335-42) – ai quali seguì, dal 1342 al 1369, l’assoggettamento a Pisa. Negli anni Trenta Bendinello di Buglione Rossiglioni fu un uomo politico di una certa levatura. Anziano nel 1331-32, nel 1334 e nel 1339, nel 1330 egli compare come membro di un enigmatico «consilium gebellinum», probabilmente una commissione con funzione consultiva, forse in ambito militare. Nello stesso anno egli fu uno dei tre «ratiocinatores lucani communis», incarico relativo alla gestione delle finanze comunali. In quegli stessi anni fece più volte parte di commissioni nominate dagli Anziani, soprattutto in relazione a problemi fiscali e finanziari.
Ancora nel 1330 un altro membro della famiglia, Puccino, ricoprì un altro incarico fiscale, quello di «provisor gabelle». Lo stesso Puccino fu anziano nel 1347, Guglielmotto, figlio di Bendinello, nel 1353, 1361 e 1373, Buglione, presumibilmente anch’egli figlio di Bendinello, nel 1350, 1352, 1356 e 1358. Complessivamente, fino al 1369, i Rossiglioni vantavano una buona posizione politica, anche se forse non erano collocabili tra le famiglie che godevano di maggiore visibilità. Dopo il 1330 le casate considerate aristocratiche, ovvero che avevano tra i propri membri cavalieri addobbati, furono escluse quasi totalmente dall’anzianato, anche se continuarono a esercitare una notevole influenza politica in altri modi. Questa esclusione aprì l’anzianato a un gruppo relativamente ampio di famiglie mercantili impegnate nei traffici internazionali. I Rossiglioni facevano parte a pieno titolo di questo ceto mercantile che ormai si identificava con l’anzianato.
L’impegno mercantile dei Rossiglioni in questi anni può essere solo intuito, a causa della situazione documentaria poco favorevole, ma è indubitabile. Guidotto Rossiglioni all’inizio degli anni Trenta era a Nîmes, e alla fine degli anni Quaranta operava tra Genova, Pisa e Avignone.
Per ragioni anagrafiche egli difficilmente può essere identificato con l’omonimo figlio di Guglielmotto di Bendinello, che faceva testamento, ancora in età giovanile, nel 1383. È possibile che il Guidotto degli anni Trenta fosse un altro figlio di Bendinello, dal quale il nipote ex fratre avrebbe preso il nome, come era consuetudine. Nei primi anni Trenta Michele Rossiglioni era a Parigi.
Il rilievo tanto economico quanto politico dei Rossiglioni doveva essere superiore a quanto fonti assai avare e una storiografia non molto ampia consentano di ricostruire. Negli anni Sessanta del Trecento essi si unirono con un doppio legame matrimoniale ai Guinigi. Nel 1365 Iacopa di Buglione Rossiglioni sposò Dino Guinigi, con una dote assai cospicua di 500 fiorini. Nei primi anni Sessanta Isabetta Rossiglioni, figlia di Bindoccio di Guglielmotto, andò in sposa a Lazzaro, figlio primogenito di Francesco di Lazzaro Guinigi. Nei primi anni Settanta Bendinello Rossiglioni, probabilmente figlio di Guglielmotto, operava all’interno della compagnia commerciale dei Guinigi.
Gli anni successivi alla fine della dominazione pisana (1369) furono caratterizzati dalla progressiva ascesa economica e politica dei Guinigi, in particolare proprio di Francesco di Lazzaro, che divenne l’uomo politico più influente di Lucca. In questi anni si formò la rete di sostegno dei Guinigi, che si trasformò presto in una vera e propria fazione la cui presa di potere, nel 1392, aprì le porte all’affermazione signorile di Paolo Guinigi, figlio di Francesco (signore dal 1400 al 1430). I rapporti assai stretti tra i due gruppi familiari lasciano pochi dubbi sul fatto che i Rossiglioni facessero parte di questa rete.
Il coinvolgimento dei Rossiglioni nel network dei Guinigi era anzi probabilmente ancora più ampio di quanto appaia a uno sguardo superficiale. Costanza, figlia di Bartolomea di Guglielmotto Rossiglioni e di Federigo Arnaldi, sposò Piero di Brunetto Pettinati (non è nota la data del matrimonio). Il padre di Piero, Brunetto, fu tra i membri più attivi della fazione dei Guinigi, e Niccolò Pettinati aveva sposato Filippa, figlia di Francesco Guinigi. Nei primi anni Settanta, cruciali per l’ascesa dello stesso Francesco, Guglielmotto Rossiglioni sedette costantemente nei consigli cittadini. È vero che nessuno dei Rossiglioni compare nella lista dei sostenitori della potente famiglia stilata da Dino Guinigi nel 1391. Questa lista tuttavia, che forse comprendeva i fedeli più accaniti, non esaurisce certo l’elenco dei fiancheggiatori sui quali i Guinigi potevano contare dentro i consigli e nelle istituzioni. Dopo la presa di potere della fazione nel 1392, d’altronde, Bendinello Rossiglioni partecipò attivamente alla politica cittadina.
Dopo la fine della signoria di Paolo Guinigi nel 1430 dei Rossiglioni si perdono le tracce. La famiglia, a quanto pare, non entrò a far parte del patriziato lucchese di età moderna.
Una delle cause potrebbe forse essere lo scarso successo riproduttivo che sembra caratterizzarla. In nessun momento del Trecento i Rossiglioni furono un gruppo familiare ampio e ramificato, a differenza di altre famiglie lucchesi, a cominciare dagli stessi Guinigi: e questo elemento, la possibilità di contare su un’ampia rete familiare, era cruciale per consolidare il successo sociale e politico in età tardomedievale.
Fonti e Bibl.: Lucca, Archivio di Stato, Dipl. S. M. Corteorlandini, 1266/18/12, 1267/19/03, 1347/04/06; Dipl. Archivio di Stato, 1290/24/08, 1295/23/03, 1349/08/05, 1383/03/08; Dipl. Recuperate, XIII sec.; Dipl. Compagnia della Croce, 1303/18/05; Dipl. Mazzarosa Cittadella, 1305/29/01; Dipl. S. Nicolao, ....1308; Dipl. Certosa, 1332/25/04, 1334/22/12; Dipl. Disperse, 1412/10/06, 1426/04/11; Dipl. Miscellanee, 1422/28/11, 1431/09/07; Notarile, n. 56, cc. 166, 278; Statuto del Comune di Lucca dell’anno MCCCVIII, Lucca 1867, p. 243; Documenti delle relazioni tra Carlo I d’Angiò e la Toscana, a cura di S. Terlizzi, Firenze 1949, nn. 827, 834, 844, 864; I registri della Cancelleria angioina. Ricostruiti da Riccardo Filangieri, con la collaborazione degli archivisti italiani, XLV, a cura di A. Scalera, Napoli 2000, pp. 99-102.
G.G. Matraia, Lucca nel milleduecento, Lucca 1843, p. 27; L. Mirot, Études lucquoises, in Bibliothèque de l’école des chartes, LXXXVIII (1927), pp. 59, 62; XCI (1930), p. 148; C. Meek, Lucca 1369-1400. Politics and society in an early Renaissance city-state, Oxford 1978, ad ind.; L. Green, Castruccio Castracani: a study on the origins and character of a fourteenth-century Italian despotism, Oxford 1986, ad ind.; I. Del Punta, Mercanti e banchieri lucchesi nel Duecento, Pisa 2004, p. 251; A. Poloni, Lucca nel Duecento. Uno studio sul cambiamento sociale, Pisa 2009, ad indicem.