Duca di Brescia (n. 606 - m. 652), al potere dal 636, rafforzò l'autorità regia contro le spinte separatiste e ampliò le conquiste sui territori bizantini. Il suo Editto del 643 (ispirato alle tradizioni longobarde e al diritto romano, e che fu la base per l'Edictum regum Longobardorum) garantì per iscritto l'assetto politico, sociale e patrimoniale del regno.
Della stirpe degli Harodi, fu eletto re (636) alla morte di Arioaldo. Riuscì a risollevare l'autorità centrale regia contro il separatismo dei duchi: ampliò le conquiste contro i Bizantini togliendo loro il litorale tirrenico da Luni alle Alpi e, nel Veneto, Oderzo. Ariano, rispettò però i cattolici; sposò Gundeberga, vedova del suo predecessore e figlia della regina Teodolinda. Il 22 nov. 643 R. emanò un editto (Editto di R.) col quale, alla vigilia di una grande spedizione contro i Bizantini (che avrebbe portato alla conquista della costa ligure e della città veneta di Oderzo), volle ricompattare il popolo-esercito dei Longobardi garantendo per iscritto l'assetto del regno, richiamandosi alle tradizioni della stirpe. L'editto ha le caratteristiche delle altre leges barbarorum e cioè rappresenta la codificazione delle antiquae leges patrum, accertabili attraverso il ricordo del re e degli antiqui homines, depositari delle tradizioni antiche. Non è però una semplice raccolta di consuetudini, perché vi è frequentemente espressa anche la volontà diretta del sovrano. L'editto di R. è considerato dal sovrano stesso come suscettibile di ampliamenti, che effettivamente sono intervenuti, sia per opera di R., sia dei suoi successori, particolarmente di Liutprando: il complesso dell'editto di R. e delle aggiunte e modificazioni apportate da Grimoaldo, Liutprando, Rachi e Astolfo, costituì l'Edictum regum Longobardorum. L'editto risente dell'influenza del diritto romano; più problematica è l'influenza delle antiche leggi degli Ostrogoti, giacché queste ultime sono andate perdute.