GIOSUÈ, Rotulo di
Denominazione convenzionale del manoscritto miniato conservato a Roma (BAV, Pal. gr. 431) contenente, nella sua attuale estensione, ventisette illustrazioni che rappresentano altrettante scene o gruppi di scene tratte dalla prima metà del libro di G. nell'Antico Testamento (conquista della regione a O del Giordano da parte degli Israeliti sotto la guida di G.).Questo rotulo è oggi costituito da quindici fogli pergamenacei, originariamente incollati l'uno all'altro, la cui larghezza varia tra i mm. 300 (foglio III) e i 315 (foglio VII); la lunghezza dei singoli fogli oscilla tra i mm. 505-520 del foglio IV e gli 895 del foglio XIII; la lunghezza del rotulo nella sua attuale estensione raggiunge mm. 10.638. Esso è mutilo all'inizio e alla fine: parecchi fogli, infatti, sono andati perduti sia prima del foglio I sia dopo il foglio XV, che a sua volta è conservato solo per metà (mm. 420). Non è più possibile ricostruire con certezza le dimensioni originarie; l'opinione di Weitzmann (1948, p. 89ss.), secondo cui il rotulo di G., prima di essere danneggiato, aveva inizio con la rappresentazione di Mosè sul monte Nebo e con la raffigurazione della sua morte (Dt. 34) e poteva concludersi con la sanzione definitiva della presa di possesso da parte degli Israeliti della regione occidentale del Giordano (Gs. 11), rimane un'ipotesi a tutt'oggi non verificata. È sicuro che il rotulo di G. possedeva già le dimensioni attuali intorno al 1300, allorché esso fu utilizzato (assai verosimilmente a Costantinopoli) dall'artista che miniò l'Ottateuco atonita (Vatopedi, 602/515) per correggere e integrare il suo modello diretto (Roma, BAV, Vat. gr. 746).Le ventisette scene, singole e a gruppi, sono di regola allineate l'una con l'altra in forma di fregio continuo; tuttavia, in alcuni gruppi di scene (per es. le scene 21 e 23) l'effetto della disposizione a fregio viene spezzato dall'inserimento di un ulteriore spazio d'immagine, in modo da movimentare la rappresentazione. Le scene e i gruppi di scene, che si presentano di lunghezza diseguale (per es. scena 26, mm. 1370 ca.; scena 18, mm. 180 ca.), sono separate le une dalle altre da elementi paesaggistici (alberi, pendii montuosi) o motivi architettonici (basi, colonne, ecc.); la delimitazione delle singole scene e dei singoli fogli non è di regola la stessa. Al di sotto di ogni scena (talvolta anche all'interno) si trovano excerpta, in taluni casi anche molto abbreviati e di lunghezza irregolare, tratti dal testo corrispondente della versione dei Settanta e utilizzati per 'commentare' in certo qual modo ciascuna rappresentazione. Tali excerpta sono vergati da un'unica mano in una maiuscola (con alcune mescolanze di forme minuscole) sciolta e leggermente inclinata verso destra, che può essere datata alla metà del sec. 10° ca.; le immagini e il testo che le accompagna formano un'unità assai ben armonizzata. Alla stessa mano va anche fatta risalire gran parte delle didascalie e delle scritte esplicative riferentisi a singole figure o gruppi di persone; alcune di queste scritte (per es. scena 10, foglio VI), tracciate in uno stile grafico diverso e con un tipo di maiuscola ad asse diritto e arcaizzante, con tendenza verso forme ornamentali, sono probabilmente opera di un'altra mano, sempre operante comunque alla metà del 10° secolo.L'illustrazione degli eventi biblici, fortemente compressi e abbreviati rispetto al testo completo dei Settanta, si sviluppa in un monocromo per lo più di qualità assai elevata, a inchiostro marrone cangiante talvolta verso tonalità marrone-grigio con raffinate gradazioni di chiaroscuro (per es. il gruppo dei sacerdoti che suonano le trombe nella scena 9). Inoltre, in quasi tutte le scene è aggiunta un'ulteriore colorazione delle vesti o di parti di esse, di armi, elmi, elementi architettonici e paesaggistici; predominanti sono un blu intenso e un viola con sfumature marroni e occasionalmente si aggiunge anche un tenue grigio-blu. Delicate lumeggiature in bianco, presenti sia nelle sezioni realizzate in monocromo (per es. gli alberi delimitanti la scena 8) sia nelle parti acquerellate (scena 12), appaiono utilizzate per sottolineare contorni e per rafforzare l'impressione di plasticità. L'opinione secondo la quale in questo caso sarebbero state all'opera a turno e in successione cronologica diverse mani (Josua-Rolle, 1984, p. 66ss.) non appare verosimile; in ogni caso, il fregio monocromo è da attribuire a un unico artista.Soprattutto dall'analisi di molteplici dettagli iconografici - oltre ai motivi architettonici e ai particolari dell'abbigliamento e dell'armamento, specialmente le numerose personificazioni di singole città, divinità montane e fluviali - in passato gli studiosi hanno datato il rotulo al 5°-6° o 7°-8° secolo. Grazie soprattutto alle ricerche di Weitzmann (1948), tuttavia, è ormai accertato che il rotulo di G. - in tutte le sue parti, apparato illustrativo e relative didascalie - sia da porre cronologicamente intorno alla metà del sec. 10°; altrettanto sicura è la sua localizzazione a Costantinopoli. Non condivisibile è invece l'opinione dello stesso studioso secondo la quale questo prodotto, anche nella sua forma fisica di rotulo, sarebbe una creazione originale della c.d. rinascenza macedone, che, basandosi sulle miniature di un manoscritto dell'ottateuco e grazie all'impiego aggiuntivo di diversi 'elementi scenici mobili' (per es. le personificazioni mutuate da codici mitologici), avrebbe realizzato, per così dire, una trasposizione del fregio continuo illustrato presente sulle antiche colonne trionfali.Il rotulo di G., così come è conservato, risale senza dubbio a un modello più antico, anch'esso nella forma di rotulo (Lowden, 1992, p. 116), sulla cui esatta entità e datazione non è però possibile affermare nulla di certo. L'ipotesi che questo modello perduto illustrasse soltanto la prima metà del libro di G. e che fosse stato prodotto durante il periodo di regno dell'imperatore Eraclio (610-641), al fine di simboleggiare attraverso gli eventi biblici - la conquista della Terra Promessa da parte degli Israeliti - i successi dell'imperatore nelle battaglie contro i Persiani in Terra Santa (Lowden, 1992, p. 107, n. 15), è altrettanto indimostrabile quanto l'opinione secondo la quale la copia di questo ignoto modello, vale a dire appunto il rotulo di G., sarebbe stata approntata nell'intento di celebrare la vittoriosa avanzata dei Bizantini in Siria nel corso del sec. 10° e di glorificare l'imperatore bizantino come 'nuovo G.' (Shapiro, 1949). Di notevole interesse risulta la tesi di Lowden (1992, p. 118), il quale sostiene che la ragione principale che spinse alla realizzazione del rotulo di G. sia da ricercare in quello sforzo di conservazione antiquaria del patrimonio culturale greco più antico che caratterizzò in maniera così decisiva il periodo di regno dell'imperatore Costantino VII Porfirogenito (913-959). Infatti, l'artista del rotulo aveva il compito di riprodurre il modello in maniera quanto più possibile precisa, quasi nella forma di un 'facsimile'. Egli dovette adempiere questo incarico tanto fedelmente da non inserire nulla di proprio in quei punti dove il suo modello era danneggiato, bensì riprodurre pedissequamente ciò che vedeva, o credeva di vedere, come per es. nel caso della fune mancante nell'immagine dell'esecuzione del re di Ai (Kresten, 1990).Se come 'facsimile' di un modello più antico il rotulo di G. perde la sua posizione di rilievo, quale originale produzione artistica della rinascenza macedone, esso resta comunque un testimone di qualità assai elevata dell'arte bizantina alla metà del 10° secolo.Il problema della datazione del modello del rotulo di G. è connesso in maniera inscindibile con la questione riguardante il rapporto dell'opera con le miniature degli ottateuchi bizantini illustrati (Roma, BAV, Vat. gr. 747; Vat. gr. 746; Smirne, Scuola Evangelica, Cod. A. I, distrutto; Istanbul, Topkapı Sarayı Müz., 8; Athos, Vatopedi 602/515), i quali mostrano una grossa vicinanza iconografica con il rotulo di G. per le parti che anch'esso riproduce. La posizione di Lowden (1992), che spiega tale parentela con l'utilizzazione del rotulo di G. quale diretto modello, almeno per queste sezioni, da parte del manoscritto che costituì poi a sua volta il 'modello comune' degli ottateuchi bizantini illustrati, dovrebbe essere ulteriormente verificata. In linea di principio è ipotizzabile che questo modello comune derivasse anch'esso dall'antigrafo del rotulo di G., sulle cui dimensioni originarie, come già osservato, non è possibile tuttavia affermare nulla di preciso. Inoltre, andrebbe meglio chiarita anche la questione delle relazioni del rotulo di G. con l'iconografia, praticamente identica, di diverse scene tratte dal libro di G. presenti su due cassettine d'avorio (New York, Metropolitan Mus. of Art; Londra, Vict. and Alb. Mus.; Goldschmidt, Weitzmann, 1930, figg. 1-4), generalmente datate al sec. 10°, così come con le rappresentazioni della storia di G. riscontrabili nella pittura monumentale (per es. nel katholikón di Hosios Lukas; Connor, 1991, fig. 94), oppure con oggetti di alto artigianato artistico, come per es. la croce processionale d'argento attribuita, forse erroneamente, al corredo del patriarca di Costantinopoli Michele I Cerulario (Mango, 1988, p. 42).Sconosciuta è la storia più antica del rotulo di G.: intorno al 1300 esso si trovava assai verosimilmente ancora a Costantinopoli, ma da quel momento si perdono le sue tracce fino al 1571, anno in cui il rotulo è attestato come patrimonio della biblioteca di Ulrich Fugger ad Augusta. Di lì esso giunse nel 1584 nella bibliotheca palatina a Heidelberg, per essere poi trasportato a Roma nel 1623, assieme agli altri codices palatini, frutto del bottino di Massimiliano I di Baviera, quale dono a papa Gregorio XV.
Scena 1 (foglio I, a sinistra): la prostituta Raab aiuta gli esploratori israeliti a fuggire da Gerico (scena non più conservata); gli esploratori si nascondono sulla montagna boscosa (Gs. 2, 15-16). Scena 2 (foglio I, al centro): inseguimento degli esploratori (Gs. 2, 22). Scena 3 (fogli I, terza parte a destra, e II, terza parte a sinistra): gli Israeliti marciano in direzione del Giordano; i sacerdoti con l'arca dell'alleanza precedono il popolo d'Israele guidato da G. (Gs. 3, 5-6). Scena 4 (foglio II, al centro): i sacerdoti con l'arca dell'alleanza nel letto prosciugato del Giordano; raccolta delle dodici pietre (Gs. 3, 17; 4, 1-3, 8). Scena 5 (fogli II, terza parte a destra, e III, terza parte a sinistra): trasporto delle dodici pietre e continuazione della marcia da parte degli Israeliti (Gs. 4, 11-13). Scena 6 (foglio III, al centro): G. innalza a Galgala il monumento con le dodici pietre (Gs. 4, 20-22). Scena 7 (fogli III, terza parte a destra, e IV, margine sinistro): circoncisione degli Israeliti sul βουνὸϚ τῶν ἀϰϱοβυστιῶν (Gs. 5, 2-3). Scena 8 (foglio IV, al centro): G. e l'arcangelo di fronte a Gerico (Gs. 5, 13-15). Scena 9 (fogli IV, margine destro, V, per intero, e VI, margine sinistro): i figli d'Israele, i sacerdoti con l'arca dell'alleanza, i sacerdoti con le trombe di corno di montone e G. dinanzi a Gerico; conquista e distruzione di Gerico (Gs. 6, 20-21). Scena 10 (foglio VI, al centro): G. invia esploratori ad Ai (Gs. 7, 2). Scena 11 (foglio VI, a destra): partenza (o ritorno) degli esploratori (Gs. 7, 2-3). Scena 12 (foglio VII, terza parte a sinistra): rapporto degli esploratori al cospetto di G. (Gs. 7, 3). Scena 13 (foglio VII, al centro): inizio della marcia dei tremila Israeliti in direzione di Ai (Gs. 7, 4). Scena 14 (fogli VII, terza parte a destra, e VIII, terza parte a sinistra): sconfitta degli Israeliti dinanzi ad Ai (Gs. 7, 5). Scena 15 (foglio VIII, al centro): preghiera di G. e degli anziani (Gs. 7, 6, 10-11). Scena 16 (fogli VIII, terza parte a destra, e IX): G. conduce il giudizio nei confronti di Acan (Gs. 7, 19-20). Scena 17 (fogli IX, centro e terza parte a destra, e X, margine sinistro): Acan viene trascinato verso il luogo dell'esecuzione; lapidazione di Acan e della sua famiglia (Gs. 7, 24-26). Scena 18 (foglio X, a sinistra): promessa a G. della conquista di Ai (Gs. 8, 1). Scena 19 (foglio X, centro verso sinistra): partenza degli Israeliti verso Ai (Gs. 8, 3). Scena 20 (fogli X, metà di destra, e XI, margine sinistro): battaglia per la conquista di Ai; distruzione della città (Gs. 8, 18-22). Scena 21 (foglio XI, metà di sinistra): cattura, umiliazione ed esecuzione del re di Ai (Gs. 8, 23-24, 28-29). Scena 22 (foglio XI, centro verso destra): G. e gli Israeliti di fronte all'altare sul monte Ebal (Gs. 8, 30-31). Scena 23 (fogli XI, quinta parte a destra, e XII, terza parte a sinistra): corteo degli emissari della città di Gabaon; gli emissari al cospetto di G. (Gs. 9, 6, 9-13). Scena 24 (foglio XII, al centro): nuova legazione della città di Gabaon da G. per implorare aiuto militare contro i re degli Amorrei (Gs. 10, 6). Scena 25 (fogli XII, quarta parte a destra, e XIII, primi due terzi): battaglia vittoriosa contro l'esercito dei re degli Amorrei; la preghiera di G. fa arrestare il sole e la luna (Gs. 10, 9-14). Scena 26 (fogli XIII, terza parte a destra, XIV, per intero, e XV, metà di sinistra): G. ordina l'inseguimento dei re degli Amorrei in fuga; cattura e umiliazione dei re (Gs. 10, 16-17, 22-26). Scena 27 (foglio XV, metà di destra): i cinque re degli Amorrei giustiziati (Gs. 10, 26).
Bibl.:
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