Ruanda
Geografia umana ed economica
di Anna Bordoni
Stato dell'Africa centro-orientale. Il R. (8.162.715 ab. al censimento del 2002) deve far fronte a un elevato ritmo di crescita (nel 2006 il tasso di fertilità è stato di 5,4 nati per donna) che, oltre alle ovvie conseguenze sotto il profilo economico, ha un forte impatto sulle condizioni sanitarie della popolazione. Inoltre l'AIDS, la malaria e la tubercolosi sono realtà ancora molto presenti (nel 2005 il 3,1% dei ruandesi tra i 15 anni e i 49 anni era affetto dalla sindrome da immunodeficienza acquisita) e hanno determinato un abbassamento della speranza di vita alla nascita, un aumento dei tassi di mortalità e di mortalità infantile e un cambiamento della distribuzione della popolazione per sesso e classe d'età.
Dalla fine della guerra civile interetnica (1994), malgrado le tensioni siano rimaste ancora vive, l'economia del R. ha conosciuto una lenta ma progressiva crescita (tra il 1995 e il 2004 l'incremento del PIL è stato, in termini reali, del 7,7% annuo), che ha permesso al Paese di recuperare i livelli precedenti il 1994, ma che non ha coinvolto la maggior parte della popolazione rurale ed è dipesa in larga parte dagli aiuti internazionali. Rimane scarsa la diversificazione delle attività produttive, penalizzate peraltro da una cronica carenza di energia elettrica, e l, soggetta tuttavia agli eventi climatici, continua a essere preponderante, in quanto rappresenta oltre il 40% del PIL e assicura più dei due terzi delle esportazioni (caffè e tè). Il settore è oggetto dei piani governativi di sviluppo, che hanno come obiettivi l'aumento della produttività, l'estensione della superficie coltivabile e l'intensificazione dei rapporti commerciali con l'estero. L'industria è debolissima e comprende piccoli stabilimenti di trasformazione dei prodotti agricoli, cementifici e manifatture di tabacco. Le risorse minerarie (come gas naturale, oro, cassiterite) sono poco sfruttate anche a causa della mancanza sia di investimenti sia di infrastrutture di comunicazione (meno del 10% delle strade è asfaltato e non esiste una rete ferroviaria).
Storia
di Silvia Moretti
Alle soglie del 21° sec. si avviava nel Paese la normalizzazione della vita politica. Prima tappa furono le elezioni amministrative del marzo 2001, che fecero registrare un'alta partecipazione al voto e l'elezione di candidati presentatisi tutti su base non partitica; svoltesi regolarmente secondo gli osservatori dell'ONU, le elezioni furono comunque contestate da alcune organizzazioni umanitarie per la presenza di un unico candidato in molte circoscrizioni elettorali. Sul fronte giudiziario proseguiva l'azione del Tribunale penale internazionale delle Nazioni Unite per i crimini del R., con sede ad Arusha (Tanzania): le lentezze del Tribunale nell'istruire e portare a conclusione i processi, a dispetto di un altissimo budget annuale, ma soprattutto lo sradicamento di questo dalle comunità e dai villaggi ruandesi rendevano difficile avviare un reale processo di riconciliazione nazionale per adempiere al quale le autorità ruandesi decisero di rivitalizzare i gacaca (lett. "l'erba sulla quale si sedevano i vecchi saggi per risolvere i piccoli conflitti contadini"), antichi tribunali popolari ripensati sulla base dei principi ispiratori della Commissione per la verità e la riconciliazione (1995-1998) voluta da N. Mandela nella Repubblica del Sudafrica. Secondo questi principi solo la pubblica confessione dei crimini, la richiesta del perdono e la condanna a una punizione esemplare aprivano la strada alla possibile riabilitazione, fondamento etico di una comunità nuovamente coesa. Il governo ruandese, costretto a fare i conti con la cronica mancanza di fondi per istruire il personale giudiziario e di polizia e per costruire nuove carceri - insufficienti a contenere gli oltre 115.000 detenuti in attesa di processo per i crimini commessi nel 1994 e relativi al massacro di oltre 800.000 Tutsi e Hutu moderati - decise così di designare oltre 250.000 giudici (eletti dal popolo) per i gacaca, competenti a giudicare tutti coloro che si erano macchiati di reati meno gravi, comminando comunque pene fino al carcere a vita. Ma non mancarono le critiche da parte di alcune organizzazioni umanitarie che contestavano la nomina di circa 600-700 giudici coinvolti essi stessi a vario titolo nel genocidio e ritenevano parziali le procedure di giudizio di questi tribunali popolari e non sufficientemente tutelati gli stessi imputati, spesso vittime di linciaggi e costretti alla fuga dal Paese. Dopo un periodo di rodaggio, i gacaca, operativi dal 2002, permisero l'istruzione di numerosi processi; in quello stesso anno, nel mese di aprile, si apriva ad Arusha il processo al colonnello T. Bagosora, considerato uno dei maggiori responsabili dei massacri insieme ad altri tre ufficiali, per accertare le responsabilità dei vertici dell'esercito nella pianificazione degli omicidi di massa.
La vita politica interna, dominata dal Front patriotique rwandais (FPR), lasciava poco spazio a qualsiasi forma di opposizione. Nel maggio 2003 la bozza di costituzione che prevedeva la formazione di un parlamento bicamerale e l'elezione del presidente a suffragio universale venne approvata a larghissima maggioranza mediante referendum; nel giugno dello stesso anno la costituzione entrava in vigore bandendo dalla competizione politica qualsiasi formazione fondata sull'appartenenza etnica, religiosa, ecc. Nell'agosto le elezioni presidenziali furono vinte con il 95,5% dei voti dal presidente P. Kagame, vittorioso sui due sfidanti Hutu, obbligati a partecipare come indipendenti per il bando comminato ai partiti su base etnica. Le elezioni legislative di settembre, le prime dal genocidio, videro il successo scontato del FPR (33 seggi). Rispettivamente 7 e 6 seggi si aggiudicarono il Parti social-démocrate e il Parti libéral. Erano 24 seggi (su 80 complessivi) previsti dalla costituzione per la rappresentanza femminile, eletta indirettamente a livello provinciale.
Tra il 2005 e il 2006, mentre si intensificavano i procedimenti giudiziari del Tribunale di Arusha e dei gacaca (all'inizio del 2006 risultavano oltre 4.200 i casi esaminati da questi ultimi) emergevano alcuni casi di connivenza della Chiesa cattolica ruandese nel massacro. Andavano deteriorandosi anche i rapporti della Francia con il regime di Kigali, che nel novembre 2006 interrompeva le relazioni diplomatiche per le accuse lanciate da un tribunale francese nei confronti di alcuni ufficiali vicini a Kagame, presunti responsabili dell'assassinio dell'ex presidente J. Habyarimana nell'aprile 1994.
Sul piano internazionale i primi anni del 21° sec. fecero registrare una pausa nell'alta conflittualità regionale; nel luglio 2002, con la firma degli accordi di pace tra il R. e la Repubblica democratica del Congo (RDC), si segnava una svolta decisiva verso la soluzione pacifica del conflitto che aveva visto coinvolte dapprima come alleate, poi come nemiche, il R. e l'Uganda sul suolo congolese nella lunga guerra che aveva devastato la RDC. L'accordo, seguito dal ritiro delle truppe ruandesi, pose un freno alle mire di Kigali verso il Kivu e l'Ituri, le ricche province orientali della RDC al confine con il R.; nuovi episodi di guerriglia nel corso del 2004 e 2005 vedevano però nuovamente coinvolte le truppe ruandesi in appoggio alle fazioni ribelli congolesi.
bibliografia
M. Mamdani, When victims become killers. Colonialism, nativism and the genocide in Rwanda, Princeton (NJ) 2001; L. Melvern, Conspiracy to murder. The Rwandan genocide, London-New York 2004.