BISACCIA, Rubaldo
Mancano notizie sulla sua famiglia, che non è annoverata tra le nobili di Genova, né si conosce la data della sua nascita. La prima notizia su di lui sembra quella del febbraio 1149, quando fu eletto console con altri cinque cittadini, tra cui l'annalista Caffaro.
Genova usciva proprio in quel rnomento dall'impresa di Tortosa contro i Saraceni di Spagna con le finanze dissestate. Per sovvenzionare tale guerra era, infatti, dovuta ricorrere a un grosso prestito, fornito da alcuni banchieri piacentini, ed era urgente provvedere al più presto alla estinzione del debito. A tale fine i nuovi consoli adottarono il sistema, già in precedenza usato in analoghe circostanze, di ricorrere a prestiti di cittadini, ai quali veniva in cambio ceduto il diritto di riscossione di pubbliche entrate.
Così, nel febbraio, il B. e i suoi colleghi cedevano, per diciannove anni, a una compagnia genovese gli introiti di tutti i dazi sulle merci, tranne quelli sulle mandorle e sul sevo, dietro pagamento di 1301 lire genovesi. Qualche mese più tardi concedevano a un altro consorzio di privati, per ventinove anni, l'appalto e la riscossione dei dazi da prelevare nel porto, i proventi del pedaggio di Gavi e delle monete d'oro, ottenendone in cambio la somma di 1200 lire. Infine, nel gennaio 1150, poco prima della scadenza del mandato, cedevano, per 400 lire, l'appalto dei banchi di cambio per ventinove anni.
L'estinzione del debito non fu l'unico problema del primo consolato del Bisaccia. Egli - che compare nel 1149 nell'atto con cui il Comune concedeva ai cittadini di Ventimiglia libertà di commercio in Genova a titolo di riconoscimento per l'aiuto fornito nel corso dell'impresa di Tortosa e che nel gennaio 1150 decideva, insieme con i suoi colleghi, di riunire la terza parte dell'isola di Tortosa alle altre due parti già prima possedute - partecipò alla decisione di stipulare con Pisa il trattato del 17 apr. 1149.
Il motivo per cui le due città rivali stabilivano di sospendere la lotta, che ormai da anni si era accesa tra di loro, deve essere individuato nella crisi che travagliava entrambe: crisi economica per Genova, provocata, come si è visto, dall'impresa contro i Saraceni; crisi politica per Pisa, il cui dissidio con Lucca era andato peggiorando in seguito all'alleanza stretta da quest'ultima con Firenze e Pistoia. Entrambe, dunque, desideravano un po' di tranquillità nei reciproci rapporti. Il trattato l'assicurava per ventinove anni, ma - particolare importante per lo sviluppo futuro delle relazioni tra le due città - escludeva esplicitamente una sistemazione dei reciproci interessi sulla Sardegna, nei cui riguardi i contraenti si dichiaravano liberi di agire.
Il B. fu di nuovo chiamato al consolato nel 1152, e in tale veste lo troviamo, fra l'altro, presente all'atto con cui veniva ceduto, dietro versamento di 50 lire genovesi, il canone annuo, il castello e il pedaggio di Rivarolo, sempre al fine di estinguere il debito acceso per l'impresa di Tortosa. Finito il mandato nel febbr. 1153, il B. non coprì alcuna magistratura fino al 1159, quando venne nuovamente eletto console. In quell'anno fu portata a termine la potente cinta muraria, iniziata qualche tempo prima in occasione della discesa dell'imperatore Federico I in Italia. Nel settembre i consoli si accordarono con Lucca per consegnarle tutti i quantitativi di sale ad essa necessari: ciò è un sintomo della ripresa ostilità tra Genova e Pisa, tradizionale rivale di Lucca.
Eletto console per la quarta volta nel 1162, il B. fu uno degli artefici del trattato stipulato il 9 giugno con Federico I.
Genova aveva cercato di conservare fino ad allora una posizione il più possibile neutrale nel conflitto tra l'imperatore e il pontefice, al quale ultimo, però, continuava a manifestare formale devozione. Ma il 6 apr. 1162 Federico I aveva stretto con Pisa un trattato con cui otteneva l'aiuto della città toscana per l'impresa contro il Regno di Sicilia e in cambio accordava ampie concessioni e s'impegnava a fornirle il suo aiuto in caso di guerra a Genova. Quest'ultima dovette, perciò, correre ai ripari. Con l'accordo del 9 giugno prestava fedeltà all'imperatore, che in compenso le infeudava l'intero litorale ligure. Il trattato è importante non solo per le sue implicazioni politiche, ma anche perché con esso l'imperatore dava pieno riconoscimento all'autonomia di Genova, riconoscimento che gli altri Comuni otterranno solo dopo la pace di Costanza.
Ancora console nel 1164, il B. fu presente nel settembre all'atto con cui Barisone d'Arborea, dopo aver ricevuto nell'agosto a Pavia l'infeudazione della Sardegna col titolo di re da Federico I, otteneva da Genova la somma richiesta dall'imperatore per l'investitura e in compenso sottoscriveva numerosi impegni nel confronti del Comune ligure. Nel giugno il B. aveva rappresentato Genova, insieme con un altro console, Balduccio Usodimare, nella cessione del poggio di Figarolo fatta a favore della città da Marchisino di Lorsica.
Intanto, a partire dal 1162, erano riprese le ostilità con Pisa. Nel 1167 il B., di nuovo console, fu inviato al comando di quattro galee verso la Provenza in aiuto di Oberto Spinola, che con le sue sette galee rischiava di soccombere, nei pressi di Monaco, alle preponderanti forze navali. Insieme con lui attaccò i Pisani, riuscendo a metterli in fuga.
L'episodio segnò la fine dei combattimenti per il 1167: Pisa interrompeva infatti la lotta con Genova per accorrere in aiuto di Federico I che assediava Ancona. Ma si trattava solo di una breve tregua: quando nel 1172 il B. fu di nuovo nominato console, la guerra contro Pisa era in pieno sviluppo. In quell'anno giunse a Genova Cristiano di Magonza, cancelliere dell'imperatore Federico Barbarossa, per assicurare Genovesi e Lucchesi dell'aiuto imperiale contro Pisani e Fiorentini; i Genovesi armarono allora sei galee, dandone il comando al Bisaccia. In uno dei tanti scontri egli catturò tre navi pisane. Questo episodio dovette avvenire prima del settembre 1172, perché il 2 di questo mese egli rinnovava, insieme con gli altri consoli, un accordo tra Genova e Pontremoli.
Nominato, con alcuni cittadini, senatore della Repubblica, il B. fu eletto ancora console nel 1175 e partecipò quindi alla decisione di stipulare con Pisa la fine della guerra. Il trattato, firmato il 6 novembre, rappresentava una vittoria per Genova, che vedeva riconosciuti i suoi diritti sulla Sardegna e sulla costa mediterranea da capo Salon in Spagna a capo Noli. Il 20 ott. 1177 era, poi, tra i consoli che stipulavano una tregua di ventinove anni con Venezia. Di nuovo console nel 1181, si ritirò poi a vita privata, da cui fu tratto nel 1192 allorché venne chiamato per l'ultima volta al consolato.
Questa sua elezione deve essere collegata agli avvenimenti interni del Comune genovese degli ultimi anni, caratterizzati dall'acuirsi delle lotte tra le fazioni cittadine. Tale situazione aveva indotto i Genovesi a sospendere nel 1190 la magistratura dei consoli e a nominare in loro vece un podestà nella persona del bresciano Manegoldo del Tettuccio; ma l'innovazione non aveva raggiunto il fine di frenare le fazioni cittadine, anzi alla scadenza del mandato di Manegoldo la lotta era ripresa con maggior vigore. Si pensò allora di far rivivere il consolato chiamando a ricoprire la carica persone che fossero al di sopra delle parti in lotta.
Il 4 luglio 1192 il B. rappresentò il Comune nella transazione con Guglielmo marchese di Gavi, che cedette la sua casa in Genova, ricevuta dall'imperatore Federico Barbarossa: con l'atto i consoli vollero probabilmente allontanare, subito dopo la morte dell'imperatore, ogni ingerenza forestiera nella vita della città. I consoli genovesi continuarono anche la politica di espansione in Oriente, e il 2 agosto ratificarono il trattato, stipulato nel 1170 con l'imperatore Emanuele Comneno, per la difesa comune contro i Musulmani. Inoltre presero provvedimenti contro alcune città della Riviera di Ponente, che si erano emancipate dai loro signori feudali e si erano date alla pirateria. Approfittando di questa circostanza, essi iniziarono la penetrazione genovese in quella zona mediante una serie di accordi con i signori locali: il 17 dicembre 1192 il B. e gli altri consoli promisero aiuto a Guglielmo, figlio di Ottone conte di Ventimiglia, e a Bonifacio, marchese di Clavesana, i quali s'impegnavano a non armare, e a impedire che altri armassero, navi contro Genova.
Questi due trattati sono l'ultima testimonianza dell'attività pubblica, e anche della vita del B., a meno che non si debba identificarlo con un Rubaldo Bisaccia, con cui un tale Giovanni di Poterone contrae una societas nel 1198 (Notaio Bonvillano 1198, a cura di J. E. Eierman-H. G. Krueger-R. L. Reynolds, in Notai liguri del, sec. XII, III, Torino 1939, doc. 66, p. 32).
Scarsissime sono le notizie sulla vita privata del B.: si sa solo che ebbe un figlio, Bisacio o Bisacino, anch'egli console.
Fonti e Bibl.: Annali genovesi di Caffaro e continuatori, I, a cura di L. T. Belgrano, Roma 1900, in Fonti per la storia d'Italia, XI, pp. 36-37, 53-55, 64-66, 157, 201-205, 246-251; II, a c. di C. Imperiale di Sant'Angelo, ibid. 1901,ibid., XII, pp. 7-11, 13, 15, 42; Codice dipl. della Repubbl. di Genova, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, I, ibid. 1936,ibid., LXXVII; II, ibid. 1938,ibid., LXXIX; III, ibid. 1942,ibid., LXXXIX,ad Indices; Notaio Guglielmo Cassinese (1190-1192), a cura di M. W. Hall-H. G. Krueger-R. L. Reynolds, in Notai liguri del sec. XII, II, 2, Torino 1938, doc. n. 1400, pp. 112 s.; C. Imperiale di Sant'Angelo,Caffaro e i suoi tempi, Torino-Roma 1894, pp. 333-335; E. Bach,La cité de Gênes au XIIe siècle, København 1959, p. 159.