MERELLO, Rubaldo
– Nacque il 16 luglio 1872 a Montespluga, frazione di Isolato (oggi Comune di Madesimo), in provincia di Sondrio, dove il padre Pietro, ispettore doganale di antiche origini genovesi, era stato temporaneamente trasferito.
Stabilitosi a Genova con la famiglia nel 1881, il M. seguì gli studi classici per poi frequentare, tra il 1888 e il 1892, l’Accademia Ligustica di belle arti.
Della sua formazione accademica, ancora da indagare, è noto che ottenne numerose menzioni onorevoli e una medaglia, che ebbe come professori di disegno geometrico e decorativo G. Zandomeneghi e G. Ratto e come compagni di corso gli scultori P. Albino ed E. De Albertis e il pittore D. Bardinero (Rocchiero). È ipotizzabile inoltre che abbia seguito in Accademia i corsi dello scultore G. Scanzi, per il legame instaurato con numerosi suoi allievi, come G.B. Bassano, E. Baroni e G. Giglioli e i già menzionati Albino e De Albertis e per il fatto che il M. nella fase iniziale della sua attività si dedicò principalmente alla scultura. Terminati, con ottimi risultati, gli studi accademici, aprì un proprio studio a Genova-Nervi, in un capannone situato nella salita alberata prospiciente la chiesa parrocchiale (De Gaufridy, 1950, p. 11).
Nel 1894 la sua partecipazione alla IIEsposizione triennale di Brera, tenutasi in concomitanza con le Esposizioni riunite, costituì il suo esordio espositivo.
Il M. vi presentò l’opera Finis, modello in gesso di monumento funerario (Brera…1894). Fu un inizio piuttosto promettente, poiché l’opera fu menzionata da Fortis fra i migliori pezzi di scultura funeraria presenti in mostra, nella sua relazione redatta su incarico del ministero della Pubblica Istruzione. A questo incoraggiante esordio fece però seguito un silenzio della critica sull’attività del M. durato oltre un decennio, motivato forse, almeno in parte, dal rifiuto, non documentato, opposto all’artista dalla giuria d’accettazione della I Biennale di Venezia, nel 1895. Tale rifiuto fu inoltre, secondo i contemporanei, una delle maggiori cause del suo ostinato isolamento (De Gaufridy, 1950, p. 15).
Dopo la Triennale milanese del 1894 il M. partecipò nuovamente a un’esposizione pubblica solo nel 1906; si ha come unica testimonianza del perdurare della sua attività di scultore in tale decennio un documento relativo a un cippo funerario eseguito per il cimitero di Staglieno nel 1896 (R. M., 1990, p. 15 n. 8). Il primo dipinto noto del M. è un Paesaggio (collezione privata) che nel 1898 fu acquistato dall’onorevole P. Guastavino, primo collezionista del M., ed è un’opera che mostra già una matura e personale elaborazione del linguaggio divisionista.
Si suppone che siano antecedenti alcuni piccoli dipinti di paesaggio, quali la tela Alberi a punta Chiappa (1895 circa, collezione privata), ancora legata al tonalismo di E. Rayper e della Scuola grigia genovese, e dunque alla tradizione accademica, anche se con una più libera cromia. Scogli e Costa (entrambi in collezione privata), databili fra 1896 e 1898, sono frutto di un momento appena successivo, corrispondente all’adozione della tecnica divisionista e del colore a filamenti tipico delle opere di G. Segantini. Al 1897 risale il disegno a sanguigna intitolato La generazione del male (Genova, collezione privata), vicino al simbolismo di G. Previati e al linearismo di gusto liberty dei divisionisti lombardi. Il conflitto fra bene e male, tema cardine del simbolismo del M., è qui raffigurato nella mitica Echidna, gran madre del Male, generatrice di mostri e chimere, che sprigiona dal volto bellissimo e dallo sguardo seducente la luce falsa che affascina e uccide; una luce maligna simboleggiata dal sibilante rettile partorito dal suo occhio destro, destinato a colpire l’uomo, soggiogato dall’eterno femminino (Rocchiero, p. 17). Il debito nei confronti di Previati è evidente anche nei fogli Donna con bambino (Alessandria, collezione privata) e Figura di donna (Novara, Galleria d’arte moderna P. e A. Giannoni), da ritenersi strettamente coevi.
Due disegni a matita di Alberi controluce (entrambi Alessandria, collezione privata) presentano soluzioni analoghe a quelle di G. Pellizza da Volpedo, maestro che fu un altro importante punto di riferimento per l’arte del M. negli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento. Determinante fu l’apporto di P. Nomellini, attivo in quegli anni a Genova, dal quale il M. derivò un divisionismo non scientifico ma «istintuale» e una componente simbolista di matrice spiritualista. Questa tendenza emerge con chiarezza nelle sue sculture e nella sua vasta produzione grafica, da sempre considerata come separata e parallela rispetto alla pittura. Il M. legò al disegno e alla scultura la rappresentazione della figura umana, mentre la escluse dalla pittura che dedicò interamente al tema del paesaggio ligure.
Nei disegni del M. ricorrono invece figure allegoriche come nell’Allegoria marina (1916, Novara, Galleria d’arte moderna P. e A. Giannoni) e anche soggetti religiosi come nelle Deposizione e Maternità (Genova, collezione S. Marchese), nella Deposizione (Novara, Galleria d’arte moderna P. e A. Giannoni) e nel Trittico del Calvario e Via Crucis (Genova, collezione S. Marchese), vicini ad analoghi esempi di Previati, in particolare alla Via Crucis (1892-1900).
Intorno al 1904 il M. si trasferì a Ruta di Camogli, in collina, sul versante occidentale del promontorio di Portofino, e poi, nel 1906, a San Fruttuoso di Camogli, borgo marinaro all’estremità occidentale del promontorio, nella Riviera di Levante, dove avrebbe vissuto per otto anni, dedicandosi esclusivamente alla pittura. Nei primi sei anni del soggiorno a San Fruttuoso il M. abitò in uno stanzone della torre medievale dei Doria che ritrasse nel dipinto intitolato appunto La torre dei Doria a San Fruttuoso (collezione privata), per trasferirsi poi in una casa sul mare.
Tale ricostruzione della vicenda biografica del M., proposta da Bruno, lo studioso della pittura del M. più accreditato, non coincide però con la testimonianza di De Gaufridy, pittore divisionista e critico sensibile dell’arte genovese del primo Novecento, che, avendo conosciuto il M. nel 1905, ne divenne il più acceso sostenitore. Secondo De Gaufridy (1950, pp. 11 s.), il M. abbandonò Genova solo nel 1907, dopo la morte della madre e dopo avere sposato la figlia di un falegname di Nervi e aver avuto una bambina. La sua testimonianza di persona al corrente dei fatti più intimi del M. è però resa meno attendibile dalla data tardiva in cui è stata rilasciata e dalla riduttiva e forzata interpretazione in chiave naturalistico-impressionista dell’arte del M., descritto come una figura completamente avulsa dal contesto artistico coevo. De Gaufridy afferma infatti, poco verosimilmente, che il M. iniziò a dipingere solo nel 1907, da autodidatta, avendo come unica guida il volume di Previati I principi scientifici del divisionismo (Torino 1906) e come «unica fonte ispiratrice la bellezza del paesaggio di Liguria» (ibid., p. 12).
Della moglie, Laura Pessale, sono noti due ritratti a matita e carboncino e uno a pastello, tutti in collezione privata (in R. M., 1990, pp. 30, 186, 188).
Nel 1906 il M. prese parte alla LIII esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova con i dipinti Capanna, Fienile, Bosco invernale e Paesaggio. Fienile (Genova, collezione Virgilio) appare connotato da un fine puntinismo alla Pellizza, tipico di questo periodo di più stretta osservanza divisionista. Nello stesso anno De Gaufridy lo mise in contatto con il mercante dei maestri divisionisti, il milanese A. Grubicy de Dragon, che lo invitò a esporre al Salon des peintres divisionnistes italiens, da lui organizzato a Parigi nell’autunno del 1907, nella Serre de l’Alma.
Il M. vi partecipò con sei dipinti di paesaggio, che furono collocati nella rotonda d’ingresso insieme con le opere degli artisti più giovani (Catalogue, 1907, nn. 39-44). Grubicy acquistò tutti i paesaggi esposti dal M., tra i quali è stato identificato lo Studio di mare. La scogliera, che nel 1923 lo stesso Grubicy donò alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (in situ).
Nel 1907 il M. partecipò anche alla LIV edizione della Promotrice genovese con Montefino e Marina, due dipinti appartenenti a Guastavino. Firmò quell’anno la tela San Fruttuoso di Camogli (Genova-Nervi, Galleria d’arte moderna), che fu acquistata nell’agosto del 1908 dal Comune di Genova a titolo d’incoraggiamento (Giubilei, II, p. 568). Le opere succitate mostrano anche nei titoli lo spostamento d’interesse della pittura del M. dal bosco alla costa ligure.
Nel 1909 tenne a Genova, presso il Circolo artistico Tunnel, la sua prima mostra personale, esponendo una trentina di tele comprese quelle già presentate a Parigi e appartenenti a Grubicy. La lunga attesa di queste tele fece slittare la personale dal 1908 al 1909 (De Gaufridy, 1908 e 1909).
Negli anni 1910 e 1911 il M. espose nuovamente alla Promotrice genovese, presentandovi due gruppi di quattro dipinti: Tramonto invernale, San Fruttuoso di Portofino e due tele intitolate Scogliera, nel 1910; tre Paesaggi di San Fruttuoso e San Fruttuoso di Portofino nel 1911. Ancora nel 1911, probabilmente tramite Grubicy, espose quattro tele (due Paesaggi e due Studi di mare) all’esposizione dei divisionisti italiani tenutasi nel Museo Segantini a Saint-Moritz, inaugurato nel 1908.
Nel 1913 il M. fu nominato professore accademico di merito dell’Accademia Ligustica per la classe di pittura; partecipò con un Paesaggio marino alla LIX edizione della Promotrice genovese. Gli morì quell’anno un figlio in tenera età (ritratto in un disegno a matita, collezione privata: in R. M., 1990, p. 34), perdita della quale non si consolò mai.
Un Nudo femminile a matita (Genova, collezione privata), datato 6 maggio 1914 e dedicato all’amico e committente C. De Gregori, documenta l’avvenuto trasferimento a Portofino. Il foglio è un disegno preparatorio per la scultura di maggior impegno del M., la statua del Dolore (Rapallo, collezione privata) terminata nel 1919.
Alla LX esposizione della Promotrice genovese, nel 1914, tenne la sua più grande mostra personale, presentandovi ventinove tele intitolate Paesaggio e venticinque disegni a sanguigna.
Alla rassegna furono aggiunti in un secondo momento altri dieci dipinti (De Gaufridy, 1914). Solo due tele erano in vendita, mentre delle altre opere esposte il catalogo indicava il proprietario, segnalando che i disegni si trovavano in collezioni diverse. Il catalogo della mostra restituisce così un elenco dei collezionisti del M. nel momento del suo più ampio consenso, testimoniando la diffusione della sua opera in ambito privato nel territorio di Genova e della Riviera di Levante. Uno dei dipinti esposti nel 1914, oggi noto sotto il titolo di Portofino o Il promontorio di Portofino (Genova-Nervi, Galleria d’arte moderna), fu acquistato nel settembre dello stesso anno dal Comune di Genova (Giubilei, II, p. 568).
Nel 1915 il M. illustrò con suoi disegni Le nozze dei centauri, poema drammatico di S. Benelli, con il quale aveva stretto un’affettuosa amicizia. Fra gli studi per le sue undici illustrazioni sono noti un pastello con Centauro e ninfa (Genova, collezione Villa-Venzano), un disegno a penna di Centauro morente (Ibid., collezione S. Marchese) e uno studio per il frontespizio a matita e carboncino (Novara, Galleria d’arte moderna P. e A. Giannoni). Risale allo stesso anno il bel disegno a sanguigna e carboncino raffigurante l’Allegoria della Guerra (Genova-Nervi, Galleria d’arte moderna), esposto dal M. alla Mostra d’arte a favore delle famiglie degli artisti in guerra, organizzata dal gruppo Pro cultura artistica presso la Sala Olimpia di Genova fra il dicembre 1915 e il gennaio dell’anno successivo.
Negli anni della Grande Guerra il M. riprese la sua attività di scultore, oggi documentata dalla statua colossale in bronzo del Dolore (Rapallo, collezione privata) e da poche altre opere. Il Dolore, commissionato da De Gregori, fu terminato nel 1919, un anno dopo il trasferimento del M. a Santa Margherita Ligure, e collocato personalmente nel cimitero di Camogli (da dove fu in seguito rimosso).
Tra le altre sue sculture note si citano i bozzetti in gesso di Gorgona alata e Il fuoco di Spina di Pietro (entrambi Milano, collezione privata), ispirati al dramma epico di Benelli La Gorgona, rappresentato per la prima volta a Trieste nel 1913 (opere riprodotte, come le seguenti quando non altrimenti specificato, in Rocchiero); L’Allegoria della Medusa in bronzo (Genova, collezione privata), per la quale è noto un bozzetto in creta (in Grosso, 1926); L’ermafrodito latino (Ibid., collezione privata); e L’Anguicrinita delle imprese (Milano, collezione privata), in gesso, che costituisce probabilmente una prima idea per l’impugnatura, a due mani, di una spada d’onore raffigurante la testa tronca della Gorgona Medusa sollevata in alto da una donna nuda. Una sua elsa di spada è conservata nella Galleria d’arte moderna di Genova-Nervi. Secondo la testimonianza di De Gaufridy (1950, pp. 11 s.), nel suo studio di Genova-Nervi il M. aveva realizzato inoltre «una serie di maschere tragiche, modellate nella creta» che «come altre opere sue gittate nel gesso andarono frantumate e disperse». Terminò inoltre, nel 1921, un monumento funerario in bronzo per il cimitero di Staglieno con «una grande immagine della Madonna col Bambino», del quale andarono dispersi il calco in gesso e le matrici per la fusione (ibid., p. 15).
Nel 1921 il M. partecipò alla I Biennale romana con quello stesso Studio di mare. La scogliera già esposto a Parigi nel 1907 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna). Su invito di Benelli prese parte nello stesso anno alla Fiorentina Primaverile, esponendovi sei dipinti (La scala del convento di San Fruttuoso, Pini sul mare, Ulivi in Riviera, Pini e rocce, Tramonto sul mare e San Fruttuoso) e alcuni disegni a sanguigna. Le tele esposte, di recente esecuzione, appartenevano alla collezione di A. Giannoni (oggi Novara, Galleria d’arte moderna P. e A. Giannoni). Il catalogo della Primaverile uscì, postumo, solo nel 1922.
Il M. morì il 31 genn. 1922 nella sua abitazione di Santa Margherita Ligure.
Lo scritto in catalogo di Benelli costituì dunque una delle prime commemorazioni del M., la cui rivalutazione ebbe inizio nel 1926, con la mostra postuma organizzata presso la Galleria Pesaro di Milano, dove furono esposti 41 dipinti e 44 disegni degli ultimi anni, molti dei quali affidati in conto vendita dalla vedova del Merello. In tale occasione, su iniziativa di O. Grosso, il 29 aprile il Comune di Genova acquistò un nucleo di 13 opere confluite nel 1928 nella collezione della Galleria d’arte moderna di Genova-Nervi (Giubilei). Nello stesso anno ebbe luogo la grande mostra promossa dal Comune di Genova in Palazzo Bianco a beneficio della vedova e della figlia.
Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio bio-iconografico, UA 14902; Brera alle Esposizioni riunite: mostra triennale di belle arti 1894, Milano 1894, p. 19 n. 263; L. Fortis, L’arte alle Esposizioni riunite di Milano. Relazione a s.e. il ministro della Pubblica Istruzione, Milano 1895, p. 53; Catalogue du Salon des peintres divisionnistes italiens organisé par la galerie d’art A. Grubicy, Milan (catal.), Paris 1907, nn. 39-44; V. Rossi Sacchetti, I pittori divisionisti italiani a Parigi, Parigi 1907, p. 4; P. De Gaufridy, Esposizione Merello al Tunnel, in Il Caffaro, 1° febbr. 1908; Id., Cronache d’arte. Esposizione Merello al Tunnel, ibid., 27 genn. 1909; Id., Nuove opere nella sala Merello al Carlo Felice, ibid., 10 luglio 1914; O. Grosso, L’Esposizione di belle arti in Genova, in Pagine d’arte, 30 ag. 1914, p. 196; S. Benelli, Le nozze dei centauri: poema drammatico in quattro atti con disegni di R.M., Milano 1915; Prima Biennale romana. Esposizione nazionale di belle arti nel cinquantenario della capitale, Roma 1921, p. 100 n. 17; La Fiorentina Primaverile… (catal.), Firenze 1922, pp. 147 s.; E. Sacchetti, Il pittore R. M., in Dedalo, III (1922-23), pp. 396-408; R. Calzini, R. M., in Il Secolo XIX, 4 sett. 1923; Mostra individuale dei pittori Carlo Carrà, Giorgio De Chirico e postuma di R. M. (catal.), Milano 1926; Mostra postuma di R. M. (catal.), con uno scritto di P. De Gaufridy, Genova 1926; O. Grosso, La mostra postuma di R. M., in Emporium, LXIV (1926), 384, pp. 382-387; P. De Gaufridy, R. M., in Genova, XXVII (1950), 3, pp. 9-15; G. Riva, R. M., ibid., XXX (1953), 2, pp. 9-13; C. Brandi, R. M., in Il Resto del carlino, 28 marzo 1956; F. Bellonzi - T. Fiori, Archivi del divisionismo, Roma 1968, II, pp. 212-214; Mostra di R. M. (catal.), a cura di G. Bruno, Genova 1970; V. Rocchiero, R. M. tragediografo del bronzo e della creta, in Liguria, VI (1970), pp. 15-18; Secessione romana (catal.), a cura di R. Bossaglia- M. Quesada - P. Spadini, Roma 1987, p. 50; R. M.: disegni (catal., Torino), a cura di L. Perissinotti, Genova 1989; R. M. (catal., Genova-Milano), a cura di G. Bruno, Genova 1990; R. M. a San Fruttuoso (catal., Camogli-Genova), a cura di G. Bruno, Genova 1995; R. M.: un maestro del divisionismo (catal., Acqui Terme), a cura di G. Bruno, Milano 2004; M.F. Giubilei, Galleria d’arte moderna. Repertorio, Genova 2004, I, pp. 260 s., 263 s.; II, pp. 568-570, 607, 867; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, p. 411; Dizionario degli artisti liguri: pittori, scultori, ceramisti, incisori del Novecento, a cura di G. Beringheli, Genova 2006, pp. 224 s.
A. Imbellone