RUBRICA (rubrīca)
Terra di colore rosso, affine al minio e al cinabro, coi quali spesso è confusa dagli scrittori greci e romani. La ceramica primitiva usò la rubrica per dare il colore alla creta; ma soprattutto ci è nota per l'uso che se ne faceva nell'arte libraria, in cui il rosso era adoperato per tingere l'asticella centrale (umbilicus) del volume, la pergamena di custodia e talvolta anche il σύλλαβος o index cioè la membrana che pendeva da ogni rotulus indicandone il contenuto (v. libro). Inoltre si scrivevano in rosso le prime lettere o anche l'intero titulus dei capitoli; quest'uso ha determinato una sinonimia, soprattutto nei testi giuridici, fra titulus e rubrica come per esempio nei titoli della lex Salpensana e della lex Malacitana, preceduti sempre dall'abbreviazione R. (= Rubrica): R. de comitiis habendis.
Si scrivevano in inchiostro rosso (talvolta anche di altro colore), ed erano pertanto dette rubriche, anche le segnature e i richiami e altre parti accessorie del libro. L'uso fu continuato anche nei libri a stampa con alterna vicenda; oggi è usato quasi unicamente nei libri liturgici, dove le regole che indicano lo svolgersi delle varie cerimonie e preghiere sono chiamate rubriche e sono sempre stampate in rosso.
Nell'uso comune vengono chiamati rubriche taluni registri che contengono indici alfabetici e le cui lettere sono disposte a forma di scala nei margini; ne esistono in commercio schemi e modelli di fogge svariate. Infine vengono chiamate rubriche anche le varie ripartizioni a carattere continuativo di giornali e riviste, come ad es. la rubrica teatrale, la rubrica letteraria, ecc.; e alcuni indici di libri speciali come repertorî legislativi, statistici, ecc.
Bibl.: Th. Birt, Das antike Buchwesen, Berlino 1882, p. 66; H. Blümner, Technologie und Terminologie der Gewerbe, IV, Lipsia 1887, p. 478; Becker-Göll, Gallus oder römische Scenen aus der Zeit Augustus, II, Berlino 1881, p. 438; E. Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq. gr. et rom., s. v. Rubrica.