CLEBSCH, Rudolf Friedrich
Matematico, nato a Königsberg, il 19 gennaio 1833, morto a Gottinga il 7 novembre 1872. Compiuti gli studî nel 1854 all'università di Königsberg, dove ebbe maestri il Hesse, F. Neumann e il Richelot, fu libero docente a Berlino e professore dapprima di meccanica teorica alla scuola politecnica di Karlsruhe (1858), poi di matematica alle università di Giessen (1863) e di Gottinga (1868).
I primi lavori del C. riguardano problemi di fisica matematica, specialmente di idrodinamica e di elasticità, di cui per altro più che il contenuto fisico lo interessavano la riduzione schematica a problemi analitici e la conseguente ricerca di metodi algoritmici, adatti alla loro soluzione. Questo primo periodo di attività si può dire concluso dalla Theorie der Elasticität fester Körper, Lipsia 1862, la quale, rispetto alle lezioni del Lamè, si distingue per la profonda trattazione del cosiddetto problema del de Saint-Venant (v. Elasticità), di cui il C. considerò per primo il problema inverso.
Dallo studio profondo dell'opera del Jacobi derivarono i lavori del C., che riguardano il calcolo delle variazioni (variazione seconda) e il problema del Pfaff (riduzione del numero delle integrazioni); e nelle sue ricerche sul problema del Pfaff il C. fu condotto a dar forma definitiva alla teoria dei cosiddetti sistemi completi di equazioni lineari a derivate parziali, che costituiscono ancora oggi, nella teoria delle equazioni differenziali, uno dei mezzi deduttivi più maneggevoli e più fecondi.
Nel campo della geometria, al principio della seconda metà del secolo scorso, sussisteva in Germania una distinzione netta e quasi antagonistica fra l'indirizzo sintetico (Steiner, Staudt), e l'indirizzo analitico (Plücker, Hesse), né vi avevano ancora trovato un'adeguata risonanza le ricerche algebrico-geometriche, allora recenti, del Cayley, del Sylvester, del Salmon sulla teoria delle forme e dei loro invarianti. A siffatto separatismo aprioristico il C., nelle sue ricerche geometriche e nel suo insegnamento, contrappose sistematicamente una larga e penetrante visione delle affinità sostanziali di quei due indirizzi, solo estrinsecamente distinti. Fu così naturalmente condotto a mettersi dapprima sulla via aperta dai geometri inglesi per approfondire ed estendere le indagini sulle proprietà proiettive delle curve e delle superficie algebriche in relazione con gli sviluppi paralleli e sostanzialmente equivalenti della teoria delle forme. A questa teoria, insieme col Gordan, diede un assetto definitivo, fondato prevalentemente su quella rappresentazione simbolica, che, mentre per l'Aronhold era stata poco più d'una comoda notazione, divenne per il C. il principio essenziale per la costruzione degl'invariantî e covarianti d'una data forma o d'un dato sistema di forme; e i metodi cosi escogitati e sviluppati furono dal C. esposti nella sua classica Theorie der binäre algebraische Formen, Lipsia 1872. Di ogni sviluppo formale e algoritmico egli vedeva il substrato geometrico: Cosi dall'interpretazione delle forme in più serie di variabili desunse il concetto di connesso, di cui rilevò i rapporti con la integrazione delle equazioni differenziali algebriche del 1° ordine, abbozzando una teoria che va ricollegata a quella più vasta ed esauriente delle trasformazioni di contatto del Lie.
Ma l'impulso più potente e innovatore fu dato dal C. allo sviluppo della geometria con quel gruppo di lavori, che vanno dalla celebre memoria Üeber die Anwendung der Abel'schen Functionen in der Geometrie im Giornale del Crelle, LXIII, 1863-64, alla Theorie der Abel'schen Functionen, in collaborazione col Gordan, Lipsia 1866. Vien qui, si può dire, rivelato il profondo contenuto geometrico della grande concezione riemanniana, che il Riemann stesso aveva lasciato nell'ombra, e si determina, nella evoluzione della Geometria, l'orientamento dallo stadio proiettivo a quello algebrico. Non è questo il luogo per un'analisi dei risultati del C.: basti ricordare anzitutto la scoperta del legame fra i teoremi sui gruppi di intersezioni delle curve algebriche piane e il teorema dell'Abel, e fra i problemi delle curve pluritangenti e il problema d'inversione delle funzioni abeliane; e, in secondo luogo, la prima formulazione esplicita e generale del significato geometrico del genere, come invariante di fronte alle trasformazioni birazionali fra curve. Erano cosi posti, per via trascendente, i principî di quella, che oggi si dice la geometria sulle curve algebriche. Da questa il C. passò alla geometria sulle superficie, studiandone specialmente le rappresentazioni sul piano, in base alla considerazione sistematica dei fasci di curve tracciate su di esse; ed anche in questo campo stabilì concetti ed ottenne risultati, che, rimasti classici, preludevano ad ulteriori sviluppi, quando precocemente lo colse la morte. L'opera sua fu continuata e sviluppata dai suoi diretti discepoli, particolarmente dal Noether e dal Brill e, in qualche senso, anche dal Klein; né vanno taciuti i riflessi, che i metodi e le vedute del C. trovarono nella scuola geometrica italiana, dal Cremona, che col C. ebbe profonde affinità speculative, ai geometri viventi.
Solo dopo la morte del C. furono pubblicate da F. Lindemann le sue Vorlesungen über Geometrie, Lipsia 1875-76, sulle quali si può dire che sin quasi ai nostri giorni abbiano fondato la loro cultura i geometri di tutto il mondo. E va anche ricordato che il C., insieme con C. Neumann, fondò nel 1868, come organo della sua scuola, i Mathematische Annalen.
Bibl.: R. F. A. C., Versuch einer Darlegung und Würdigung seiner wissenschaftlichen Leistungen von einigen seiner Freunde (von der Mühll, Mayer, Lüroth, Brill, Noether, Gordan), in Math. Annalen, VII, 1874.