Albertini, Rudolf von
Storico svizzero (Zurigo 1923 - Fürstenau 2004), allievo di Federico Chabod, è stato professore nelle università di Heidelberg e di Zurigo. I suoi studi spaziano tra la prima età moderna e il 20° secolo. È autore di una monografia fondamentale sul pensiero politico fiorentino nella prima metà del Cinquecento, Das florentinische Staatsbewusstsein im Übergang von der Republik zum Prinzipat (1955; trad. it., con prefazione di F. Chabod, Firenze dalla repubblica al principato. Storia e coscienza politica, 1970; dalla quale si cita). Di storia del pensiero politico si occupa anche la sua prima monografia, dedicata all’assolutismo francese, Das politische Denke in Frankreich zur Zeit Richelieus (1951). A partire dagli anni Sessanta A. si è dedicato soprattutto alla storia del colonialismo e della decolonizzazione.
Da ricordare: Dekolonisation: die Diskussion über Verwaltung und Zukunft der Kolonien, 1919-1960 (1966; trad. it. 1971) e, scritto assieme ad Albert Wirz, Europäische Kolonialherrschaft: 1880-1940 (1976).
Firenze dalla repubblica al principato ricostruisce il quadro ricchissimo del pensiero politico fiorentino dal 1494 al 1559; dal tempo cioè della prima cacciata dei Medici fino al definitivo consolidarsi della loro signoria, che assunse dai primi anni Trenta e poi con Cosimo I i caratteri di un vero e proprio principato.
Nell’opera l’attenzione per il contesto prevale sempre sull’analisi delle singole personalità: lo sguardo di A. si concentra soprattutto sulle idee correnti, su parole e concetti del dibattito pubblico, e sul particolare riflesso che ebbero sul pensiero, più o meno originale, dei singoli. Un quadro complessivo in cui accanto alle personalità grandissime (come Savonarola, M. e Guicciardini) o di rilievo notevole (come Donato Giannotti e Francesco Vettori), sono allineate figure fino ad allora poco studiate o quasi del tutto ignorate, che ebbero però un ruolo importante nella pubblicistica coeva, ispirando indirizzi politici e nuovi assetti istituzionali. È il caso di personaggi che fin dagli anni Dieci indicarono ai Medici prospettive ‘principesche’ (aristocratici come Paolo Vettori o Lodovico Alamanni, o funzionari dell’entourage mediceo, come Goro Gheri), fino alla ricca pubblicistica del periodo 1527-37, quello cui la ricerca di A. assegna maggior rilievo.
Il libro è articolato in cinque capitoli. Il primo è dedicato alla Repubblica ‘democratica’ (1494-1512) e alla restaurazione medicea (1512-27). È il capitolo di più diretta attinenza machiavelliana. A M. è infatti dedicata la sezione centrale: una ventina di pagine dichiaratamente ‘incomplete’, stante l’adozione di un punto di vista parziale: «inserire il pensiero del M. nella prospettiva della crisi del suo tempo e della sua coscienza di tale crisi» (p. 44). E in tale prospettiva il Principe (pur nella sua indiscussa grandezza) appare ad A. la reazione a una diretta «esperienza della crisi» (p. 51), un «episodio», all’interno del mai dismesso ideale repubblicano compiutamente articolato nei Discorsi, la sua «opera maggiore» (p. 52). Il secondo capitolo analizza idee e progetti seguiti alla seconda cacciata dei Medici (1527-30). Il terzo capitolo esamina gli anni della definitiva restaurazione medicea e della trasformazione istituzionale di Firenze da repubblica a principato. Gli ultimi due capitoli analizzano l’ideologia politica del principato di Cosimo i (e il ruolo che ebbe nella sua elaborazione l’Accademia fiorentina) e gli storici fiorentini del 16° secolo fioriti dopo il 1530.
Concludono il libro una preziosa Appendice di undici testi quasi tutti inediti (dei citati Paolo Vettori, Lodovico Alamanni e Goro Gheri; e inoltre di Niccolò e Luigi Guicciardini e di Piero Vettori), nonché una silloge di circa trenta lettere di Francesco Vettori a Bartolomeo Lanfredini, comprese tra l’estate del 1527 e la primavera del 1533.
Bibliografia: C. Dionisotti, Dalla repubblica al principato, «Rivista storica italiana», 1971, 83, pp. 227-63, poi in Id., Machiavellerie, Torino 1980, pp. 101-53.