Valentino, Rudolph (noto anche come Valentino, Rodolfo)
Nome d'arte di Rodolfo Pietro Filiberto Guglielmi, attore cinematografico, naturalizzato statunitense, nato a Castellaneta (Taranto) il 6 maggio 1895 e morto a New York il 23 agosto 1926. Piccolo di statura, capelli corvini, labbra sottili, occhi neri di taglio orientale, sguardo magnetico reso torbido da un'accentuata miopia, negli anni Venti rivoluzionò sugli schermi l'ideale maschile, rappresentando l'estrema incarnazione dell'eroe romantico, l'amante latino, sinonimo di piaceri trasgressivi, per legioni di donne americane abituate a disprezzare e temere lo straniero. La morte a soli trentun anni lo ha consegnato al mito.
Dopo la prematura morte del padre, ex ufficiale di cavalleria e veterinario, fu iscritto dalla madre in un collegio di Sant'Ilario Ligure, dove nel 1912 si diplomò in agraria. In quello stesso anno tentò la fortuna in Francia, Paese di origine della famiglia della madre, e quindi, sempre inquieto, in fuga, alla ricerca di un'altra identità, nel dicembre del 1913 emigrò negli Stati Uniti, dove dapprima lavorò come giardiniere e successivamente si fece notare come taxi dancer, ossia ballerino a pagamento. Con il nome di Rodolpho di Valentina cominciò a esibirsi in alcuni teatri alla moda, come partner di ballerine di solida reputazione quali Bonnie Glass e Joan Sawyer. Denunciato più volte alla polizia di New York, lasciò infine la città e in occasione di una tournée come ballerino raggiunse Hollywood. Sul grande schermo aveva già preso parte come comparsa ad alcune produzioni newyorkesi, ma fu nel 1918 che Hayden Talbot gli affidò il ruolo sgradevole del conte Roberto di San Fraccini in The married virgin (L'avventuriero) di Joseph Maxwell, distribuito solo in seguito. L'attore si conquistò poi una solida fama di vilain con il film quelli successivi usciti nel corso del 1919 (ove compariva con il nome ancora oscillante tra Rodolpho di Valentina, Rodolfo di Valentini e Rodolpho Valentino), come Out of luck di Elmer Clifton, al fianco di Dorothy Gish, All night (1918; A letto… ragazzi!) di Paul Powell e con The delicious little devil (La diva del Tabarin) di Robert Z. Leonard, The homebreaker di Victor L. Schertzinger, Virtuos sinners di Emmett J. Flynn, Eyes of youth di Albert Parker, nel quale è un ballerino dal sorriso sinistro, A rogue's romance (Il ladro di perle) di James Young, in cui interpreta un pericoloso criminale. Comparve poi in Once to every woman (1920; L'amante fatale) di Allen Holubar, in cui è l'amante di una cantante, in The wonderful chance (1920) di George Archainbaud e in Stolen moments (1920) di James Vincent. Fu June Mathis, sceneggiatrice della Metro Pictures, a volergli affidare il ruolo di Julio Desnoyers, l'affascinante protagonista di The four horsemen of the Apocalypse (1921; I quattro cavalieri dell'Apocalisse) di Rex Ingram, tratto dal torrenziale romanzo di V. Blasco Ibañez. Esteta libertino e avventuriero, si redime infine con una eroica morte in guerra, ma intanto si era presentato al pubblico ballando un tango che trasudava erotismo, aggirandosi poi con grazia fra le modelle semivestite di Parigi e compromettendo una donna sposata. Nel personaggio dell'amante di una donna sposata apparve anche in Uncharted seas (1921) di Wesley Ruggles, seguito da Camille (1921; La signora delle camelie) di Ray C. Smallwood, al fianco di Alla Nazimova, e da The conquering power (1921; La commedia umana) di Ingram. In tutti questi film rivelò una gestualità sciolta e fluida, un uso disinibito del corpo che tradiva la lunga esperienza di ballerino, e soprattutto, nei primi piani, una fotogenia stupefacente. Nel 1921, su consiglio dell'amico Norman Kerry, scelse il nome d'arte di Rudolph Valentino. Passato alla Famous Players-Lasky Corporation, conquistò definitivamente le spettatrici divenendo una star come esotico protagonista di The sheik (1921, Lo sceicco) di George Melford, da un romanzo di E.M. Hull, in cui fa innamorare di sé un'ingenua fanciulla inglese, respinta dalla sua brutalità quanto attratta dalla sua tenerezza. Dopo Moran of the Lady Letty (1922; Il mozzo dell'Albatros), ancora di G. Melford, e Beyond the rocks (1922; L'età di amare) di Sam Wood, con Gloria Swanson, fu consacrato definitivamente da Blood and sand (1922; Sangue e arena) di Fred Niblo, ancora da un romanzo di Ibañez sceneggiato per lui dalla Mathis, in cui è un giovane che sogna di diventare matador, rovinato dall'amore di una donna capricciosa della quale finisce per diventare una sorta di schiavo prima di morire sull'arena.Intanto nel 1922, prima ancora che fosse legalizzato il divorzio dall'attrice Joan Acker, sposò la direttrice artistica e consulente di Alla Nazimova, la scenografa e attrice Natasha Rambova (nome d'arte di Winifred Shaughnessy), e fu processato per bigamia. La Rambova influenzò considerevolmente la sua carriera. Bellissima danzatrice di balletti russi, sofisticata, ambiziosa e intellettuale, cercò invano di indirizzarlo verso un cinema d'arte meno commerciale e più raffinato. Dopo l'insuccesso del film The young rajah (1922; Il giovane rajah) di Philip Rosen, ancora una volta scritto dalla Mathis, che la Rambova giudicò lesivo per la sua immagine, V. fece causa allo studio per rescindere il contratto. La trattativa con la casa di produzione lo tenne lontano dal cinema per due anni. Nel frattempo, l'attore si esibì come ballerino in una tournée al fianco della moglie, scrisse una raccolta di poesie, Day dreams (1923), che vendette centinaia di migliaia di copie, incise dischi di canzoni italiane, reclamizzò cioccolata, cosmetici e maschere di bellezza e pubblicò un manuale sui segreti della prestanza fisica (How you can keep fit, 1923).
Nel corso di un lungo viaggio in Europa era tornato anche in Italia, dove aveva scoperto che i suoi film erano sconosciuti. Al suo ritorno negli Stati Uniti, riapparve nel ruolo di cicisbeo, voluto per lui dalla Rambova, in Monsieur Beaucaire (1924) di Sidney Olcott, in cui dimostrò un certo talento per la commedia e una sorprendente autoironia, e, di nuovo nel ruolo di amante romantico, stavolta casto, in A sainted devil (1924; Notte nuziale) e Cobra (1925), entrambi di Joseph Henabery. Proprio nel 1925 ebbe termine il suo matrimonio con la Rambova. V. chiese la cittadinanza statunitense e di conseguenza venne stigmatizzato dal nuovo regime fascista come rinnegatore della patria.
Aveva però ritrovato il consenso del pubblico interpretando per la United Artists il doppio ruolo del bel tenente della guardia imperiale dello zar ‒ che è anche un fascinoso bandito ‒ in The eagle (1925; L'aquila nera) di Clarence Brown, cui conferì una scanzonata ironia. Un successo ancora maggiore doveva riscuotere nel singolare western d'ambiente arabo Son of the sheik (1926; Il figlio dello sceicco) di George Fitzmaurice, apoteosi del kitsch e omaggio consapevole al mito Valentino. In esso, basato sul seguito del romanzo della Hull, ancora una volta interpretava un doppio ruolo, quello del giovane Ahmed, figlio del deserto, brutale stupratore e amante appassionato, e del suo autoritario, sadico padre. Se il suo misterioso carisma e le sue grazie ambigue risultavano incomprensibili e fastidiosi per il pubblico maschile e i giornalisti lo schernivano ormai ferocemente, definendolo Piumino rosa, alla prima di Son of the sheik V. fu assalito dalle fans in delirio e venne salvato dall'intervento dei poliziotti, che lo fecero fuggire da un'uscita secondaria. Divenuto l'amante ideale di un pubblico morbosamente attratto dalla sua immagine romantica e selvaggia, sembrava ormai imprigionato e terrorizzato dal suo stesso mito.
La notizia della sua improvvisa morte (causata da una peritonite) scatenò un'isteria collettiva. Ai funerali presero parte decine di migliaia di persone, e mentre l'attrice Pola Negri, sua ultima presunta amante, sveniva sulla bara, donne e ragazzi che non lo avevano neppure mai visto si suicidavano per la disperazione. Il suo corpo attraversò gli Stati Uniti in un treno funebre, seguito come una reliquia, e, una volta sepolto nel cimitero di Hollywood, divenne meta di un pellegrinaggio ininterrotto. Gli studios proposero un'infinità di sostituti per soppiantarlo nell'immaginario del pubblico (tentò perfino il fratello, Albert Valentino), ma, nonostante effimeri successi (Ramon Novarro, Rod Laroque, John Gilbert), nessuno riuscì a eguagliarlo. Tra i film girati sulla sua vita si possono ricordare Valentino (1977) di Ken Russel, con il divo del balletto Rudolph Nureyev, e il parodistico The world's greatest lover (1977), diretto e interpretato da Gene Wilder, mentre Marcello Mastroianni ebbe modo di impersonarlo nella rivista Ciao, Rudy (1966) di P. Garinei e S. Giovannini.
Per una bibliografia ragionata sul personaggio v. P. Cristalli, Guglielmi, Rodolfo Pietro, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 60° vol., Roma 2003, ad vocem.