RUFFINONI, Giovanni Perlanza (Planza), detto Calfurnio. – Nacque da famiglia non insigne in un piccolo centro della Val Brembana, Bordogna, nel territorio di Bergamo, intorno al 1443. Si conoscono il nome del padre, Guglielmo Perlanza «de Ruffinonibus» (deriva da un’errata lettura dei documenti d’archivio la forma Planza, spesso attestata nella bibliografia; cfr. Sartori, 1963-1964, p. 66)
, e quello del nonno, Pietro. Ebbe due fratelli, Pietrino e Tommaso, e una sorella, Franceschina; non è noto il nome della madre. Intorno all’età di diciassette anni si trasferì a Brescia, dove completò gli studi: qui acquisì il soprannome di Calfurnio con il quale sarebbe stato designato per tutta la vita e al quale avrebbe accompagnato sempre l’epiteto di Brixiensis.
Non è chiara l’origine del nome Calfurnio, per il quale l’erudito bergamasco mostra di preferire la grafia Calphurnius (documentata in tutti gli atti notarili che lo riguardano e nelle lettere prefatorie alle edizioni da lui curate) alla forma Calpurnius, difesa dal suo più fedele allievo, il dalmata Marino Becichemo, e attestata nella prefazione con cui Aldo Manuzio gli dedicò nel 1502 l’editio princeps di Erodoto. Si è ipotizzato che il nome potesse derivare da una non documentata ammirazione per il poeta bucolico romano Calpurnio Siculo (Cian, 1910, p. 223), ma pare più suggestivo pensare a un deliberato riferimento a Lucio Calpurnio Pisone Frugi, esponente della gens plebea Calpurnia, autore di Annales e celebre per abitudini morigerate, che caratterizzarono anche la vita dell’umanista. Alla famiglia dei Calpurni fanno riferimento anche, in maniera opposta, in chiave elogiativa e in chiave denigratoria rispettivamente, il più strenuo difensore di Calfurnio, Becichemo, e il suo più implacabile nemico, l’umanista Raffaele Regio. Il primo, che dipinse il proprio maestro come novello Catone (Luculentissima oratio [...] Apologia..., 1504, c. XXVIIIv), sostenne la grafia Calpurnius che rendeva più evidente un riferimento alla gens Calpurnia, plebea ma da connettere secondo Becichemo, sulla base della testimonianza di Festo e Plutarco, ad ascendenze regali attraverso Calpus, figlio di Numa Pompilio; il secondo compose alcuni trattati polemici contro Calfurnio, attribuendogli il cognomen di un altro membro della gens Calpurnia, Calpurnio Bestia. Regio (anch’egli di origine bergamasca) spiegava il nome che il suo conterraneo si era attribuito come un riferimento alla professione paterna, con la falsa etimologia a calefaciendis furnis, che allude al lavoro in fucina, attività effettivamente caratteristica degli abitanti dell’alta Val Brembana. La spiegazione godette di singolare fortuna se quasi un trentennio dopo la morte di Calfurnio, Baldassarre Castiglione, nel suo Cortegiano (II, 62), poteva ricordare: «Un altro ancor a Padoa disse che Calfurnio si dimandava così, perché solea scaldare i forni».
Non restano notizie relative al soggiorno bresciano di Calfurnio; dopo alcuni anni tuttavia egli si trasferì a Vicenza, dove ebbe come maestro Ognibene Bonisoli (m. 1474), che, come avrebbe dichiarato nella lettera prefatoria al Terenzio stampato a Venezia nel 1476, ebbe l’occasione di conoscere in profondità. Dalla stessa prefazione si apprende che, poco prima della morte del suo maestro, era passato a Bologna: qui il 17 aprile 1473 costituì con Francesco Puteolano una scuola di cui possediamo l’atto di fondazione (Sighinolfi, 1913-1914, pp. 456 s.) e nella quale si impegnò a svolgere, per la durata di due anni, il ruolo di precettore.
Da Bologna mosse negli anni successivi probabilmente a Venezia e a Vicenza: nelle due città venete, dal 1474, iniziò una collaborazione con alcuni importanti stampatori dell’epoca, che si protrasse fino al 1481. È a questa instancabile attività di editore ed emendatore che si lega principalmente la sua fama.
Il suo interesse si rivolse prevalentemente ai testi poetici della latinità classica: nel 1474 videro la luce l’edizione degli Opera omnia di Ovidio, per i torchi di Jacques Le Rouge, Venezia 1474 (IGI, Indice Generale degli Incunaboli, 7043, GW, Gesamtkatalog der Wiegendrucke, M28590, ISTC, Incunabula Short Title Catalogue, io00128000), seguiti da sei distici al lettore, e la ristampa dei commentari di Domizio Calderini a Marziale (Venezia, J. Le Rouge, 13 settembre 1474; IGI 2357, GW 5889, ISTC ic00038000), accompagnati da un’epistola ad Antonio Moreto, editore e mercante di libri veneziano. Nel 1476 vennero pubblicate le commedie terenziane, con dedica al segretario ducale veneziano Marco Aurelio, corredate dal commento di Donato e da un commento originale di Calfurnio per l’Heautontimoroumenos, commedia per la quale non è conservato il commento donatiano (Venezia, J. Le Rouge, 25 agosto 1476; IGI 9427, GW M45564, ISTC it00073000). È dedicata ad Antonio Moreto la revisione, effettuata tra 1475 e 1477 (Venezia o Roma; IGI 2354, GW 5886, ISTC ic00035000), del commento di Domizio Calderini a Giovenale, edito senza il testo del poeta latino.
A Vicenza nel 1479, per i tipi di Leonardo Acate, furono stampate le opere di Virgilio con il commento di Servio, che Calfurnio dedicò al nobile vicentino Gerolamo da Porto (IGI 10200, GW M49803, ISTC iv00168000). Nel 1481, per i tipi di Giovanni da Reno e Dionisio Bertocchi, vide la luce l’edizione di Catullo, Tibullo e Properzio e delle Silvae di Stazio, con dedica a Ermolao Barbaro (IGI 2615, GW 6389, ISTC ic00323000): secondo la testimonianza di Girolamo Avanzi (nella lettera allo stampatore Agostino Moravo, premessa all’edizione di Catullo del 1495), il lavoro, prezioso per aver permesso l’accesso al testo catulliano, fu compiuto in un solo mese.
Acuto lettore ed emendatore dei testi latini, Calfurnio fu mediocre conoscitore dei testi greci (Franceschini - Pertusi, 1959, p. 343), che avvicinò preferibilmente nella traduzione latina, senza tuttavia rinunciare a una collazione diretta dell’originale. È il caso dell’edizione della versione latina dei Problemata di Plutarco condotta nel 1453 da Giovan Pietro d’Avenza (Venezia?, circa 1477; IGI 7918, GW M34461, ISTC ip00828000): la traduzione, corretta da Calfurnio, fu dedicata a Marco Aurelio, già dedicatario dell’edizione terenziana; quattro distici posti in chiusura dell’opera affidano il testo ai tipi dello stampatore mantovano Domenico Siliprandi.
Significativo anche l’impegno nel campo della didattica della lingua latina: a questo interesse si collegano l’edizione dei Rudimenta grammatices di Niccolò Perotti, arcivescovo di Siponto (Venezia, Gabriele di Pietro, 21 dicembre 1475; IGI 7437, GW M31274, ISTC ip00303400), e delle Elegantiae di Lorenzo Valla, opera pubblicata da Jacques Le Rouge nel 1476 (IGI 10085, GW M49317, ISTC iv00055000); la prima, con una dedica all’amico Antonio Moreto, è finalizzata a offrire agli studenti un testo corretto, che possa sostituire il Doctrinale di Alessandro di Villedieu, giudicato «a vera et prisca illa grammatica prorsus alienum»; nella seconda, cinque distici a conclusione dell’opera offrono il volume ad Antonio Pasqualino, finanziatore dell’iniziativa editoriale: nel breve componimento Valla viene elogiato come novello Camillo, restauratore e difensore della lingua latina.
Ancora all’impegno nella didattica riporta il volume edito intorno al 1475, verosimilmente per i torchi di Domenico Siliprandi. Si tratta di una raccolta di testi latini e greci, offerti da Calfurnio direttamente al lettore, per fornirgli un’opera utile per l’educazione dei figli: comprende il trattato di Pietro Paolo Vergerio De ingenuis moribus ac liberalibus studiis, il De legendis antiquorum libris di Basilio Magno e il Ierone o della tirannide di Senofonte (entrambi nella traduzione di Leonardo Bruni), il De liberis educandis pseudoplutarcheo tradotto da Guarino Veronese, il De officiis liberorum erga parentes admonitio attribuito a s. Girolamo (IGI 10153, GW M49649, ISTC iv00137000).
Oltre all’attività di editore e commentatore, Calfurnio mostrò qualche attitudine alla composizione poetica: se è incerta la fondatezza delle notizie offerte da Ottavio Rossi (1620, p. 187), secondo il quale egli «scrisse molte satire, et alcune facetissime commedie», Calfurnio fu certamente l’autore di un carme, dedicato al vescovo trentino Giovanni Hinderbach, sull’assassinio del piccolo Simone, figlio del conciapelli Andrea Lomferdorm (o Unferdorben o Viendorpen), avvenuto a Trento il 23 marzo 1475, la cui colpa ricadde sulla comunità ebraica locale. Il componimento, dal titolo Mors et apotheosis Simonis infantis novi martyris, fu stampato per i tipi di Giovanni Leonardo Longo intorno al 1481 (IGI 2375, GW 5919, ISTC ic00062000), insieme con un’elegia in trentotto distici dello stesso Calfurnio dedicata a Francesco Trono; i versi relativi al martirio di Simonino di Trento furono stampati anche in calce all’edizione di Catullo del 1481.
Nel 1482 Calfurnio si candidò alla cattedra di retorica nello Studio patavino: l’incarico fu invece affidato a Regio. Tuttavia pochi anni dopo (secondo le insinuazioni di Regio immeritatamente e in virtù di macchinazioni) Calfurnio fu preferito al suo acerrimo rivale e ottenne la prestigiosa cattedra. Da Padova non si allontanò più: qui tenne l’insegnamento di retorica per diciassette anni, dal 1486 alla sua morte.
Nel primi giorni del 1503 fu colto da un’improvvisa paralisi che gli tolse la parola: morì poco dopo, tra il 17 e il 18 gennaio, all’età, secondo la testimonianza di Marino Becichemo, di sessant’anni.
Fu sua ultima volontà, non suffragata da testamento ma espressa ad alcuni testimoni, donare la vasta biblioteca che aveva creato al monastero di S. Giovanni di Verdara in Padova, dove fu sepolto. Il monumento funebre per lui realizzato ex vivo dallo scultore Antonio Minelli (o dal padre di questi, Giovanni Minelli; cfr. Markham Schulz, 1987, p. 300), è oggi conservato nel chiostro del noviziato presso la basilica di S. Antonio di Padova. La cattedra di retorica da lui occupata nello Studio patavino fu assegnata alla sua morte al rivale di sempre, Raffaele Regio.
Sono 233 i volumi, manoscritti e a stampa, che componevano la ricca biblioteca di Calfurnio (di questi, 73 in lingua greca) e che vennero inventariati insieme con gli altri beni tra il 17 gennaio 1503, nell’imminenza della morte, e i giorni successivi, a decesso avvenuto (Cian, 1910, pp. 236-248; Marcotte, 1987, pp. 190-209); nonostante la biblioteca di S. Giovanni di Verdara sia stata successivamente dispersa, 55 volumi appartenuti a Calfurnio sono stati identificati con certezza (Pellegrini, 2001, pp. 181-283). Su alcuni di essi è stato inoltre possibile riconoscere annotazioni di sua mano: è il caso, per esempio, dei codici di Venezia, Marciano lat. XII.23 (3946) (Odissea latina), Marciano gr. IV.51 (Aristotele, Analytica posteriora) e del volume a stampa della traduzione latina delle Vite parallele di Plutarco, conservato a Venezia presso la Biblioteca nazionale Marciana (Incun. V.24).
Calfurnio, aspramente attaccato da Regio, pressoché dimenticato nei secoli successivi, godette di grande reputazione per la sua dottrina presso i contemporanei. Oltre al ritratto delineato dal suo allievo Marino Becichemo, che ne evidenziò in particolare le doti di uomo morigerato e casto accanto a quelle di studioso, molti dei dotti dell’epoca intrattennero con lui cordiali rapporti, riconoscendone il valore e lasciandone memoria nei propri scritti: tra gli altri, Marcantonio Sabellico, Pierio Valeriano, Aldo Manuzio, Cassandra Fedeli, Gianantonio Flaminio.
Fonti e Bibl.: Raphaelis Regii Epistolae Plynii [...] enarrationes; De quattuor Persii locis [...] disputatio; De quibusdam Quintiliani locis cum quodam Calfurnio dialogus; Loci cuiusdam Quintiliani [...] enarratio, Venetiis 1492; Herodotus Halicarnassensis Historicus, Historiarum libri IX [...] Graece, ex recensione Aldi Manutii, Venetiis 1502; Marini Becichemi Scodrensis Luculentissima oratio qua Brixiano Senatui gratias agit [...] Aurea praelectio in C. Plinium Secundum [...] Apologia in Regirum quendam..., Brixiae 1504; Ioannis Petri Valeriani Praeludia quaedam, Venetiis 1509.
B. Castiglione, Il libro del Cortegiano (1528), a cura di A. Quondam - N. Longo, Milano 2003, p. 208; O. Rossi, Elogi historici di Bresciani illustri, Brescia 1620, pp. 187 s.; Ioannis Pierii Valeriani Bellunensi De litteratorum infelicitate, Venetiis 1620 (Pierio Valeriano On the ill fortune of learned men. A Renaissance humanist and his world, a cura di J. Haig Gaisser, Ann Arbor 1999, p. 124); Clarissimae feminae Cassandrae Fidelis Venetae epistolae et orationes posthumae, nunquam antehac editae [...] Iac. Philippus Tomasinus e mss. recensuit..., Patavii 1636, p. 6; A.M. Querini, Specimen variae literaturae quae in urbe Brixia [...] florebat, I, Brixiae 1739, pp. 52-58, 95-108, 123, 163 s., II, 1739, pp. 59-61, 288-296; Joannis Antonii Flaminii Forocorneliensis Epistolae familiares nunc primum editae... a fr. Dominico Josepho Capponi, Bononiae 1774, pp. 122 s.; F.J. Loeffler, De Calphurnio Terentii interprete, Argentorati 1882; V. Cian, Un umanista bergamasco del Rinascimento, Giovanni Calfurnio, in Archivio storico lombardo, XIV (1910), pp. 221-248; A. Mazzi, Giovanni Calfurnio umanista bergamasco e il suo casato, in Bollettino della civica biblioteca di Bergamo, IV (1910), pp. 170-182; L. Sighinolfi, Francesco Puteolano e le origini della stampa in Bologna e in Parma, in La Bibliofilia, XV (1913-1914), pp. 340-342, 456 s.; A. Albertini, Calfurnio Bresciano. La sua edizione di Catullo (1481), in Commentari dell’Ateneo di Brescia, 1953, pp. 29-79; E. Franceschini - A. Pertusi, Un’ignota Odissea latina dell’ultimo Trecento, in Aevum, XXXIII (1959), pp. 323-355; V. Cremona, L’umanesimo bresciano, in Storia di Brescia, II, 4, La dominazione veneta (1426-1575), Brescia 1963, pp. 546-551; A. Sartori, Precisazioni su Giovanni Calfurnio, in Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti, LXXVI (1963-1964), pp. 65-90; M. Cortesi, Un allievo di Vittorino da Feltre, Gian Pietro da Lucca, in Vittorino da Feltre e la sua scuola: umanesimo, pedagogia, arti, a cura di N. Giannetto, Firenze 1981, pp. 273 s.; A. Perosa, L’edizione veneta di Quintiliano coi commenti del Valla, di Pomponio Leto e di Sulpizio da Veroli, in Miscellanea Augusto Campana, II, Padova 1981, pp. 604 s.; D. Marcotte, La bibliothèque de Jean Calphurnius, in Humanistica Lovaniensia, XXXVI (1987), pp. 184-211; A. Markham Schulz, Four new works by Antonio Minello, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, 1987, vol. 31, pp. 291-326; J. Monfasani, Calfurnio’s identification of pseudepigrapha of Ognibene, Fenestella, and trebizond, and his attack on Renaissance commentaries, in Renaissance Quarterly, 1988, vol. 41, pp. 32-43; P.O. Kristeller, The alleged ritual murder of Simon of Trent (1475) and its literary repercussions: a bibliographical study, in Proceedings of the American Academy for Jewish Research, LIX (1993), pp. 103-135; P. Pellegrini, XEIP XEIPA NIΠTEI. Per gli incunaboli di Giovanni Calfurnio, umanista editore, in Italia medioevale e umanistica, XLII (2001), pp. 181-283; Id, Giovanni Calfurnio e i commenti umanistici a Svetonio: filologia «a margine» nella Padova di fine Quattrocento, in Libri a stampa postillati. Atti del Colloquio internazionale..., Milano... 2001, a cura di E. Barbieri - G. Frasso, Milano 2003, pp. 231-266; M.T. Lanieri, Sulle dediche di Giovanni Calfurnio a Marco Aurelio, umanista mecenate, in Sandalion, 2003-2005, voll. 26-28, pp. 239-258; P. Pellegrini, Studiare Svetonio a Padova alla fine del Quattrocento, in Incontri triestini di filologia classica, VII (2007-2008), pp. 53-64; G. Bargigia, Cristoforo Barzizza bresciano, in Profili di umanisti bresciani, a cura di C.M. Monti, Travagliato (Brescia) 2012, pp. 304 s.; E. Valseriati, Ubertino Posculo tra Brescia e Costantinopoli, ibid., pp. 200 s.