RUGGERO II, re di Sicilia
RUGGERO II, re di Sicilia. – Nacque il 22 dicembre 1095 a Mileto, cuore della Contea creata dal padre Ruggero I (Ruggero d’Altavilla) nel Sud della Calabria durante la conquista della Sicilia (1061-91). La madre, terza moglie di Ruggero I, era Adelasia del Vasto, di prestigiosa famiglia comitale radicata tra Liguria e Piemonte.
Sposata tra il 1089 e il 1090, Adelasia ottenne l’estromissione dall’eredità comitale dei figli di Ruggero I nati dai precedenti matrimoni. Dalle nozze nacquero due maschi, Simone e Ruggero, e due femmine, Matilde e Maximilla (Houben, 1997; trad. it. 1999, pp. 31, 289). Simone morì dodicenne il 28 settembre 1105, quattro anni dopo il padre, deceduto il 22 giugno 1101, e Ruggero divenne così l’unico erede della Contea sotto la tutela di Adelasia.
Dei suoi primi anni di vita si sa poco. Almeno dal 1105 fu educato da Cristodulo, di origine greca o greco-calabrese, ammiraglio degli ammiragli della Contea ed esperto della politica mediterranea, che ne favorì la formazione cosmopolita, tollerante e aperta alle scienze. Nel 1109 Cristodulo fu affiancato da un altro navigato politico, Giorgio d’Antiochia, che con il passare degli anni e fino alla morte fu il principale consigliere di Ruggero.
Durante la minorità Ruggero sperimentò le tendenze centrifughe della feudalità isolana, contrastate dalla madre che nel 1112 trasferì la capitale della Contea a Palermo, densamente popolata da musulmani, enfatizzando la proiezione mediterranea della nuova entità politica. Con la maggiore età, consigliato da Cristodulo e Giorgio d’Antiochia, Ruggero proseguì la politica paterna: utilitaristica tolleranza verso i siciliani musulmani, depositari di utili competenze tecnico-amministrative e forza lavoro cruciale per un’isola ricca di produzioni agricole; protezione e incentivazione delle iniziative monastiche tanto latine quanto italo-greche, per lo sfruttamento economico del territorio e una blanda conversione dei musulmani; accorte aspirazioni espansionistiche verso il Nordafrica, il Mezzogiorno e il Mediterraneo orientale.
Nel 1112 Baldovino I, re di Gerusalemme, ripudiata senza autorizzazione religiosa la seconda moglie, l’armena Arda di Edessa, chiese in sposa Adelasia, sostanzialmente per rimpinguare con la sua dote le casse del Regno. Le nozze si celebrarono nel settembre del 1113 con la clausola che se non fossero nati figli – evento molto probabile vista l’età di Adelasia – il Regno sarebbe passato a Ruggero alla morte di Baldovino. Ma tra il 1116 e il 1117 il papa minacciò la scomunica per bigamia a Baldovino, ormai gravemente malato, e gli impose di sciogliere il legame, impedendo così un’indesiderata presenza di Ruggero in Terrasanta. Adelasia dovette tornare in Sicilia, dove morì nel 1118. Conseguenza di questi eventi fu la persistente diffidenza di Ruggero verso gli Stati latini d’Oriente e le iniziative crociate.
Nel 1117 Ruggero sposò Elvira, figlia del defunto re di Castiglia e León e della sua quarta moglie, la musulmana convertita Isabella, legandosi così a contesti in dialettica acculturazione con il mondo musulmano. Dal matrimonio, prolifico e segnato da un’inconsueta componente affettiva, nel 1118 nacque il primogenito, chiamato Ruggero; a distanza di circa un anno l’uno dall’altro, nacquero Tancredi, Alfonso e Guglielmo. Successivamente Elvira partorì un altro maschio di nome Enrico e almeno due femmine.
Su ispirazione di Giorgio d’Antiochia, già da alcuni anni Ruggero aveva iniziato ad allestire una potente flotta, per intervenire nel frastagliato panorama politico islamico dell’Africa settentrionale. Dal 1115-16 iniziarono i primi attriti con l’emirato ziride, accresciuti dalle incursioni sulla costa africana svolte fino al 1121-22, quando Ruggero, imputando al dodicenne erede dell’emirato ziride il saccheggio e la conquista di Nicotera, operati invece dal protettore del giovane, il dinasta almoravide del Marocco Alì-ibn-Iusuf, tentò di conquistare Mahdia con una fallita spedizione marittima nell’estate del 1123, di cui forse imputò la responsabilità a Cristodulo, del quale non si hanno notizie a partire dal 1124.
Contemporaneamente Ruggero operava nel Ducato di Puglia, retto dal nipote Guglielmo cui non riconosceva la superiore autorità feudale. Nel 1121 penetrò nei territori del nipote, costringendo papa Callisto II, signore in capite del Ducato, a mediare – senza successo – recandosi personalmente in Calabria. Tra il 1122 e il 1123 Ruggero ottenne brillanti risultati: il nipote, debole militarmente e bisognoso di denaro, gli propose di rappacificarsi con la mediazione papale, mentre Callisto II autorizzò il trasferimento di Pietro, vescovo gradito a Ruggero, dalla sede calabrese di Squillace a quella arcivescovile di Palermo. Poco dopo comprò la parte di Calabria detenuta dal nipote e vi si recò con un grande esercito, saccheggiando e incendiando il ribelle castello di San Mauro, presso Crotone. Nel 1124, subito dopo la sconfitta africana, sconfinò a Montescaglioso, vicino a Matera, per riprendersi l’eredità della sorellastra Emma, vedova del signore locale, morta da poco, umiliando così un altro nipote, il minorenne Boemondo II, titolare di quelle terre. Poco tempo dopo ottenne la sovranità ufficiale sulla metà di Palermo che era ancora di pertinenza degli eredi di Roberto il Guiscardo e, soprattutto, nel 1125 acquistò da Guglielmo la designazione a erede del Ducato di Puglia.
Nel frattempo Ruggero continuò le operazioni militari a nord della Calabria, pressando la riottosa aristocrazia locale in attesa di far valere le proprie ragioni ereditarie sul Ducato e, morto Guglielmo il 28 luglio 1227, salpò immediatamente per Salerno, capitale del ducato, per anticipare pontefice e aristocrazia meridionale, ostili alla sua successione. Vinta la diffidenza dei salernitani, cui concesse la torre principale della città, fu unto principe di Salerno dal vescovo di Capaccio, non avendo il sostegno di quello di Salerno, Romualdo I. In tal modo egli conseguiva un titolo che gli spianava la strada al Ducato di Puglia. Per ottenere il sostegno dell’aristocrazia, Ruggero concesse a uno dei più importanti signori dell’area, il conte Rainulfo d’Alife, marito della sorella Matilde, di sottomettere quale vassallo il conte Ruggero di Ariano, vanificando la norma per la quale un titolare di feudo non poteva essere vassallo di un pari grado.
Onorio II, giunto a Benevento per decidere le sorti della successione del Ducato, trovato un quadro già delineato a favore di Ruggero, lo scomunicò, opponendogli una lega capeggiata dai maggiori signori del Mezzogiorno, da Rainulfo d’Alife a Roberto II di Capua, da Grimoaldo di Bari a Goffredo d’Andria, da Ruggero di Ariano a Tancredi di Conversano. Alla fine del 1127, mentre tornava in Sicilia per svernare, Ruggero fu acclamato duca dall’esercito a Reggio. Onorio II rinsaldava frattanto il composito fronte antiruggeriano conferendo il titolo di duca di Puglia a Roberto II principe di Capua e caratterizzando lo scontro sotto il segno della crociata.
Due eserciti molto diversi erano ormai pronti a scontrarsi: quello di Ruggero, solo parzialmente composto da aristocratici e forte di soldati puntualmente stipendiati, tra cui abili e fedeli arcieri musulmani, e quello pontificio, tipicamente ‘feudale’, con ottimi cavalieri tenuti però a un servizio relativamente breve. Consapevole di ciò, Ruggero – sottomesse parecchie città e castelli della Puglia e spostatosi verso il fiume Bradano, dove lo aspettava l’esercito nemico – preferì temporeggiare, inviando ambascerie pacificatrici a Onorio II. Il caldo estivo frattanto prostrava l’esercito papale, e poiché Roberto di Capua, sfiduciato, iniziò i preparativi per allontanarsi dalla posizione di stallo, Onorio II preferì inviare a Ruggero i cardinali Americo e Cencio Frangipane alla ricerca di un accordo.
Il 22 agosto 1128, presso Benevento, Ruggero fu investito del Ducato di Puglia, Calabria e Sicilia dal papa, che si garantì però il controllo su Benevento e l’intangibilità del Principato di Capua. L’anno successivo intraprese una nuova campagna per riprendere le città che si erano nuovamente rese autonome, tra cui Bari e Troia, inizialmente sostenuta da Rainulfo d’Alife. Promise quindi al papa che nella stagione successiva lo avrebbe aiutato a sottomettere Benevento, dove si era affermato un regime comunale autonomo, e riunì i duchi presso Melfi, proclamando la volontà di portare pace e giustizia nel Mezzogiorno. Nella campagna del 1130 annullò i privilegi concessi ai salernitani, riappropriandosi della torre principale della città, insediò guarnigioni militari a Troia e Melfi, tolse a Ruggero di Ariano alcuni centri fortificati vicino a Benevento e si assicurò la sottomissione del principe Roberto di Capua.
Lo scisma susseguito alla morte di Onorio II (13 febbraio 1130) fu l’occasione per ottenere la corona regia da Anacleto II, sostenuto dai Pierleoni e dai cardinali meridionali in maggioranza filonormanni e insediato a Roma, mentre Innocenzo II, sostenuto dai Frangipane, si rifugiò in Francia. Ruggero realizzò così un progetto maturato da tempo, che presupponeva la restaurazione di un antico Regno di Sicilia. Acclamato re dai vassalli a Salerno e ottenuta l’investitura il 27 settembre 1130, partì per Palermo dove si fece acclamare re da un’assemblea popolare nell’imminenza del giorno di Natale, quando fu incoronato re di Sicilia, forse dall’arcivescovo Pietro.
Continuò poi la già avviata riorganizzazione delle diocesi siciliane ristrutturando quella di Palermo, cui nel 1131 affiancò Messina quale sede metropolitica con i vescovadi suffraganei di Catania, già esistente, e Lipari-Patti e Cefalù, creati per l’occasione. Contemporaneamente elargì concessioni e dotazioni a parecchi monasteri del Mezzogiorno, proseguendo nel tradizionale sostegno al monachesimo italo-greco in Sicilia e nella punta meridionale della Calabria, culminato nella fondazione dell’archimandritato di San Salvatore in Lingua Phari sulla punta della falce che chiude il porto di Messina. Il segno più alto della neonata regalità Ruggero volle manifestarlo con l’edificazione della Cappella Palatina, nel Palazzo reale palermitano, simbolo concreto di una concezione del potere all’incrocio tra quella califfale fatimita e quelle imperiali bizantina e germanica, e nella costruzione (o riedificazione) di molteplici edifici dedicati allo svago e alla caccia nei dintorni della capitale.
Nel 1131 Ruggero sottomise rapidamente la ribelle Amalfi, imponendole un presidio militare e inducendo alla sottomissione il duca di Napoli. Dalla maggiore feudalità, però, giungevano pessimi segnali: Rainulfo d’Alife, a Roma con il fratello Riccardo, rifiutò di raggiungere Ruggero a Salerno, dove invece si era recata con il figlioletto la moglie Matilde, sorellastra del nuovo re di Sicilia che, accompagnata dal figlio, si recò a Palermo. La stagione militare del 1132 si aprì positivamente: Ruggero tolse i feudi al conte ribelle Goffredo d’Andria; conquistò Bari soggetta al principe Grimoaldo (imprigionato e inviato in Sicilia); sottomise Tancredi di Conversano, che gli consegnò Brindisi e le città da lui dominate in cambio di denaro e del permesso di emigrare in Terrasanta. Subito dopo Ruggero chiese al principe di Capua, Roberto, di appoggiare militarmente Anacleto II; egli acconsentì in via di principio, ma pose l’inaccettabile condizione che al suo vassallo Rainulfo d’Alife venissero restituiti moglie e figlio.
Successivamente, il 25 luglio 1132 Ruggero fu sconfitto presso Nocera, ma si asserragliò a Salerno, rafforzò le fortificazioni attorno a Benevento e recuperò Bari, nuovamente insorta. La Basilicata e parte della Puglia si erano sollevate al seguito dei ribelli, tra cui spiccava Tancredi da Conversano che, tradendo i patti, non si era recato in Terrasanta. Nel 1133 il fronte antiruggeriano non poté tuttavia contare sull’auspicato aiuto di Lotario III, disceso in Italia per farsi incoronare imperatore a Roma da Innocenzo II. Intanto Ruggero risaliva la penisola riconquistando Venosa, Montepeloso (dove catturò Tancredi di Conversano inviato in catene in Sicilia), Acerenza, Bisceglie e Trani, mentre a Bari riprese i lavori di costruzione del castello interrotti l’anno precedente; fu spietato con gli abitanti di Troia e di Ascoli Satriano, e nel 1134 ottenne il rinnovo della fedeltà da molti vassalli, fra i quali Rainulfo d’Alife, mentre il principe di Capua non rispose all’ultimatum di sottomettersi entro la metà di agosto.
Tornato in Sicilia, alla fine del 1134 Ruggero si ammalò, rischiando la vita per un male cui non sopravvisse la moglie Elvira, morta nel febbraio del 1135. Ruggero, prostrato, si rinchiuse nel palazzo, favorendo la voce della sua morte. La falsa notizia spinse Roberto di Capua, rifugiato a Pisa, a recarsi con molte navi e uomini a Napoli, dove era già atteso dal duca Sergio e da Rainulfo d’Alife che aveva reclutato quattrocento cavalieri. Durante la campagna militare del 1136 i pisani, distrutta Amalfi e saccheggiata Ischia, furono bloccati da Ruggero che rase al suolo Aversa, passata al principe di Capua, poi ricostruita. Tornando in Sicilia, Ruggero rafforzò il dominio familiare sul Regno: aveva già investito il primogenito Ruggero del Ducato di Puglia, e il secondogenito Tancredi del Principato di Bari, ora investiva del Principato di Capua il terzogenito Alfonso, rendendo unitariamente connessa alla famiglia regia la tripartizione del Mezzogiorno normanno. Mutò quindi la propria intitolazione da «Re di Sicilia e Italia» a «Re di Sicilia, del ducato di Puglia e del Principato di Capua» (Houben, 1997; trad. it. 1999, p. 88).
Frattanto tutta l’Italia centro-settentrionale era passata a Innocenzo II, decisamente sostenuto da Bernardo di Chiaravalle, mentre l’imperatore Lotario III, sconfitto il rivale Corrado III, garantiva a Innocenzo II una spedizione per scacciare Anacleto II e Ruggero. Nel maggio del 1137 le truppe imperiali, tra cui figuravano i feudatari ribelli, e quelle pontificie, si congiunsero a Bari: espugnato il castello normanno, l’imperatore fece impiccare tutti i componenti della guarnigione (molti dei quali saraceni) e distrusse la fortezza.
Ruggero dalla Sicilia aveva vanamente offerto a Lotario III di riconoscerne l’autorità su tutto il Mezzogiorno con l’esclusione della Calabria, ma quando il nemico attaccò Salerno ordinò alla città di arrendersi senza opporre resistenza, costringendo alla clemenza l’imperatore che impedì il saccheggio della città agli alleati pisani. Questi, delusi, sottrassero il sostegno della flotta alla campagna imperiale e si accordarono con Ruggero. Lotario dovette quindi ritirarsi e, d’accordo con Innocenzo II, conferì il titolo di duca di Puglia a Rainulfo d’Alife. Nell’ottobre del 1137 Ruggero riprese Salerno e si vendicò di Capua e Avellino, mentre Napoli gli si arrese spontaneamente e, nonostante il 30 ottobre 1137 fosse sconfitto da Rainulfo d’Alife a Rignano, vicino al monte Gargano, tornò indenne a Salerno. Morto Anacleto II nel gennaio del 1138, durante la consueta campagna primaverile dell’anno seguente Ruggero riconobbe Innocenzo II richiedendogli l’investitura del Regno. Ricevette un rifiuto e la scomunica. Ma l’inattesa morte di Rainulfo d’Alife indebolì il papa. Poco dopo, presso San Germano (l’odierna Cassino), l’esercito pontificio fu attirato in un tranello e il papa cadde prigioniero di Ruggero. Pochi giorni dopo, il 25 luglio, a Mignano, nei pressi di Montecassino, Innocenzo II investì Ruggero del titolo di re di Sicilia, del Principato di Capua e del Ducato di Puglia, riconoscendo anche le subinfeudazioni da lui concesse ai figli, fingendo di rifarsi a un’inesistente investitura concessa da Onorio II per evitare di ricollegarsi ad Anacleto II, ma ribadendo la sua qualità di supremo signore feudale, certificata dall’hominium ligium del re. Non ratificò l’organizzazione interna della Chiesa di Sicilia, avallata da Anacleto II, né concesse all’Altavilla, in caso di guerra, l’aiuto militare di Benevento, che rimaneva in mano pontificia.
Nella primavera del 1140, Ruggero definì lo sfumato confine settentrionale, incaricando i figli Ruggero e Alfonso di assoggettare l’Abruzzo e di conquistare Arce e Sora, che controllavano le vie d’accesso a Campania e Abruzzo, per tracciare nettamente il confine con lo Stato della Chiesa. Negli anni seguenti probabilmente realizzò nel Regno un’articolata rete di castelli, soprattutto per proteggere i più vulnerabili confini settentrionali.
Nel 1140 e nel 1142 Ruggero tenne ad Ariano delle assemblee, le assise – per molti studiosi esemplate sul modello germanico, in cui accanto ai ceti dirigenti feudali e religiosi partecipava anche il popolo – durante le quali in primo luogo promulgò una riforma monetaria modellata sul tarì d’oro arabo che, nonostante un’effettiva semplificazione dei cambi per i commerci a lungo raggio, non ebbe successo. Emanò poi delle leggi, per molti in un corpus unitario scaturito dallo studio delle legislazioni delle varie culture del Regno. Nella prima assise, infine, divulgò l’intenzione di riorganizzare la gestione del Mezzogiorno attraverso le figure dei camerari e dei giustizieri, prima sporadicamente attestate. Furono anche rimodulati i confini delle contee, per esigenze militari e per favorire la costituzione di un fidato ceto comitale imparentato con il re.
Dal 1140 ospitò un erudito marocchino, al-Idrisi, cui commissionò una descrizione del mondo – in verità soprattutto della Sicilia, del Mezzogiorno, del resto d’Italia e delle isole Ionie e dintorni – alla cui stesura Ruggero partecipò grazie ai suoi interessi naturalistici, astrologici e matematico-geometrici, attestati fin dalla gioventù. Si tratta del cosiddetto Libro di Ruggero (scritto in lingua araba), la cui principale finalità era l’acquisizione di aggiornate informazioni di taglio militare ed economico degli spazi di cui l’Altavilla era signore o con i quali interagiva. A conferma di interessi scientifico-tecnologici, nel 1142 fece realizzare un orologio ad acqua, rifacendosi a orologi analoghi esistenti nel mondo islamico. La summa dei suoi interessi culturali dovette poi certamente confluire in una biblioteca, ben dotata di codici greci di scienze naturali.
In Sicilia e in Calabria, prendendo esempio dal califfato fatimita d’Egitto, Ruggero introdusse un ufficio centrale per sovrintendere ai possessi della Corona e all’esazione dei censi dai demani e dai feudi chiamato con nome arabo ad-diwan al-ma῾mur. Qui erano custoditi i registri delle terre demaniali e feudali e le liste dei villani. Intorno al 1145, aggiunse il diwan at tahqiq al-ma῾mur, Corte dei conti deputata al controllo dei confini delle terre demaniali e feudali: dopo la morte di Ruggero avrebbe assunto anche la denominazione latina di Duhana de secretis. Nella cancelleria, il cui peso aumentò dal 1140, esistevano una sezione latina e una greca, mentre è dubbia l’esistenza di una sezione araba, sebbene si producessero documenti redatti da scrivani arabi che introdussero una scrittura nuova e particolarmente elegante, detta diwani, modellata su quella dei califfi fatimiti.
Assestato il Regno, Ruggero proseguì imperialisticamente le proiezioni africana, orientale e italiana, tracciate sin dal conseguimento della maggiore età, meritandosi da parte dei molti nemici l’epiteto di Rex Tyrannus.
Dal 1135 Ruggero intraprese la conquista delle coste dell’Africa prospicienti la Sicilia, iniziando dall’isola di Gerba, testa di ponte verso la Tunisia. Ottenuta la sottomissione dell’emiro ziride al Hasan, iniziò ad attaccare le città costiere. Nel 1144-45 conquistò il porto di Bresk, all’estremo occidente dell’emirato, e le isole delle Kerkenne, davanti alla costa tunisina. Nel 1146 toccò a Tripoli, la cui popolazione fu sottomessa a condizioni miti, facilitando le successive conquiste di Ruggero, che cominciava a essere accettato dai musulmani africani. Nel 1148 caddero nelle sue mani Mahdia e le città di Susa e Sfax e, poco dopo, Gabés, mentre Tunisi iniziò a pagare un tributo al Regno. Ruggero concesse allora ampie autonomie ai centri sottomessi pur sostenendo i cristiani dell’area: nel settembre del 1148 papa Eugenio III poté consacrare a Brescia un arcivescovo d’Africa, risiedente probabilmente a Mahdia. Contemporaneamente, dopo aver vanamente proposto all’emiro di Bugia una lega contro gli Almohadi che minacciavano l’Africa settentrionale da occidente, Ruggero conquistò la città di Bona (oggi Annaba) nell’attuale Algeria, per sottrarla alla conquista almohade. Guidava la flotta siciliana Filippo di Mahdia, successore del defunto Giorgio d’Antiochia. La città, presa nel primo autunno del 1153, fu occupata solo per una decina di giorni, per poi essere affidata a un governatore locale. Contemporaneamente venivano riconquistate e punite con severità le isole di Gerba e di Kerkenna. Questo fu il punto massimo dell’espansione normanna in Africa.
Nel settore del Mediterraneo orientale, fallito un progetto matrimoniale tra uno dei figli e Costanza, unica erede del Principato d’Antiochia, Ruggero nel 1143 intavolò trattative per far sposare il primogenito con una principessa bizantina, ricevendo però una risposta sprezzante dall’imperatore Manuele I Comneno. Pochi anni dopo, sfumata una spedizione congiunta degli imperatori d’Occidente e d’Oriente contro di lui, intraprese una campagna marittima contro Bisanzio.
La flotta siciliana salpò da Brindisi e Otranto nel 1147. Le isole Ionie vennero facilmente assoggettate. Nel Peloponneso Monemvasìa riuscì a resistere, Nauplion e Modone furono incendiate. Risalendo verso nord la flotta attaccò Tebe, ricco centro di produzione serica, saccheggiandola e catturando maestranze esperte nell’arte serica. Di ritorno in Sicilia furono saccheggiate Atene, Calcide e Corinto. L’imperatore Manuele I Comneno reagì alleandosi con Venezia, determinata a evitare l’egemonia ruggeriana all’imbocco dell’Adriatico. Nella primavera del 1148 la flotta siciliana fu sconfitta a Capo Malea, ma nemmeno un anno dopo forzò il porto di Costantinopoli, compiendo atti vandalici. Durante il viaggio di ritorno catturò alcune navi bizantine sulle quali viaggiava il re di Francia, Luigi VII, reduce dalla crociata, che fu trattato onorevolmente. Nel 1149 Bisanzio riconquistò Corfù, determinando una situazione di stallo durata fino alla morte di Ruggero.
L’Altavilla rimase in quasi costante attrito con i pontefici succedutisi fino alla sua morte, arrivando anche a minacciare, con la pubblicazione di un’opera di geografia storico-ecclesiastica del teologo bizantino Nilo Doxapatres, suo ospite a Palermo, la dipendenza della Chiesa siciliana dal patriarcato di Costantinopoli, sganciandola dalla dipendenza romana. Sempre nel 1149, in seguito alla morte del primogenito omonimo, cui erano premorti i fratelli Alfonso ed Enrico, sposò Sibilla, sorella del duca di Borgogna che, però, morì senza dargli figli nel 1151. Nello stesso anno associò al trono il quartogenito Guglielmo e sposò Beatrice di Rethel, dalla quale, pochi mesi dopo la sua morte, avvenuta il 26 febbraio 1154, sarebbe nata Costanza. Ebbe anche molti figli naturali, tra cui Tancredi, conte di Lecce, per un breve periodo re di Sicilia alla fine del XII secolo.
Molto si dibatte ancora sulla tolleranza e sull’apertura alle altre culture, e in particolare quella islamica, da parte di Ruggero. Una tolleranza messa in dubbio dall’atroce morte inflitta all’ammiraglio Filippo di Mahdia. Secondo le fonti cristiane perché aveva finto la conversione, rimanendo musulmano come, del resto, molti funzionari del Regno. È probabile, però, che l’esecuzione fosse dovuta al reato di lesa maestà, avendo Filippo derogato agli ordini regi in occasione della conquista della città africana di Bona. Forse la spiegazione più plausibile per un sovrano animato da una concezione assoluta e quasi sovrumana del potere.
Di Ruggero non restano ritratti realistici certi. Pare fosse corpulento e avesse volto leonino, e voce roca. Più volte è rappresentato con la barba, in particolare in un mosaico della chiesa palermitana della Martorana, fondata da Giorgio d’Antiochia, in cui è rappresentato nell’atto di essere incoronato da Dio, vestito con i paramenti degli imperatori bizantini, ma con anacronismi dell’abbigliamento, legati a iconografie imperiali passate, che sembrerebbero rimandare a una sorta di idea imperiale bizantina proiettata verso un glorioso passato.
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