JACOBBI, Ruggero
Scrittore, traduttore, saggista, regista teatrale, nato a Venezia il 21 febbraio 1920, morto a Roma il 19 giugno 1981. Giovanissimo collaboratore di testate d'avanguardia (Campo di Marte, Corrente, Letteratura, Circoli), ha diviso la sua vita tra Italia e Brasile (ove visse negli anni 1946-60), esprimendo ovunque la sua natura d'intellettuale eclettico e appassionato, attento non solo alla critica letteraria e teatrale, ma anche al cinema e alla televisione.
La sua capacità di creare sintesi definitorie, unita a una straordinaria partecipazione umana alla ragione dei testi, la costante possibilità di fondere cultura e impegno, analisi storica e proiezione verso il futuro, guidano i suoi profili di autori (Rimbaud, Maeterlink, O'Neill), le sue pagine sulla poesia brasiliana del Novecento (a lui si devono le prime due antologie italiane: Lirici brasiliani dal modernismo a oggi, 1960; Poesia brasiliana del Novecento, 1963), i suoi saggi d'italianistica (Primo Novecento, 1965; Secondo Novecento, 1965; Poesia futurista italiana, 1968; ''Campo di Marte'' trent'anni dopo, 1968), lasciando sempre intravvedere, oltre il rigore dell'indagine critica, i segni di personali consonanze (la poesia di Campana, di Onofri, di Gatto, i maudits francesi). La produzione poetica − alcune raccolte edite (Poemi senza data, 1955; Sonetti e poemi, 1972; Angra, 1974; Novecento letto & erario, 1975; Despedidas, 1976; Le immagini del mondo, 1978, premio Vallombrosa; e dove e quando e come, 1980) e non pochi inediti − attesta un acuto sperimentalismo, la capacità di fondere l'originaria matrice ermetica (indelebile il legame con la terza generazione fiorentina) con la suggestione di poetiche apparentemente divergenti (su modello dell'opera di Machado e Pessoa), nella creazione di un'action poetry squisitamente personale.
Ordinario di Letteratura brasiliana all'università di Roma, traduttore privilegiato di J. Amado, J. de Lima, M. Mendes, ha dedicato particolare impegno al teatro, come autore (O outro lado do río, 1959; Ifigênia, 1962; Porto degli addii, 1967; Il cobra alle caviglie, 1969; Edipo senza sfinge, 1972), e come lettore e critico (fra gli italiani ha studiato soprattutto Pirandello, Bontempelli, Rosso di San Secondo − di cui ha curato l'edizione completa del Teatro, 1975 −, fra gli stranieri Ibsen e O'Neill). Un suo libro, Teatro in Brasile (1961), è tutt'oggi essenziale per la comprensione della cultura brasiliana e per lo studio dei rapporti con il grande teatro classico; altri testi (Teatro da ieri a domani, 1972; Guida per lo spettatore di teatro, 1973; Le rondini di Spoleto, 1977) confermano la sua passione per il teatro come spettacolo e come testo, luogo di coincidenza dell'etico e dell'estetico, della vita e dell'arte.
Teorico appassionato e inventivo, nel vivace dibattito tra le linee Bragaglia e D'Amico, sulle quali spesso è tornato negli scritti di teatro, J. ha diretto negli anni Settanta tra grandi difficoltà e intensa generosità esistenziale l'Accademia d'arte drammatica di Roma, sacrificando all'impegno didattico e organizzativo il completamento del proprio lavoro critico (una storia letteraria del Novecento italiano, postuma e frammentariamente recuperata, pubblicata col titolo L'avventura del Novecento, 1984).
Bibl.: Ridotto, 6/7, 1982 (sul teatro di Jacobbi); AA. VV., Diciotto saggi su R. Jacobbi, a cura di A. Dolfi, Firenze 1987; A. Dolfi, R. Jacobbi, Formia 1989 (con schedatura completa delle opere poetiche edite e inedite); R. Jacobbi-O. Macrì, Epistolario, a cura di A. Dolfi (in corso di stampa).