RUGGERI, Ruggero
RUGGERI, Ruggero. – Nacque a Fano, il 14 novembre 1871, da Augusto e da Corinna Casazza, che si erano sposati il 5 ottobre 1870.
La madre, figlia di Giacomo e Paolina Negri, discendeva da un’antica e prestigiosa famiglia di Guastalla. Il padre, laureato in giurisprudenza alla Regia Università di Parma e poi in lettere, divenne insegnante di filosofia e preside del liceo-ginnasio Guido Nolfi di Fano, ma nel 1873, in seguito alle rimostranze che gli vennero mosse per la severità con cui dirigeva l’istituto, lasciò l’incarico e cambiò spesso città, a seconda delle nomine. Ruggero così frequentò la scuola elementare Galileo Galilei a Firenze, il ginnasio in una scuola parificata di Perugia, il liceo Galvani a Bologna, mostrando inclinazione per la poesia, di cui sarebbe diventato fine interprete, e un’abilità nel disegno che gli valse poi per realizzare efficaci caricature.
Con la famiglia Ruggeri si recava spesso a teatro e, dopo le recite, ancora bambino, riproduceva davanti allo specchio le movenze degli attori ma, quando vide recitare a Firenze il suo concittadino Cesare Rossi, decise fermamente di dedicarsi alla recitazione. Non essendo figlio d’arte ma di famiglia borghese, alimentò la sua passione con un’attenta osservazione, lo studio e la lettura di testi teatrali, tanto che convinse l’intransigente padre ad accordargli il consenso di dedicarsi al teatro, a patto che prima si laureasse.
In seguito all’improvvisa morte del padre (1886), smise di studiare e si presentò a Bologna a Cesare Rossi, declamando una scena di Patrie! di Victorien Sardou. L’attore, favorevolmente colpito dall’intraprendenza del giovane, lo inviò con una lettera di presentazione al capocomico Francesco Gervasi Benincasa, con il quale Ruggeri debuttò, a Cassino, il 18 febbraio 1888, in Agnese di Felice Cavallotti, distinguendosi per la recitazione del ‘brindisi’ in versi; in conseguenza del successo riscosso, si esibì nella sua prima serata d’onore (18 giugno 1888), privilegio che solitamente spettava agli attori già affermati.
In poco più di un anno passò rapidamente da generico ad amoroso in compagnie secondarie, a primo attor giovane nella prestigiosa Drammatica compagnia italiana Gustavo Modena (1890) di Adelaide Tessero. Grazie allo studio assiduo e ai consigli dell’attrice, nipote di Adelaide Ristori, e di Luigi Monti, primo attore della compagnia e suo primo maestro, consolidò la sua personalità attoriale. Acquisì eleganza e naturalezza nella dizione, senza esagerare nella ricerca degli effetti, e imparò a creare un’atmosfera di tensione negli spettatori, trattenuta fino al punto culminante della pièce. Sperimentò anche la ‘commedia sociale’ italiana (Paolo Giacometti, Paolo Ferrari) e francese (Alexandre Dumas figlio – con L’amico delle donne – Émile Augier, Victorien Sardou), in testi che divennero suoi cavalli di battaglia.
Con gli insegnamenti di Ermete Novelli, tra il 1891 e il 1898, da lui considerato un nuovo maestro, arricchì le intonazioni della sua voce ferma e pacata, con innumerevoli sfumature, uscendo dai canoni tradizionali dell’attore che declamava. Con la compagnia di Novelli e Claudio Leigheb, esibendosi anche in ruoli di brillante, partecipò a trionfali tournées in Spagna e in America Latina, e a Roma (4 febbraio 1896) ebbe l’onore di affiancare, in Otello di William Shakespeare, nel ruolo di Cassio, Tommaso Salvini (Otello), che si esibiva solo occasionalmente, ed Ermete Novelli (Jago) in un proficuo confronto di tre generazioni di attori.
Significativa fu la decisione di Novelli di affidare poi a Ruggeri la sua parte di Jago, in occasione di una delle repliche di Otello, al teatro Manzoni di Milano: dopo averlo osservato, il capocomico decise che Ruggeri era pronto per diventare primo attore e così, anche se a malincuore, gli consigliò di collocarsi in una compagnia in cui potesse essere protagonista. Ruggeri gestì il suo primo capocomicato con Bianca Iggius, all’inizio del 1900, finché entrò nella compagnia Talli-Gramatica-Calabresi, composta dai più importanti attori dell’epoca, diretti da Virgilio Talli, insieme ai quali incontrò Gabriele D’Annunzio.
Fu anzi merito di Ruggeri se il poeta, che lo aveva apprezzato a Venezia, il 7 marzo 1902, nell’interpretazione della sua canzone In morte di Giuseppe Verdi, affidò proprio alla compagnia, fra le tante interessate, l’allestimento di La figlia di Iorio.
Al debutto della tragedia (Teatro lirico di Milano, 3 marzo 1904), D’Annunzio riscosse il suo primo vero successo in teatro: la critica segnalò l’accuratezza della messinscena e riconobbe in Ruggeri il trionfatore della serata nelle vesti del pastore Aligi.
L’attore valorizzò la musicalità del testo e rivelò nuove corde recitative, ispirate al simbolismo, mostrando uno stato di ‘trasognamento’, di cui scrisse: «L’estasi di Aligi nacque forse in me dall’estasi con la quale ascoltai il suo canto dalla voce stessa del Poeta» (Recitando D’Annunzio, in Scenario, 4 aprile 1938, p. 192). Con questo personaggio, modulò il suo modo di recitare in una melodia, come se i versi venissero cantati, peculiarità che lo avrebbe contraddistinto anche nelle successive interpretazioni in cui ogni singola parola acquisiva valore.
Ruggeri restituì vita scenica ad altri testi dannunziani, nel 1906 a Più che l’amore, nel 1921 a Il ferro e nel 1922 a La parisina; inoltre, nel 1934 accettò di interpretare di nuovo, dopo più di trent’anni, Aligi per affiancare Marta Abba nella parte di Mila di Codra, con la regia di Luigi Pirandello e con scene e costumi di Giorgio De Chirico; poi recitò, in quinta, il sirventese All’Adriatico in La nave (1938), suscitando grande emozione.
Dopo aver creato un binomio equilibrato e affiatato con Emma Gramatica (1906-09), nonostante le due spiccate personalità, costituì dal 1909 per oltre quarant’anni la Compagnia drammatica italiana diretta da Ruggero Ruggeri, e annotò tutte le recite su taccuini statistici, oggi conservati presso il Museo Biblioteca dell’Attore di Genova: uno con il riassunto delle compagnie e delle piazze, dall’esordio del 1888 al 1942, e gli altri dettagliati dal 1906 al 1953. Mostrò doti di oculato capocomico nella direzione e nell’organizzazione di trionfali tournées in Italia e in America Latina, scoprì nuovi talenti, valorizzando le sue numerose primedonne, tra cui Lyda Borelli, Vera Vergani, Andreina Pagnani, Paola Borboni, Lilla Brignone, Ernes Zacconi, Wanda Capodaglio.
Come risulta dalle lettere di richieste di novità a impresari e drammaturghi, rinnovò spesso il suo repertorio, dando popolarità ad autori italiani (tra gli altri Marco Praga, Sabatino Lopez, Giuseppe Giacosa, Nino Martoglio, Roberto Bracco, Vincenzo Tieri, Gerolamo Rovetta). Nelle accurate note autografe sui suoi copioni, emerge che adattò personalmente, e a volte tradusse, testi stranieri che rese celebri in Italia, come L’artiglio di Henry Bernstein, Quella vecchia canaglia di Fernand Nozière, Il bosco sacro di Robert de Flers e Gaston de Caillavet, Deburau di Sacha Guitry, L’avventuriero di Alfred Capus.
I suoi innovativi adattamenti di Amleto (1915) e di Macbeth (1916) di Shakespeare sovvertirono la precedente tradizione interpretativa e divennero un canone di confronto per i successori.
Come per molti altri testi teatrali, recitò anche nella versione cinematografica di Amleto (regia di Eleuterio Rodolfi, 1917); si dedicò al cinema muto (1914-30) e sonoro (1934-53) e, tra i suoi numerosi film, rimangono indimenticabili il ruolo del cardinale Federico Borromeo ne I promessi sposi di Mario Camerini (1941) e la voce di Cristo dal crocefisso nei celebri film con Fernandel e Gino Cervi, Don Camillo (1952) e Il ritorno di Don Camillo (1953), tratti dai romanzi di Giovanni Guareschi.
Fondamentale fu la sintonia che si creò con Pirandello, con il quale scambiò numerose lettere: il drammaturgo aveva individuato in lui il suo interprete ideale e, dopo avergli chiesto invano di mettere in scena Così è (se vi pare), ottenne che debuttasse in Il piacere dell’onestà (Torino, 13 novembre 1917), nel quale, con il personaggio di Baldovino, Ruggeri rinnovò il successo di Aligi e avvicinò un vasto pubblico al teatro del drammaturgo e scrittore siciliano. Come sottolineò Piero Gobetti, Pirandello aveva risvegliato «le sue vere qualità e la sua originalità di uomo riflessivo e di dicitore dialettico» della sua drammaturgia (Ruggero Ruggeri, in Il Contemporaneo, 15 gennaio 1924). Quando Pirandello pubblicò Maschere nude (Milano 1918), lo dedicò a Ruggeri, dimostrandogli stima per aver valorizzato il suo teatro.
Pirandello scrisse su misura per la particolare recitazione di Ruggeri ruoli che, dal debutto in poi, arricchirono il suo repertorio: Leone Gala in Il giuoco delle parti (1918), Martino Lori in Tutto per bene (1920), Enrico IV (1922) – a cui la sua primadonna Alda Borelli si rifiutò di partecipare perché non vi era, a suo parere, una parte rilevante per lei –, Romeo Daddi di Non si sa come (1935), il padre di Sei personaggi in cerca d’autore (1936).
Con la rivoluzionaria interpretazione di Tutto per bene, Ruggeri scardinò le convinzioni del teatro, secondo le quali la scena madre andava gridata, ma espresse, con l’intensità della sua voce, un dolore tutto interiore, misurato, non ostentato, rivelandosi così un attore nuovo nel panorama teatrale dell’epoca. Inoltre con Enrico IV, come sottolinearono, fra gli altri, Leonardo Bragaglia (Pirandello e i suoi interpreti, Roma 1984, p. 175) e Vito Pandolfi (Antologia del grande attore, Bari 1954, pp. 409s.), incarnò l’inquietudine e la malinconia dell’uomo contemporaneo, dando così vita scenica alla filosofia di Pirandello e dimostrando, anche nelle successive interpretazioni, di svolgere uno studio approfondito sul personaggio.
Nel privato aveva un carattere difficile, riservato ed era molto legato alla madre, figura di riferimento della sua vita: le scriveva per raccontarle le sue tournées e smise di recitare per starle vicino durante la lunga malattia. Quando la madre morì (1923), Ruggeri partì per un lungo viaggio in Europa e in America del Nord e conobbe una giovane francese, Germaine Darcy, che sposò il 4 marzo 1926. Rientrato in Italia dopo aver vissuto due anni a Parigi, venne festeggiato come il maggior interprete italiano e, dopo l’atteso debutto con Il nuovo idolo di François De Curel (30 marzo 1929), riprese a riscuotere i consueti successi.
Incuriosito dal diffondersi dei programmi radiofonici, per sperimentare il nuovo mezzo di comunicazione, registrò, tra gli altri testi, Il piacere dell’onestà con la regia di Alberto Casella (1940), dando l’ennesima prova della sua duttilità e ottenendo sempre un alto indice di ascolto.
Durante la guerra, mentre viveva a Roma per esibirsi occasionalmente, la sua casa di Milano venne distrutta dai bombardamenti, così al ritorno fu costretto a condividere con altri un’abitazione offertagli dal Comune finché, per interessamento del sindaco Antonio Greppi, ottenne un nuovo appartamento. Alla fine del conflitto riprese a recitare con l’entusiasmo e l’energia di sempre, nonostante l’avanzare dell’età, senza mostrare stanchezza o cedimenti, tanto che Silvio D’Amico affermò: «Ruggeri non conobbe mai decadenza» (Aligi dorme per l’eternità, in Il tempo, 21 luglio 1953).
Il suo repertorio teatrale rimase prevalentemente invariato, aggiungendo ruoli eccezionali, tra cui il diacono Martino in Adelchi, diretto da Renato Simoni (1940), Thomas Becket di Assassinio nella cattedrale di Thomas Eliot (1946), rappresentato per la prima volta in Italia, Pick-up Girl di Elsa Shelley (1946) con la regia di Giorgio Strehler, Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari (1947), Tiresia in Edipo re di Sofocle, con la regia di Guido Salvini (1948), Jack il malinconico in Come vi piace di Shakespeare, Egisto in Oreste di Vittorio Alfieri, spettacoli entrambi diretti da Luchino Visconti e inoltre I Dialoghi di Platone (Fedone, Critone), L’uomo dal fiore in bocca di Pirandello (1950) e Carlo Gozzi di Simoni (1952).
Nell’ultimo anno di vita Ruggeri fu il primo artista non inglese a debuttare a Londra nel famoso St. James Theatre di Laurence Olivier e poi al Théâtre Saint Georges di Parigi per una tournée di Enrico IV e Tutto per bene, organizzata dall’impresario Remigio Paone. Nella prima serata londinese (20 aprile 1953) Ruggeri conquistò il pubblico e Olivier che, seduto di fianco a Paone, applaudì calorosamente, vincendo la sua riservatezza; recatosi, emozionatissimo, in camerino, si inginocchiò e gli baciò le mani.
Rientrato a Milano, l’11 luglio 1953, per un attacco improvviso di tromboflebite, fu ricoverato nella clinica Columbus e, in seguito a complicazioni polmonari e dopo essere entrato in coma, morì il 20 luglio.
I funerali solenni, partendo dall’abitazione di via Borromei, furono celebrati nella chiesa di S. Alessandro a Milano e il corteo proseguì per il cimitero Monumentale, in cui l’attore venne tumulato nel Famedio; sulla tomba furono incise le parole di Pirandello: «Maestro d’ogni composto ardire».
Fonti e Bibl.: Genova, Museo Biblioteca dell’Attore, Fondo Ruggero Ruggeri; Roma, Biblioteca teatrale SIAE del Burcardo, Autografi Ruggero Ruggeri; Milano, Biblioteca Livia Simoni, Autografi Ruggero Ruggeri; Fano, Biblioteca comunale Federiciana, Fondo Ruggero Ruggeri.
A. Manzini, R., Milano 1920; L. Bragaglia, R. R. in sessantacinque anni di teatro rappresentato, Roma 1968; G. Lopez, La “cesta” di R., Milano 1980; L. Bragaglia, Carteggio Pirandello-R., Fano 1987; M. Giammusso et al., Un grande attore e il suo repertorio, Roma 1988; A. Camaldo, R. R. (1871-1953), tesi di dottorato in teoria e storia della rappresentazione drammatica, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, 2002; A. Camaldo, in Ariel, XIX (2004), 2-3, numero monografico: R. R.; Ead., R. R., 2006, voce in Archivio multimediale attori italiani, http://memoria-attori.amati.fupress.net/S100?idattore= 1057&idmenu=1 (13 febbraio 2017).