ruscello
La suffissazione della parola non è sentita come tale da D., trattandosi di un dato meramente etimologico: il senso delle attestazioni è tuttavia " piccolo corso d'acqua ". Così, anche in riferimento all'acqua che si riversa dalla sorgente per un fossato nella palude Stige (In la palude va c'ha nome Stige / questo tristo ruscel, If VII 107): con chiaro giuoco etimologico D. chiama tristo il r. che fa la palude Stige, " e questo nome Stige s'interpreta tristizia, sicché ben si conviene a sì fatta palude " (Buti).
È ancora in riferimento al fiume infernale che scorre attraverso il deserto del terzo girone del settimo cerchio (prima chiamato picciol fiumicello, XIV 77), sia nella similitudine che a esso si riferisce (Quale del Bulicame esce ruscello, XIV 79), sia come uno degli appellativi diretti (e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia, XV 2). L'ultima apparizione del fiume infernale è di nuovo indicata col nostro termine suffissato in -etto, con probabile valore diminutivo, ad accentuare la strettezza del cammino di D. e di Virgilio segnato d'un ruscelletto che quivi discende / per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso (XXXIV 130).
Ugualmente suffissato, è vezzeggiativo più che vero diminutivo, indicante acuto desiderio e rimpianto, in li ruscelletti che sempre stanno innanzi all'idropico Mastro Adamo (If XXX 64; e appare intenzionale il vicino gocciol d'acqua, anche se probabilmente si tratti di forma già neutralizzata nella lingua antica).
Nell'unica occorrenza del Purgatorio ci si riferisce all'età dell'oro, quando pareva nettare ogni acqua corrente: e nettare con sete ogni ruscello (XXII 150).