Russia
I primi riferimenti concreti ai testi di M. in R. risalgono alla seconda metà del 17° secolo. Va ricordato, tuttavia, che la storiografia ha comunque riletto in termini ‘machiavellistici’ alcuni momenti della storia politica russa del 15° e 16° secolo. Tra questi momenti rientra, per es., il regno del ‘premachiavellico’ Ivan III (1440-1505), granduca di Mosca, che riunì con l’uso della forza e dell’astuzia molti territori, respinse i tartari, fece costruire il Cremlino da architetti italiani e sposò Sofia Paleologa, nipote di Costantino XII, l’ultimo imperatore bizantino. Il caso più interessante è comunque quello del celebre Ivan IV detto il Terribile (nato nel 1530, regnò dal 1533 al 1584), granduca di Mosca e poi zar di R., che definiva se stesso «severo con i maliziosi e magnanimo con i buoni». Ivan S. Peresvetov, un gentiluomo al suo servizio, gli presentò un gruppo di scritti particolarmente importanti, il cui contenuto è stato associato più volte ai precetti machiavelliani. Peresvetov dichiarava di aver portato con sé dalle sue peregrinazioni in vari Paesi dell’Europa orientale libri di «dottori latini e filosofi greci», contenenti consigli sul buon governo. In quest’opera si sosteneva che in politica la giustizia (pravda) precede sempre ogni questione religiosa e che il principe deve essere assai cauto verso i ricchi oziosi e deve fondare piuttosto il proprio potere sull’esercito dei propri fedeli. Alcuni hanno sostenuto che dietro il nome di Peresvetov si nascondesse lo stesso zar Ivan IV, che fu considerato addirittura un lettore del Principe di M.; ma l’ipotesi è alquanto improbabile. Con lo zar, disputava intorno a questioni legate alla fede religiosa anche il gesuita italiano Antonio Possevino, fautore dell’antimachiavellismo, che fu legato pontificio e fu, tra l’altro, uno dei precettori del cosiddetto falso Demetrio, salito al trono di R. (1605-06) con l’aiuto dei polacchi. Proprio dalla Polonia potrebbero provenire alcune prime tracce delle teorie di M. in R.: già alla fine del 16° sec., in territorio polacco, si registra l’accusa di machiavellismo nelle dispute politiche. Una certa apertura nel 17° sec., che portò la R. a guardare con insistenza alla cultura europea, garantì la circolazione, nelle biblioteche degli uomini più colti, di libri stranieri in cui M. era esplicitamente menzionato.
Il primo autore a citare espressamente M. in R. fu un croato, il gesuita e panslavista Juraj Križanić (1617-1683), il quale, durante la sua permanenza in Russia (1659-76), fu mandato in Siberia dove scrisse, tra il 1663 e il 1666, un trattato politico rimasto manoscritto, Razgovori ob vladateljstvu (Discorsi sull’arte di governare). Secondo una pratica consueta nei gesuiti, egli non esitava a criticare i politici ‘machiavellici’, ma finiva poi per citare le Istorie fiorentine a conferma di alcune sue tesi. La conoscenza diretta di M. in R. iniziò durante il regno (1682-1725) dello zar Pietro I detto il Grande. Nelle biblioteche dei suoi compagni di guerra – tra i quali figuravano molti stranieri o persone che comunque avevano compiuto i propri studi all’estero, giungendo anche in Italia – si trovavano edizioni delle opere del Segretario fiorentino, sia in italiano, sia in latino, sia in francese.
Allo stesso periodo risalgono però le prime accuse di machiavellismo in Russia. Il primo a essere condannato, anche perché trovato in possesso di una traduzione russa manoscritta del Principe di M., fu il principe Dmitrij V. Golicyn, uno dei cortigiani che avevano tentato di limitare il potere assoluto dell’imperatrice Anna I (nipote di Pietro), invitandola, nel 1730, ad accettare il trono con l’esplicito obbligo di rispettare alcune ‘condizioni’. Dopo un colpo di Stato, l’imperatrice fece incarcerare Golicyn. Anche un ministro di Anna, Artemij P. Volynskij, fu in seguito (nel 1740) condannato a morte per aver criticato il governo nel circolo dei suoi ‘confidenti’. Durante l’inchiesta confessò di essere in possesso della già citata traduzione manoscritta del Principe, da lui recuperata tra le carte di Golicyn mentre era membro del tribunale che aveva accusato quest’ultimo. Anche nelle biblioteche dei giudici di Volynskij – poi mandati in esilio dall’imperatrice Elisabetta – furono trovati libri di Machiavelli. Quanto al manoscritto sopra citato, andato disperso, la traduzione è stata attribuita al conte Pëtr A. Tolstoj, uno dei tanti cui toccò l’accusa di essere un ‘Machiavelli russo’. Si può dire che da quel momento in poi la fortuna di M., fino allora considerato in R. un precettore di tiranni, fu connessa piuttosto ai rivoluzionari e a coloro che desideravano sovvertire il potere e l’autorità. Nel 1779, con dedica all’imperatrice Caterina II, fu pubblicata la traduzione dell’Anti-Machiavel del re di Prussia Federico II. Negli stessi anni l’editore italiano delle Opere di M., Gaetano Cambiagi, donò all’Accademia russa delle scienze l’intera collezione. Nelle biblioteche di eminenti personalità dell’aristocrazia russa del tempo figuravano numerose edizioni delle opere machiavelliane.
Nel 19° sec. M. entrò a far parte a pieno titolo del mondo culturale russo, spesso attraverso l’influenza della cultura francese, e dunque non solo come maestro della politica moderna, ma anche e soprattutto come patriota e filosofo. Il poeta e scrittore Aleksandr S. Puškin giudicò M. «un eccellente conoscitore della natura umana». Egli fece riferimento al pensiero e all’opera di M. per tracciare nelle proprie opere quelle linee che segnarono gli sviluppi successivi della letteratura russa classica: la combinazione di genialità e scelleratezza, la scelta morale fra il bene della comunità (la ragione di Stato) e la coscienza individuale, il dramma del compromesso morale-politico. Questi temi furono ripresi nella seconda metà del secolo da Fëdor M. Dostoevskij e da Lev N. Tolstoj (che peraltro ha lasciato un commento a M.). I rivoluzionari decabristi appartenenti alla generazione di Puškin, insorti contro l’imperatore Nicola I nel dicembre del 1825, avevano letto le opere di M.; e uno dei loro capi, Pavel I. Pestel′, fu denominato Machiavelli russo. Dopo edizioni antologiche, i testi di M. furono tradotti e pubblicati in R. nei decenni intorno alla metà dell’Ottocento (nel 1839 l’Arte della guerra, nel 1869 il Principe – in due diverse edizioni – e i Discorsi).
Nel 20° sec. M. fu per lungo tempo considerato uno scrittore ambiguo e venne guardato con sospetto da un potere sovietico in via di consolidamento. Vladimir I. Lenin lo citò nel 1922 in una lettera al Comitato centrale del Partito comunista, senza però nominarlo, come «uno scrittore intelligente delle questioni politiche». Al periodo della lotta per il potere fra Iosif V. Stalin e i suoi oppositori risale un tentativo di edizione delle Opere di M. nell’ambito del progetto Academia, di cui uscì solo il primo volume (1934), contenente il Principe e le opere minori. I ‘nemici del popolo’ giudicati nel ‘processo dei sedici’ (agosto 1936) – fra cui Lev B. Kamenev, autore della premessa al Principe nella citata edizione delle Opere – furono accusati di ‘machiavellismo’. Riguardo allo stesso Stalin si è parlato spesso di machiavellismo, e va detto che esistono testimonianze di una sua attenta lettura delle opere di Machiavelli. In genere M. era considerato dagli studiosi sovietici un autore che apparteneva ai ‘primi tempi della nascita della borghesia’: da un lato progressivo e rivoluzionario, dall’altro ‘storicamente limitato’. Soltanto dopo gli anni Settanta su M. apparvero in R. alcune considerazioni originali e ben ponderate che si slegavano da una tradizione ormai consolidata, come quelle di Leonid M. Batkin e di Viktor I. Rutenburg, i quali curarono fra l’altro la traduzione delle Istorie fiorentine nel 1972.
A partire dalla fine del 20° sec. M. è diventato un autore politico in voga tra gli studiosi russi, e sono emerse le interpretazioni più diverse del suo pensiero e anche le più bizzarre, in molti casi poco fondate su una lettura dei testi, nonostante si assista a un’ondata di ristampe e di nuove traduzioni. Oggi la gamma di giudizi in R. su M. è alquanto ampia e non distante da quanto circola nel mondo. Si va da chi lo dipinge come un rivoluzionario, un patriota e il fondatore della scienza politica, a chi ne fa un pio cattolico o ancora il presunto inventore della massima ‘il fine giustifica i mezzi’.
Bibliografia: J. Malarczyk, Političeskoe učenie Makiavelli v Rossii, v russkoj dorevoljucionnoji sovetskoj istoriografii (La dottrina politica di Machiavelli in Russia, nella storiografia russa prerivoluzionaria e sovietica), «Annales Universitatis Mariae CurieSkłodowska, sectio G, ius», 1960, 6, pp. 1-20; D. Avrese, Machiavelli in Russia, in Università degli studi di Padova, Facoltà di economia e commercio in Verona, Studi machiavelliani, Verona 1972, pp. 219-46; M. Youssim, Makiavelli v Rossii. Moral′ i politika na protjaženii pjati vekov (La fortuna di Machiavelli in Russia. Morale e politica in cinque secoli), Moskva 1998; E.A. Rees, Political thought from Machiavelli to Stalin. Revolutionary machiavellism, New York 2004; P. Carta, Machiavelli in Russia, in Machiavelli nel XIX e XX secolo, a cura di P. Carta, X. Tabet, Padova 2007, pp. 265-86.