RUVO di Puglia (A. T., 27-28-29)
Cittadina della provincia di Bari (da cui dista 35 km.), che sorge sul piede orientale delle Murge di NO., a 260 m. s. m. Conta 25.221 ab. (1931); la popolazione era di 12.209 ab. nel 1861 e di 26.305 nel 1911; è insignificante la cifra della popolazione sparsa. L'abitato è costituito di una parte medievale nel mezzo e della zona moderna all'intorno. Il territorio comunale (222,01 kmq.) si estende per vasta area anche nelle Murge, ed è coltivato a seminativi nella parte alta, e a vigneti, oliveti e frutteti nel terrazzo sottostante. Ruvo ha stazione sulla tramvia Bari-Andria-Barletta ed è congiunta da linee automobilistiche con Molfetta, Corato e Trani.
Monumenti. - Vanto della città è la magnifica cattedrale fondata al principio del sec. XIII, sulla quale il tempo ha steso una bella patina scura. L'originario slancio della facciata terminante in una cuspide acuta è stato appesantito da un allargamento posteriore (v. puglia, XXVIII, tav. CVI). Dei tre portali, quello mediano, più ampio, vigilato da una coppia di leoni in basso e da due grifi all'altezza dell'impostazione dell'arco, ha gli stipiti e gli archivolti ricoperti d'una fitta decorazione plastica in cui convergono, come in tanti altri gruppi di sculture romaniche pugliesi, diverse correnti provenienti dalla Lombardia, dalla Francia, dall'Oriente, fuse e assimilate dagli artefici locali in uno stile fortemente originale. Lungo i pioventi, assai inclinati, delle navate laterali e i fianchi di quella centrale, corrono archeggiature con mensole a forma di teste umane, imitate in buona parte da terracotte greco-pugliesi (v. puglia, XXVIII, p. 511). L'interno, a tre navate e tre absidi semicircolari, rivela, ancor più che la facciata obliqua rispetto all'asse della chiesa, alcune irregolarità costruttive originate dalle interruzioni che subirono i lavori durati a lungo. Al disopra degli archi sporge un ballatoio poggiante su mensole figurate; e, più su ancora, si aprono bifore e trifore entro ampie arcate sostenute da lesene nascenti dal basso. La copertura che in origine era a capriate scoperte è ora a soffitto piano nelle navate mediane e a volte a crociera nelle navatelle.
Accanto alla chiesa s'innalza isolato il campanile, già torre della cinta medievale, e rifatto nel sec. XVIII nella parte superiore danneggiata da un fulmine. Altre due torri cilindriche, che anche esse fecero parte del sistema difensivo della città, si vedono al principio del corso Menotti Garibaldi. Del castello non rimangono che pochi avanzi. Il palazzo Spada, in stile Rinascimento, ha un bel cortile. Nel museo Iatta si conserva una stupenda collezione di vasi antichi, nella maggior parte trovati a Ruvo, che fu nell'antichità il più importante centro di fabbricazione di ceramiche apule (v. oltre). La gemma del museo è il cratere di stile attico del sec. V a. C. con la rappresentazione della morte di Talos.
Storia. - La città di Ruvo (‛Ρύψ e ‛Ρύβα, Rubi) è ricordata da Orazio, nella Satira in cui descrive il suo viaggio a Brindisi (I, v, 94), da Plinio e nel Liber coloniarum. Ma il suo nome, per ciò che riguarda l'antichità, è soprattutto legato ai copiosi e pregevoli prodotti ceramici usciti dalle sue officine. Non è improbabile che le prime di queste, sulla fine del sec. V a. C., fossero impiantate da artisti greci immigrati: così stretta è l'affinità fra i vasi ruvestini e i vasi attici della stessa età. Le officine furono attive per tutto il sec. IV fino al principio del III (v. apuli, vasi), e i loro prodotti, rinvenuti a Ruvo medesima e fuori, riempirono, oltre ai musei di Napoli, di Bari, di Lecce, l'insigne collezione locale di proprietà della famiglia Iatta. Dello stesso periodo sono le monete in argento e in bronzo, coniate dalla città, testimoni della vita commerciale di essa. In età romana Ruvo fu municipio; situata già prima, come testimonia la narrazione di Orazio, su una delle vie che dalla Campania e dal Sannio scendevano nelle Puglie, divenne, dopo l'apertura della via Traiana, una stazione di questa.
Scarse notizie si hanno di essa per tutto il periodo del basso impero, delle invasioni barbariche e della lunga dominazione bizantina. Certo dovette ridursi a borgo di scarsa importanza e solo verso il sec. X le sue condizioni cominciarono a rifiorire.
Suffraganea dell'arcidiocesi di Trani appunto in questo periodo di tempo, di Bari dal 1025, Ruvo fu presto riscattata dall'influenza di Greci e di monaci basiliani e guadagnata all'ordine benedettino e alla tradizione romana. Unita alla contea di Conversano sotto Tancredi; a lui ribelle per istigazione di papa Onorio, fu occupata da Ruggiero; ma, ritornata a Tancredi, quel re la riconquistò a tradimento dopo aver soggiogata la Puglia da Salpi a Brindisi. Roberto di Basavilla l'ebbe in feudo avanti il 1153; privatone poco dopo per ribellione, la riebbe da Guglielmo II con la contea di Loritello. Durante il regno di Federico II Svevo, staccata da Conversano, formò feudo a sé, ebbe ordinamenti proprî e fu fortificata. Fu poi (1269) assegnata da Carlo I d'Angiò a Rodolfo di Colant con la foresta e i casali nel giustizierato di Terra di Bari e con Forenza in Basilicata, salvo la bagliva e il diritto di pascolo: passò ai De Juriaco (1291), che tanto la gravarono di tributi, da provocare particolari provvedimenti regi (1307). Tornata alla corona (1311), fu venduta al conte Terlizzi (1337). Nella guerra tra Angioini e Durazzeschi, il castello di Ruvo fu difeso da Roberto Sanseverino, mentre la "civitas" era occupata dall'ungaro Giovanni Chucz. Carlo III, padre di Ladislao, l'assegnò ai Vrunfort (anteriormente al 1387). Dopo breve signoria di Carlo Zuffo, sotto Giovanna II passò a Giovan Antonio Orsini, figlio di Raimondo principe di Taranto, poi a Gabriele del Balzo Orsini, la cui nipote Isabella la portò in dote al secondogenito di re Ferdinando I d'Aragona. Divenuto Federico re di Napoli (1496), Ruvo fu da lui venduta a Galzerano de Requesens, conte di Trivento e di Avellino. Nella lotta fra Spagnoli e Francesi, fu occupata da questi ultimi, e presidiata da J.-F. de la Palisse (di lì uscirono i 13 Francesi per la famosa disfida di Barletta, avvenuta a poche miglia da Ruvo); ai Francesi la tolse Consalvo di Cordova dopo vivo bombardamento. Dopo breve signoria dei Cardona, fu venduta al cardinale Oliviero Carafa (1510), nella cui famiglia rimase fino all'abolizione della feudalità. La storia di Ruvo nei secoli dal XVI alla fine del XVIII, si compendia nella duplice lotta contro il feudatario usurpatore di territorî, di proventi comunali e di usi civici, finché l'ostinato e illuminato patriottismo del giureconsulto ruvestino Giovanni Jatta riuscì a far prevalere la giusta causa della sua patria, e contro i pastori di Abruzzo, scendenti d'inverno nei piani di Puglia, nemici delle "masserie" a grano e dell'albero, finché la legge 3 dicembre 1808, permettendo la chiusura di terreni appadronati, demaniali e aperti, mise fine alla promiscuità di pascolo e al comunismo agrario. Si democratizzò il 30 gennaio 1799; ma il 2 febbraio l'albero della libertà, per la subita reazione del basso popolo, fu sostituito con le insegne borboniche. Pochi giorni dopo i giacobini innalzarono un "gigantesco cipresso" sormontato da "coppola rossa". Quel simbolo parve una derisione e una trama ai danni del basso popolo, e questo, rincorato dalla voce corsa del bombardamento inglese delle città di Bari e di Barletta, abbatté il cipresso provocatore, s'impadronì dell'amministrazione civica, tenne "schiacciati" clero e proprietarî, invase terre e bosco feudali, minacciò di bruciar vivo l'esattore delle imposte e spadroneggiò su borbonici e repubblicani. I giacobini, aiutati da Giovanni Jatta inviato dal governo a pacificare il paese, s'impadronirono di Ruvo (28 febbraio), costituirono la guardia civica, ristabilirono l'ordine. Il Carafa, ritornato poco dopo al seguito di truppe francesi, trattò con clemenza la città (checché abbiano scritto in contrario il Botta, il Colletta e il Micheroux). Gli altri mutamenti politici di quegli anni e dei decennî seguenti furono caratterizzati dai medesimi contrasti fra proprietarî e contadini nullatenenti. Il rinnovamento edilizio, iniziatosi con la pavimentazione stradale (1804), continuò con la demolizione delle mura e del castello, e ha ricevuto recentemente una spinta notevole. Ma la pagina migliore della Ruvo moderna è nella conquista progressiva della terra redenta all'incoltura e al compascuo, nella sua trasformazione in orti, oliveti e mandorleti per mezzo dell'enfiteusi e di altri contratti agrarî; nell'aver volta la gran massa del suo bracciantato, a strumento di progresso agrario e di civili miglioramenti.
Il fascismo, troncando nettamente la secolare questione degli usi civici e legiferando sulla bonifica integrale, ha reso più larghe e consapevoli per tutte le classi cittadine le finalità di economico e civile progresso.
Bibl.: Corp. Inscr. Lat., IX, p. 33; Philipp, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, col. 1161 segg.; L. Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, Napoli 1797-1816; S. Quagliarella, Monografia di Ruvo, Napoli 1861; Petroni, Ricordi della vita dei due fratelli Giovanni e Giulio Jatta, ivi 1880; A. Jatta e Lojodice, Un diario ruvestino del dott. Domenico Tambone (1798-1816), in Rassegna pugliese, Trani 1895, XII, p. 65 segg.; F. Vigilio, Geomorfogenia della provincia di Bari, in Terra di Bari, III, Bari 1900; A. Jatta, La Puglia preistorica, in Documenti e Monografie della Commissione provinciale di archeologia e storia patria, XIV, Bari 1914, pp. 50, 70, 100, 131, 137; M. Gervasio, I dolmen e la civiltà di bronzo nelle Puglie, in Documenti e monografie della Commissione della provincia di Bari di archeologia e storia patria, XIII, Bari 1913, pp. 95, 185 segg., 195 segg., 318, ecc.; Testini, Il 1799 in Ruvo di Puglia, Bari 1914; M. Mayer, Apulien vor und während der Hellenisierung, Lipsia 1914; A. Jatta, Il castello di Ruvo e le sue vicende, estr. dal numero unico stampato per il IV centenario della disfida di Barletta, Ruvo 1903; G. Ceci, Cronache dei fatti del 1799 di Gian Carlo Berarducci e Vitangelo Bisceglia, in Documenti e monografie a cura della commissione provinciale di archeologia e storia patria, I, Bari 1900; M. Gervasio, Bronzi arcaici e ceramica geometrica del museo di Bari, voll. 2, Bari 1921; M. Mayer, Molfetta und Matera, in Klio, XXI (1927), pp. 40, 283, 290, 295, 329, 356; E. Bernich, La cattedrale di Ruvo di Puglia, Bari 1901; O. Bordiga, L'agricoltura e l'economia agraria delle prov. di Bari, in Terra di Bari, III; C. Colamonico, Murgia brulla e Murgia verde, in Gazzetta del Mezzogiorno, 7 marzo 1928; G. Ceci, Ettore Carafa, in Rassegna pugliese, VI (1889); G. Ceci, Giunta di documenti all'Ettore Carafa, in Rassegna pugliese, VII (1890), pp. 8-9; B. Croce, Storia della rivoluzione napoletana del 1799, 3ª ed., Bari 1912, pp. 192, 208, 297, 305; G. Jatta, Cenno storico sull'antichissima città di Ruvo nella Peucezia, 2ª ed. con prefazione di M. Jatta, Ruvo 1929 (opera fondamentale); A. Lucatelli, La Puglia nel Risorgimento, voll. 2, Bari 1932 e 1934.