Sakamoto, Ryuichi
Compositore giapponese, nato a Nakano (Tokio) il 17 gennaio 1952. Musicista di formazione classica, ma votato alla musica popolare, ha iniziato a comporre per il cinema dopo essersi affermato sulla scena del pop giapponese con la Yellow Magic Orchestra. La sua capacità di accogliere le sollecitazioni più disparate, coniugando influenze occidentali e tradizioni orientali, è stata messa a frutto nel cinema da registi come Ōshima Nagisa, Bernardo Bertolucci e Brian De Palma. Per un film di quest'ultimo, The last emperor (1987; L'ultimo imperatore), S. si è aggiudicato, nel 1988, l'Oscar per la migliore colonna sonora realizzata insieme all'inglese David Byrne e al cinese Cong Su.
Iniziò a studiare pianoforte all'età di tre anni e dopo le prime esperienze in piccole formazioni jazz si dedicò alla musica elettronica. Laureatosi in composizione all'Università di Musica e Belle Arti di Tokyo, nel 1978 formò la Yellow Magic Orchestra, un gruppo che si ispirava al pop elettronico dei Kraftwerk e che riscosse un notevole successo in Giappone. Il suo primo lavoro cinematografico di rilievo, Senjo no merii kurisumasu ‒ Furyō (Furyo) di Ōshima Nagisa, risale al 1983: una scommessa vinta non solo sul piano musicale, grazie soprattutto alla canzone Forbidden colours (composta con David Sylvian, ex cantante dei Japan), giacché con questo film S. ha esordito come attore, rivelando doti non comuni mentre, racchiuso in una maschera gelida e morbosa, si contrappone sul grande schermo a David Bowie (coprotagonista del film).
Alla fine degli anni Ottanta risale il suo secondo, significativo, incontro cinematografico, con Bertolucci. La collaborazione è iniziata con The last emperor, nella cui colonna sonora S. si è curiosamente riservato i momenti più 'occidentali' (orchestra con un'ingente massa d'archi, ampie arcate melodiche, reiterazione di pochi grandi temi principali), mentre l'inglese Byrne ha preferito cimentarsi in motivi orientaleggianti, quasi etnici. Hanno fatto seguito le musiche di The sheltering sky (1990; Il tè nel deserto), scritte questa volta in collaborazione con Richard Horowitz, responsabile dei motivi 'africani': un altro commento dai grandi temi melodici, molto in primo piano, quasi intrusivo, che non si preoccupa tanto dell'atmosfera della storia quanto di tradurre in adeguati termini sonori la forza delle immagini. Un'impostazione, questa, che ha caratterizzato anche la sua terza collaborazione con Bertolucci per Little Buddha (1993; Piccolo Buddha), dove la stratificazione degli ambienti e degli stili ‒ Seattle e il Nepal, l'azzurro dei grattacieli americani e il rosso dei cerimoniali asiatici ‒ si traduce in un plurilinguismo anche musicale.
Nel frattempo S. ha stretto altre collaborazioni, con registi occidentali, come Volker Schlöndorff (The handmaid's tale, 1990, Il racconto dell'ancella), Pedro Almodóvar (Tacones lejanos, 1991, Tacchi a spillo), Brian De Palma (Snake eyes, 1998, Omicidio in diretta), e orientali, come Murakami Ryu (Topazu ‒Tōkyō dekadensu, noto anche come Tokyo decadence, 1991). Ma è stata di nuovo la collaborazione con Ōshima a segnare una svolta; rispetto alle precedenti, quella di Gohatto, noto anche come Taboo (1999; Tabù ‒ Gohatto), è infatti una partitura meno ancorata a un centro tonale, più dissonante e anche più elusiva, che immerge le linee melodiche nelle sonorità della musica ambient, già impiegate in Love is the devil (1998) di John Maybury. Ha infine di nuovo collaborato con De Palma per Femme fatale (2002). Nella produzione non cinematografica di S., che si è accresciuta negli anni a un ritmo intenso, tra riunificazioni della Yellow Magic Orchestra, progetti personali e nuove collaborazioni, una menzione a parte spetta ai notevoli lavori per pianoforte.
E. Comuzio, Colonna sonora ‒ Dizionario ragionato dei musicisti cinematografici, Roma 1992, ad vocem.