SÁ de Miranda, Francisco
Poeta portoghese, nato a Coimbra il 27 ottobre di un anno non ben determinato fra il 1484 e il 1495, figlio di D. Gonzalo Mendez de Saa, appartenente a nobile famiglia. Fece i primi studî nella città natale e i superiori di giurisprudenza nell'università di Lisbona, dove si addottorò, pare, nel 1516, e qualche volta supplì anche nell'insegnamento. Già in quegli anni cominciò a frequentare la corte e scriveva versi secondo la moda d'allora, che furono accolti nel Canzoniere di Resende. Nella corte, attorno al re Manuel, per il suo ingegno e per una certa rinomanza che gli procuravano le sue poesie, fu tra i personaggì più in vista, nobili e poeti, onorato dell'amicizia dell'Infante, il futuro Giovanni III. Ma la corruzione e il lusso che vi dilagavano lo muovevano a sdegno, e perciò finì col trovarvisi a disagio. Giovane di alto sentire, vagheggiava per la sua patria nel campo intellettuale una posizione adeguata a quella che, nel campo politico, le venivano procacciando le esplorazioni e le conquiste fuori d'Europa; invece la poesia, salvo rare eccezioni, non aveva saputo produrre che gli artifizî e le vanità del Canzoniere di Resende, nel quale nessuna eco si sentiva di quello che la patria operava. Queste condizioni della vita di corte e in genere del Portogallo, che non appagavano il suo spirito, avido di un ambiente più sano, di una vita più nobile e più alta, debbono aver contribuito, insieme forse con altre ragioni, a fargli nascere il desiderio di partire per un viaggio. Il certo è che nel 1521, traversata la Spagna, venne in Italia forse nel tempo stesso che vi giunse il suo amico Bernardino Ribeiro, e vi si trattenne quattro o cinque anni. Non abbiamo notizie precise sulla sua dimora in Italia, ma dai versi, in cui fermò alcuni ricordi del viaggio, risulta che visitò alcune delle città italiane, spingendosi fino in Sicilia, senza trovare quella vita che aveva vagheggiato, ma molto acquistando della cultura italiana e imparando delle forme e della metrica della nostra poesia. Forse conobbe anche personalmente alcuni eruditi, scrittori e poeti che menziona nelle sue poesie: Lattanzio Tolomei, parente di Claudio, Jacopo Sannazzaro, Pietro Bembo, Giovanni Rucellai, Ludovico Ariosto e Vittoria Colonna, con la cui famiglia era legato da vincoli di lontana parentela. Nel 1525 o '26 tornò in patria e fino al 1532 dimorò a Coimbra; e quando vi giunse il nuovo re Giovanni III che fuggiva la pestilenza di Lisbona, il Miranda riallacciò le antiche relazioni con lui e con l'Infante dello stesso nome, dal quale ebbe attestazioni di benevolenza.
Per il Miranda quegli anni furono tra i più importanti per la sua attività letteraria, perché cominciò a produrre opere, in cui apparvero per la prima volta in Portogallo le forme e i metri della poesia italiana. A ciò gli vennero impulsi certamente da quel che aveva appreso nel suo viaggio in Italia ma non si può escludere che vi abbiano avuto parte influenze e irradiazioni castigliane, quando si pensa che l'italianismo in Spagna già fioriva da qualche tempo col marchese di Santillana e suoi continuatori, e ultimamente con Giovanni Boscán e con Garcilaso de la Vega, le cui opere non gli erano ignote e che forse conobbe personalmente. Allora fioriva il teatro di Gil Vicente con gli Autos d'ispirazione popolare, che non piacevano al Miranda, il quale si provò a dar l'esempio di una commedia di tipo classico come quelle che aveva conosciuto in Italia; e scrisse Os Estrangeiros in prosa, rappresentati fra il 1527 e il 1528, applauditi dagli amici, ma combattuti dagli ammiratori del Vicente che si erano visti attaccati nel prologo. Del 1528-29 è la bella Fabula do Mondego nella forma metrica della stanza di canzone, del 1532 circa l'egloga Alejo nel vecchio metro nazionale delle redondilhas, ma con alcune ottave che sono le prime scritte in Portogallo; e infine appartengono al medesimo periodo di tempo molti sonetti indirizzati ad amici. Con queste poesie che additavano nuove forme e insieme davano nuovi spiriti alla poesia portoghese, la fama del Miranda cresceva, ma cresceva pure l'opposizione dei suoi nemici letterarî. Si aggiungeva nel poeta il dispiacere di veder il Portogallo, sebbene le ricchezze vi affluissero in gran copia dall'India, non salire a quella potenza che era da aspettarsi, ma anzi per l'abbandono del lavoro dei campi e di altre attività della vita, intristire nell'ignavia. Anche nell'ambiente di corte cominciò di nuovo a trovarsi a disagio dopo che l'amico suo Bernardino Ribeiro fu costretto da intrighi ad allontanarsene ed egli lo difese nobilmente in un'egloga, le cui allusioni punsero un alto personaggio. Tutte queste ragioni ci spiegano come il Miranda nel 1534 abbandonasse il movimento della vita mondana e si ritirasse in campagna in una casa "Quinta da Tapada" vicino al Rio Neiva. Quivi col reddito della commenda dell'ordine di Cristo, che ultimamente aveva ricevuto dalla benevolenza del re Giovanni III, e il poco che gli veniva dalla sua privata fortuna, S. de M. visse nella quiete della campagna visitato e confortato da amici. La seconda egloga Basto, composta in quegli anni e dedicata all'amico Nunalvares Pereira, nella celebrazione della vita di campagna in contrasto con la vita di corte (motivo vecchio, ma sgorgato in lui da ispirazione viva e fresca), della sobrietà e della modestia contro gl'impulsi dell'ambizione e dell'egoismo, riflette gl'ideali morali del poeta, che informano, si può dire tutta l'opera sua. Ai conforti della nuova dimora s'aggiunsero presto quelli della vita familiare, ché nel 1536 si unì in matrimonio con D. Briolanja de Azevedo, sorella di un suo carissimo amico, e n'ebbe due figli.
Sembra che non molto tempo dopo il suo arrivo nella "Quinta da Tapada" egli ricevesse in dono un manoscritto delle poesie di Garcilaso de la Vega e del Boscán, rappresentanti, come è noto, della scuola poetica italiana in Castiglia, e la lettura di quei versi gli riaccendesse l'entusiasmo per la poesia italiana. Fra il 1535 e il 1538 scrisse cinque egloghe in versi endecasillabi, e la seconda commedia in prosa Os Vilhalpandos, di tipo classico come la prima, che fu recitata alla presenza dell'Infante cardinale Enrico. Dopo non produsse altro di notevole. Le condizioni della patria gli apparivano peggiorate. Ai mali già lamentati vedeva aggiungersi la potenza nefasta dell'Inquisizione, ond'egli reputava non esservi luogo ormai per la poesia che esprimesse liberamente il pensiero del poeta, e si limitava a sfogare la sua amarezza in privato con gli amici; pago di vedere che l'opera sua innovatrice avea trovato seguaci e già s'annunziava la gloria di Luigi Camões che cominciava a esser conosciuto pei sonetti, le canzoni e le elegie. In questo ultimo raccoglimento del suo spirito vennero a colpirlo alcuni fieri dolori: la morte del figlio maggiore, caduto nell'assedio di Ceuta (1553), compianto in un'egloga dal Camões; della moglie (1555), del suo amico l'Infante Giovanni (1554), che pianse in una commossa elegia, e infine del re stesso Giovanni III il quale gli aveva sempre dimostrato molta benevolenza. Il 15 marzo 1558 S. de M. morì.
Le opere di S. de M. furono pubblicate la prima volta nel 1595 e ristampate in seguito parecchie volte fino all'ultima edizione del 1885 curata da Carolina Michaëlis de Vasconcellos. In questa le poesie sono ordinate come le volle il Miranda inviandole a tre riprese al suo ammiratore, l'Infante Giovanni che gliene avea fatto richiesta; ma ad esse sono aggiunte quelle che il poeta non mandò e altre che fino al 1885 erano rimaste inedite. Sono in tutto 189 poesie, delle quali 74 il Miranda, seguendo la moda, antica e così diffusa nei secoli XVI e XVII, scrisse in lingua spagnola, un po' impacciata, ma corretta. Molte sono nelle forme tradizionali della lirica portoghese e nei versi delle redondilhas: cantigas, vilancetes, esparsas, trovas, ecc., ma insieme con esse ci sono una cinquantina di sonetti, alcune canzoni (una alla Vergine è imitazione della petrarchesca), cinque elegie in terza rima, nove egloghe, di cui sei nella forma metrica della terzina o della canzone o dell'ottava, e infine sette Epistole (Cartas) di tipo oraziano, di cui qualcuna in terzine o in ottave.
Se a tutto questo si aggiungono le due commedie già ricordate e un poema in redondilhas su s. Maria Egiziaca, pubblicato soltanto recentemente, avremo il completo patrimonio poetico di S. de M. Egli non fu un grande poeta, ma ha un posto onorevole nella letteratura portoghese non solo storicamente per avere aperto nel Portogallo la via alla cultura e alla letteratura italiana e additato come modelli ai poeti del suo paese, i grandi italiani dal Petrarca all'Ariosto, dai quali derivò egli stesso spiriti e forme; ma anche per pregi intrinseci non trascurabili. Molti dei suoi versi sono d'amore, ispirati da sincero sentimento, espressivi di vera commozione intima; altri sono occasionali, e sebbene non immuni da artifizî, hanno sempre un pensiero che rivela l'alto sentire del poeta. E altezza di pensiero, nobiltà di sentire troviamo nelle Cartas, epistole sentenziose in quintilhas, e nelle Egloghe che insieme con gli altri pregi rivelano virtù descrittive di luoghi e spettacoli naturali. Le Egloghe, secondo le finzioni consuete alla poesia pastorale, sotto i nomi finti nascondono personaggi reali con allusioni a fatti della vita del poeta o della corte. Di esse, oltre le già ricordate Alejo e Basto che è forse la più originale, sono notabili ancora: Celia, ninfa del Mondego, in cui è adombrato un amore del poeta, Andrés, che ritrae pur essa una vera storia d'amore, Encantamento, che contiene nella forma della canzone, il racconto, mirabile per finezza di stile, della favola di Amore e Psiche secondo Apuleio, e infine Nemoroso, dedicata al principe dei lirici castigliani, Garcilaso de la Vega, di cui si esalta la fama un anno dopo la sua tragica e immatura morte.
Già vivo, il Miranda fu celebrato ed ebbe testimonianze del plauso dei suoi ammiratori nelle poesie che gli furono indirizzate dai poeti più noti del suo tempo (si possono vedere nell'edizione delle Poesie del 1885) ma soprattutto dai suoi continuatori che formarono in Portogallo la scuola italiana, la quale ebbe il maggior rappresentante nel Camões.
Opere: Poesias, ediz. critica a cura di C. Michaëlis de Vasconcellos, Halle 1885;. A Egipciaca Santa Maria, a cura di Th. Braga, Oporto 1913. Le sole poesie portoghesi a cura di D. Guimaraĕs nel vol. Versos Portugueses, Lisbona 1909. Le commedie furono stampate la prima volta nella loro integrità: Os Vilhalpandos, Coimbra 1560; Os Estrangeiros, Coimbra 1569; ristampate, ma con mutilazioni dell'Inquisizione, insieme con quelle di Antonio Ferreira, Lisbona 1622; e da quest'ultima edizione riprodotte nel vol. II delle Obras do Doctor F. d. S. e Miranda, Lisbona 1784; la 2ª commedia fu ristampata anche nell'edizione delle Obras in un volume, ivi 1804.
Sousa Viterbo, Estudos sobre S. de M. (3 parti), Coimbra 1895-96; Decio Carneiro, S. d. M. e a sua obra, Lisbona 1895; Th. Braga, S. de M. e a Eschola Italiana, Oporto 1895; C. Michaëlis de Vasconcellos, Novos Estudos sobre S. d. M., in Academia das sciencias de Lisboa. Boletim da Segunda classe, V (1911), pp. 9-230, in cui è data ampia notizia di un codice autografo delle Poesie, che è riprodotto in facsimile accompagnato da una trascrizione; A. Pellizzari, S. de M. e la poesia italianeggiante in Portogallo nel sec. XVI, nel vol. Portogallo e Italia nel sec. XVI. Studi e ricerche, Napoli 1914, p. 41; M. Casella, in Bullettino della Società dantesca italiana, n. s., XXI (1914), p. 25; D. Guimarães, Bernardim Ribeiro (O poeta Crisfal), Lisbona 1908, pp. 49 e 109.