SABA da Collesano, santo
SABA da Collesano, santo. – Nacque probabilmente nei primi due decenni del X secolo da Cristoforo e da Kale, a Collesano, in provincia di Palermo.
Rispetto alle condizioni sociali della famiglia dalle fonti si desume solo che il padre Cristoforo non era indigente e possedeva dei terreni.
Fu educato da maestri locali, che lo istruirono in materia di religione. In data non precisabile, ma quando Saba e suo fratello Macario erano ancora molto giovani, il padre decise di farsi monaco presso il monastero di S. Filippo di Agira (in provincia di Enna), il più importante centro di spiritualità italo-greca in Sicilia (Historia et laudes..., a cura di I. Cozza-Luzi, 1893, pp. 7, 73; anche per le notizie successive sulla vita di Saba la fonte principale è la sua agiografia). La fama della santità di Cristoforo, mandato dall’egumeno Niceforo a restaurare l’eremo di S. Michele in Ktisma, spinse numerose persone a dedicarsi alla vita monastica, tra cui i suoi due figli Saba e Macario, che si fecero tonsurare anch’essi presso S. Filippo (la madre Kale più tardi fondò un cenobio femminile). Le straordinarie virtù del giovane Saba furono presto notate da Niceforo, il quale lo pose presto a capo della comunità di S. Michele di Ktisma al posto del padre.
Nel 939-940 la campagna militare fatimide contro i ribelli arabo-berberi siciliani, che si concluse con l’avvento della dinastia kalbita, produsse in Sicilia una grave carestia, che costrinse Saba e i suoi familiari a riparare presso alcuni parenti a Caroniti, in Calabria (attualmente frazione di Nicotera). Da lì si trasferirono presto nell’eparchia (circoscrizione) di Mercurio, nella valle del Lao, dove fondarono una nuova chiesa dedicata all’Arcangelo, intorno alla quale ricostruirono una comunità religiosa che presto attrasse molti nuovi membri, tanto che furono necessarie opere di bonifica per assicurare il mantenimento dei numerosi monaci. Un’ulteriore scorreria saracena nel 951-952, legata alla disastrosa campagna in Calabria del patrizio Malakeinos, costrinse Saba a muoversi nuovamente verso nord, questa volta nella regione del Latiniano in Lucania. Anche qui il religioso si dedicò alla rifondazione di un monastero presso un’antica cappella dedicata a s. Lorenzo nelle vicinanze del fiume Sinni, la cui guida affidò in seguito al fratello Macario per alternare periodi di eremitismo a periodi di vita comunitaria. Tale alternanza, tipica di questa fase del monachesimo greco in Italia meridionale, caratterizzò tutto il resto dell’esperienza religiosa di Saba fino alla sua morte.
Dopo un periodo trascorso in eremitaggio iniziarono a essere attribuiti a Saba alcuni miracoli, con cui egli spesso soccorreva le popolazioni locali vessate dalle continue scorrerie saracene (ne sono menzionate sei nell’agiografia del santo), nonché da carestie ed epidemie. Oltre all’attività miracolosa a Saba è attribuita dalla Vita un’instancabile attività di fondazione di comunità monastiche e luoghi di culto in numerose aree dell’Italia meridionale, condotta con l’aiuto del padre e del fratello.
In data non precisabile Cristoforo decise di partire per un pellegrinaggio a Roma e Saba si trovò alla guida di questa rete di istituzioni religiose. Si recò poi a sua volta a visitare le tombe degli apostoli quando il padre tornò in Italia meridionale e in seguito si ritirò in una cella presso S. Lorenzo sul Sinni. In seguito Saba compì altri viaggi, motivati però da missioni diplomatiche o da nuove scorrerie arabe che lo costrinsero a cercare rifugio a settentrione. In corrispondenza della spedizione antisaracena di Ottone II (981-82), per es., il catepano d’Italia Romano, la cui identificazione risulta dubbia (Falkenhausen, 1967; trad. it. 1978, pp. 86, 188), chiese al monaco di intercedere presso l’imperatore per scongiurare una sua invasione in Calabria, che sarebbe stata motivata da sommosse delle popolazioni latinofone del Catepanato contro il governo bizantino. Tale missione diplomatica sarebbe databile alla prima metà del 981. Durante il viaggio il monaco fu però costretto dagli attacchi dei saraceni a rifugiarsi ad Amalfi, dove fondò un eremitaggio. Dovette tornare in Calabria per prendersi cura degli anziani genitori, ma, una volta spirati questi ultimi, riprese le sue peregrinazioni che lo condussero a Lagonegro, località in cui costituì un monastero dedicato all’apostolo Filippo. Successivamente ulteriori attacchi lo spinsero a trasferirsi nel territorio di Salerno, dove con i suoi discepoli diede vita a un’altra comunità religiosa. Saba si trovò così a gestire una rete di monasteri diffusi tra Calabria, Basilicata e Campania. Mantenne inoltre relazioni con altre figure oggetto di venerazione nel mondo italo-greco: nel 984 assistette, per esempio, al trapasso di s. Luca di Demenna (Vita S. Lucae Abbatis, 1794, col. 341).
Oltre a ciò egli si trovò di nuovo, alla fine della sua vita, a svolgere un ruolo nelle vicende politiche dell’Italia meridionale alla fine del X secolo. Quando era ormai in età avanzata, infatti, sia il principe di Salerno sia il duca di Amalfi Mansone chiesero la sua intercessione presso la corte di Ottone III e di sua madre Teofano per ottenere la liberazione dei loro figli, presi in ostaggio da Ottone II durante la precedente campagna. A questo scopo Saba si recò due volte a Roma, dove il giovane imperatore si era trasferito, per conto dei due regnanti, conseguendo in ambedue i casi la liberazione degli ostaggi, grazie all’aiuto del vescovo di Piacenza Giovanni Filagato, anch’egli di origine italogreca (Canetti, 2000).
Nel corso della seconda missione, tuttavia, Saba morì a Roma, nel monastero di S. Cesario. Attorno alle sue spoglie si produssero numerosi miracoli e la stessa imperatrice Teofano si recò a venerarle. La data del suo trapasso deve essere fissata a giovedì 6 febbraio 991 (Caruso, 1999, p. 573).
Il Martirologio romano lo ricorda il 5 febbraio. Anche gli altri suoi parenti, ovvero Cristoforo, Macario e Kale, godettero di venerazione in età medievale, benché Saba risulti essere il più importante santo della famiglia.
Le principali fonti sulla vita del santo sono due testi agiografici, il Βίος καὶ πολιτεία τοῦ ὁσίου πατρὸς ὑμῶν Σάβα τοῦ Νέου (su Saba stesso) e il Βίος καὶ πολιτεία τον ὁσίων πατέρων ὑμῶν Χριστοφόρου καὶ Μακαρίου (su Cristoforo e Macario). Essi furono composti poco prima del Mille da Oreste, patriarca di Gerusalemme (morto nel 1005), che aveva conosciuto il monaco personalmente durante un suo viaggio in Italia meridionale, come rivelato dalla Vita di Saba. Il Bios di Saba è tramandato in due manoscritti, il Vat. gr. 826, della fine del X secolo, e il Vat. gr. 2072, del XII secolo, entrambi della Biblioteca apostolica Vaticana. Quest’ultimo codice, utilizzato da Ioseph Cozza-Luzi per la sua edizione delle vite dei santi di Collesano, contiene anche i bioi di Cristoforo e Macario e una serie di inni liturgici sui tre, composti anch’essi da Oreste. Il volume proviene dal monastero di S. Elia di Carbone (in provincia di Potenza), fondato da Luca, discepolo dello stesso Saba. La fama del monaco come fondatore di monasteri è testimoniata inoltre da un suo ritratto nella chiesa di S. Maria della Sperlonga a Sicignano degli Alburni, in provincia di Salerno (Falla Castelfranchi, 2002, p. 152).
Fonti e Bibl.: Vita S. Lucae Abbatis, in Acta Sanctorum, Oct. VI, Abbatia Tongerloensis 1794, coll. 337-341; Historia et laudes SS. Sabae et Macarii iuniorum e Sicilia auctore Oreste Patriarcha Hierosolymitano, a cura di I. Cozza-Luzi, Romae 1893.
J. Gay, L’Italie méridionale et l’Empire byzantin, Paris 1904, pp. 262-268, 326-331, 378-380; G. Da Costa-Louillet, Saints de Sicile et d’Italie méridionale aux VIIIe. IXe et Xe siècles, in Byzantion, XXIX-XXX (1959-1960), pp. 130-142; V. von Falkenhausen, Untersuchungen uber die byzantinische Herrschaft in Suditalien von 9. bis ins 11. Jahrhundert, Weisbaden 1967, trad. it. Bari 1978, pp. 53, 188; S. Caruso, Sulla tradizione manoscritta della vita di S. Saba il giovane di Oreste di Gerusalemme, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, XXVIII (1974), pp. 103-107; G. Mongelli, Saba da Collesano, in Bibliotheca Sanctorum, XI, Roma 1990, p. 531 (da usare con cautela); S. Caruso, Sicilia e Calabria nell’agiografia storica italogreca, in Calabria Cristiana: società, religione e cultura nel territorio della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, I, a cura di S. Leanza, Soveria Mannelli 1999, pp. 563-604; L. Canetti, Giovanni XVI, antipapa, in Dizionario biografico degli Italiani, LV, Roma 2000, pp. 590-595; M. Falla Castelfranchi, I ritratti dei monaci italo-greci nella pittura bizantina dell’Italia meridionale, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, 2002, vol. 39, pp. 145-155; E. Tounta, Saints, rulers and communities in Southern Italy: the Vitae of the italo-greek saints (Tenth to Eleventh centuries) and their audiences, in Journal of medieval history, XLII (2016), 4, pp. 429-455.