Sabatino Moscati
Insigne orientalista di fama internazionale, scopritore della civiltà fenicia e punica, ha fondato in Italia, a livello istituzionale, gli studi sul Vicino Oriente antico, con la creazione di nuove discipline e di nuove strutture di ricerca, la formazione di una scuola e la proiezione di tutte le attività scientifiche in ambito internazionale. L’amplissima produzione (più di 600 titoli) ha una continuità estrinseca, segno di un’applicazione ininterrotta: nulla dies sine linea. Il suo compito nella ricerca scientifica è stato sempre chiaro e unico: «fare del nuovo», appoggiando anche progetti lontani dai suoi interessi per amore obiettivo di scienza. La sua instancabile attività di promotore e organizzatore degli studi (dalla formazione semitistica, della quale gli iniziali studi arabistici costituirono la base, fino alla ‘vena’ fenicia) evidenzia il valore della sua opera di storico, di archeologo del Mediterraneo antico, da Oriente a Occidente, in una prospettiva non solamente classica, e al contempo documenta il grande apporto innovativo da lui dato alla ricerca e al mondo della cultura.
Sabatino Moscati, nato a Roma il 24 novembre 1922, nel 1939 si iscrisse alla facoltà orientalistica del Pontificio istituto biblico, ove seguì i corsi di accadico, ebraico, siriaco etiopico e arabo, conseguendo la licenza nel 1943. Nel 1945 si laureò in arabistica all’Università di Roma; nello stesso ateneo divenne assistente alla cattedra di ebraico e lingue semitiche comparate e successivamente a quella di storia e istituzioni musulmane; come professore incaricato vi insegnò epigrafia e antichità semitiche (1946-51); ebraico e lingue semitiche comparate (1951-54), disciplina di cui tenne i corsi anche presso l’Università di Firenze (1951-52), ove aveva già l’incarico di storia delle religioni (1950-51). A Napoli fu professore incaricato di filologia camito-semitica tra il 1953 e il 1958.
Nel dicembre del 1954, a soli trentadue anni, a seguito di concorso, fu nominato professore nell’Università di Roma di ebraico e lingue semitiche comparate, disciplina modificata poi in filologia semitica, che continuò a insegnare fino al 1982.
Diresse l’Istituto di studi del Vicino Oriente, da lui fondato, la Scuola orientale, la «Rivista di studi orientali» e la serie Studi semitici, promuovendo al contempo una serie di missioni archeologiche nei Paesi dell’area mediterranea al fine di spostare l’orientalistica italiana sul piano dell’archeologia, così da porre in luce le origini della civiltà storica, che è la nostra stessa civiltà. Per trasferimento, nel 1982 passò alla cattedra di ebraico e lingue semitiche comparate presso la nuova Università di Roma Tor Vergata, appena istituita, che poteva offrire possibilità di sviluppo per la ricerca e di carriera per gli studiosi con insegnamenti nuovi come quello di antichità puniche, poi trasformato in archeologia fenicio-punica – affidato a Giovanna Pisano, insieme alla quale Moscati fondò la collana di pubblicazioni Studia punica, destinata ad accogliere le nuove ricerche scaturite dalle scoperte sulla presenza fenicia e punica in Italia, che hanno modificato le conoscenze in un settore di primaria importanza della storia antica.
Dal 1959 fu socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei e dal 1968 socio nazionale, membro del Consiglio di presidenza dal 1982. Ricoprì molti incarichi di prestigio tra i quali: presidente dell’Unione accademica nazionale e dell’ISMEO (Istituto per il Medio ed Estremo Oriente), vicepresidente (1991) e presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei (1994). Fu inoltre presidente del Centro di studio per la civiltà fenicia e punica, divenuto in seguito Istituto, fondatore e direttore della «Rivista degli studi fenici» presso il CNR (Centro Nazionale delle Ricerche), ove sviluppò numerose missioni archeologiche in Italia, nei Paesi del Mediterraneo orientale e occidentale. Membro del Consiglio direttivo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, è stato condirettore dell’Enciclopedia del Novecento e direttore dell’Enciclopedia archeologica. Organizzatore e direttore di mostre internazionali, tra cui quelle sui Fenici (1988) e sui Celti (1991) a Venezia, fu membro effettivo o onorario di molte accademie italiane, accademico di Francia, Spagna e di altre istituzioni accademiche straniere.
In riconoscimento della sua attività scientifica gli vennero conferiti il premio nazionale del presidente della Repubblica per le scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademia nazionale dei Lincei, il premio internazionale Roma, il premio internazionale Europa, il premio internazionale I cavalli d’oro di San Marco, nonché diversi premi letterari, per ricordare solo alcuni dei suoi importanti titoli. Morì a Roma l’8 settembre 1997.
La prima stagione dei suoi studi, che occupa un ampio arco di tempo compreso tra gli anni Quaranta e Sessanta, è dedicata a diversi ambiti che spaziano dall’arabistica alla semitistica e alla cultura ebraica, con particolare riguardo all’epigrafia, dagli studi storici e storico-artistici del Vicino Oriente preislamico a quelli linguistici. L’articolazione in successione per blocchi tematici dipese dalle circostanze nelle quali si trovò a operare:
Lo stesso impegno allo studio ha fatto sì che lo legassi indissolubilmente alle circostanze; e quanto tali circostanze mutavano, tanto mutavano (o piuttosto, s’integravano) gli interessi nella ricerca. Forse una vocazione non condizionata è quella iniziale, al mondo arabo e alla sua storia. Chi osservi la fine quasi improvvisa, e comunque totale […] può attribuirla alla circostanza dell’insegnamento di semitistica che mi fu affidato nell’Università; e non nego che essa abbia avuto una parte.
Dopo la laurea con una tesi sul califfato di al-Mahdī (775-785 d.C.) sotto la guida di Francesco Gabrieli, nell’età giovanile (1945-55) proseguì i suoi studi di arabista: lavori sulla storia del califfato tra gli Omayyadi e gli Abbasidi, articoli, numerose note, molte voci di enciclopedie, tra le quali la Encyclopédie de l’Islam, recensioni. I lavori sui califfati di al-Mahdī (Studi storici sul califfato di al-Mahdī, «Orientalia» 1945, 14, pp. 300-44; Nuovi studi storici sul califfato di al-Mahdī, «Orientalia», 1946, 15, pp. 155-79) e al-Hādī, i successivi sulla propaganda e la rivoluzione abbasside (Studi su Abū Muslim. I. Abū Muslim e gli ‛Abbāsidi, «Rendiconti dell’Accademia dei Lincei», s. VIII, 1949, 4, pp. 323-35; Studi su Abū Muslim. II. Propaganda e politica religiosa di Abū Muslim, «Rendiconti dell’Accademia dei Lincei», s. VIII, 1949, 4, pp. 474-95; Studi su Abū Muslim. III. La fine di Abū Muslim, «Rendiconti dell’Accademia dei Lincei», s. VIII, 1950, 5, pp. 89-105; Le massacre des Umayyades dans l’histoire et dans les fragments poétiques, «Archiv Orientální», 1950, 18, 4, pp. 88-115) secondo il giudizio di Gabrieli, maestro dell’arabistica italiana,
mostrano il Moscati ugualmente esperto nel trattare di storia politica e religiosa, preciso e sagace nella valutazione e utilizzazione delle fonti, prudente nelle ipotesi e penetrante nei giudizi onde è da rimpiangere, dal punto di vista della storia arabo-islamica, che dopo appena un decennio questa così promettente energia si sia per intero dedicata a un diverso settore degli studi orientali (La storiografia arabo-islamica in Italia, 1975, p. 84).
Al 1955 risale l’ultimo lavoro di contenuto arabo-islamico (Per una storia dell’antica šī‛a, «Rivista degli studi orientali, 30, pp. 251-67), con dense e acute note, testimonianza delle sue eccezionali capacità critiche, applicate all’antica eresiografia musulmana. Tale attività scientifica, che costituisce il notevole contributo di Moscati alla storia araba e del primo islam, è confluita nel volume del 1992, che si apre con il saggio La crisi dell’impero arabo (pubblicato nel volume Oriente in nuova luce, 1954) nel quale analizza, con le sue non comuni doti di studioso di storia, le vicende che furono all’origine, nel 132 dell’egira, 750 dell’era cristiana, dell’istituzione del califfato abbaside in Kūfa «determinante per la storia universale», in quanto avvenimento che segnò il passaggio
dallo Stato arabo all’Impero Islamico, cioè da una dimensione nazionale ad una dimensione internazionale, che avrebbe avuto conseguenze rivoluzionarie nelle vicende di tre continenti, dall’Asia all’Africa e all’Europa (Dal regno arabo all’impero musulmano, 1992, p. 14).
L’incontro con il grande arabista e semitista Giorgio Levi Della Vida (1886-1967), suo maestro, cui poi si aggiunse la circostanza dell’insegnamento, determinò l’ampliamento dei suoi interessi scientifici alle lingue e alle culture dei Semiti, documentato da numerosi contributi, articoli e libri su diversi argomenti che costituirono in ordine di tempo il secondo blocco tematico.
Alcuni saggi tra gli anni 1947 e 1954, tra i quali il fondamentale Il biconsonantismo nelle lingue semitiche («Biblica», 1947, 28, pp. 113-35) e Preistoria e storia del consonantismo ebraico antico («Memorie dell’Accademia dei Lincei», s. VIII, 1954, pp. 385-445), anticiparono i successivi studi (degli anni tra il 1955 e il 1964) di linguistica sul semitico nord-occidentale e su specifici problemi dell’ugaritico e dell’aramaico.
Le Lezioni di linguistica semitica (1960) costituirono, invece, la premessa per il volume fondamentale di sintesi sul semitico comparato, realizzato in collaborazione con insigni specialisti negli studi arabi, etiopici e assiriologici (An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, 1964), ancora oggi punto di riferimento per i semitisti. I suoi interessi storici, oltre che linguistici, per i Semiti furono alla base del lavoro magistrale sulle culture semitiche: Storia e civiltà dei Semiti (1949). Non ancora trentenne, si dimostrò capace di sintesi e, sua precipua capacità, di focalizzare immediatamente i problemi, di assimilarli e presentarli con chiarezza espositiva, caratteristiche che costantemente contrassegnarono tutta la sua vastissima produzione. Il grande successo del libro, documentato dalle numerose traduzioni in più lingue, traeva origine dalla valutazione d’assieme, fino allora inesistente, della storia e della cultura delle antiche genti semitiche e dalla necessità di raccogliere in sintesi i risultati sempre crescenti, anche se dispersi, delle scoperte archeologiche in corso nel Vicino Oriente. Il rifacimento successivo (Le antiche civiltà semitiche, 1958, 19612), anch’esso realizzato in varie edizioni straniere e rivolto a un pubblico colto, rappresentava il superamento di una storiografia semplicemente classicistica, «una sintesi di caratteri e valori, portando sul piano del più generale e quindi del più fondamentale significato i risultati sia degli studi analitici sia del nuovo materiale ancora disperso» sulle grandi civiltà di lingua semitica che erano fiorite nel bacino orientale del Mediterraneo per oltre duemila anni prima dell’affermazione della cultura greca e della religione cristiana.
Gli altri studi apparsi negli anni tra il 1956 e il 1963 sulle origini e l’identità dei Semiti (I predecessori d’Israele. Studi sulle più antiche genti semitiche in Siria e Palestina, 1956; Chi furono i Semiti, «Memorie dell’Accademia dei Lincei», s. VIII, 1957, 8, pp. 1-51; The Semites in ancient history. An inquiry into the settlement of the beduin and their political establishment, 1959) – la cui unità semitica Moscati aveva individuato tra i nomadi del deserto arabo e attribuito al loro processo di diffusione e sedentarizzazione per fronti diversi, «risultato di una pacifica filtrazione stagionale» più che di invasioni violente, l’intera impostazione delle civiltà derivanti dal ceppo comune – lo confermarono validissimo storico nella sua prospettiva unitaria, nello sforzo di intendere e valutare il mondo dell’Oriente antico come un complesso organico, nella naturale varietà delle componenti, attraverso l’evoluzione degli studi e delle scoperte. Scoperte fondamentali che consentirono risultati sul piano comparativo e d’insieme.
Da qui derivò, quale naturale continuazione, l’opera del 1976, L’alba delle civiltà, rivolta agli studiosi del mondo antico nella sua unità e realizzata sotto la sua direzione con l’intervento di più autori, come l’allargarsi delle prospettive richiedeva: la dimensione etnica, cioè la trattazione per popoli, appare superata da quella per temi e problematiche, l’indagine si accosta ormai alle esperienze dell’antropologia culturale, che sempre più legittimamente investono non solo le civiltà «primitive», ma anche quelle sviluppatesi nella luce della storia e il titolo stesso specifica che si tratta «dell’alba della civiltà nostra e cioè mediterranea» (L’alba delle civiltà, cit., pp. 1-17).
La medesima impostazione storica si riflette anche nei saggi storico-artistici (Le origini della narrativa storica nell’arte del Vicino Oriente antico, «Memorie dell’Accademia nazionale dei Lincei», s. VIII, 1961, 10, pp. 4-100), che ebbero il merito di evidenziare – attraverso «un’analisi ammodernata del fatto artistico», derivata dall’applicazione di metodologie moderne ad ambiti di studio nei quali non si era prima effettuata – come nel vasto complesso storico e culturale dell’Oriente antico l’arte
appare profondamente integrata, espressione voluta e programmata della società in cui vive e per essa delle forze che la governano (Apparenza e realtà. Arte figurativa nell’antico Oriente, 1976, p. 10).
Il terzo, più lungo e più importante blocco di studi viene dalle prime ricerche in Israele a Ramàt Rahèl (1958) e ad Akziv (1960), dalle missioni archeologiche italiane in Siria, in Africa, a Malta (impiantate in modo diverso da quello allora dominante: imprese non avulse dai Paesi nei quali venivano effettuate, ma a essi fortemente collegate in una sinergia finalizzata a riscoprire in primo luogo quelle stesse civiltà più che la nostra), e infine in Sardegna e in Sicilia, con la riscoperta delle testimonianze fenicie e puniche che ha caratterizzato l’ultimo trentennio del Novecento. Il motivo dell’esaurimento del filone degli studi della semitistica si deve anche ravvisare nell’impegno come direttore dell’Istituto di studi del Vicino Oriente nell’Università di Roma, che Moscati riuscì a portare dalla pressoché totale carenza organizzativa al livello di funzionale struttura autonoma, con la costituzione di altri insegnamenti sul Vicino Oriente antico e di alcune serie di pubblicazioni nelle quali s’inserivano e si rendevano noti con tempestività i risultati delle ricerche.
Fin dall’inizio l’idea dominante dei progetti di ricerca fu di spostare l’orientalistica italiana sul piano dell’archeologia e di organizzare una serie di missioni nei Paesi dell’area mediterranea al fine di porre in luce le origini della civiltà storica. Nel 1963 il saggio La questione fenicia, che segnava l’inizio degli scritti fenicio-punici, primo di una serie di studi di carattere storico e metodologico, delineava lo sviluppo della questione fenicia dai tempi antichi a quelli moderni, focalizzando l’essenza del problema: riesaminare la questione «al fine non di tracciare un quadro storico e culturale ma di porre in luce le premesse e le condizioni di tale quadro». Attraverso un’analisi puntuale e sistematica dei principali aspetti (etnici, storici, religiosi, artistici, linguistici) individuava la natura e i termini effettivi del problema storico e culturale dei Fenici, nei quali riconosceva i continuatori, pur con sviluppi e innovazioni, della civiltà siro-palestinese dell’Età del Bronzo, protesi verso Occidente mediante un’intensa attività di colonizzazione e destinati a perdere l’autonomia culturale in Oriente con l’avvento dell’ellenismo e in Occidente, nelle colonie, con le conquiste di Roma. Moscati riusciva ad anticipare al contempo, proprio per la sua straordinaria perspicacia nel prefigurare i successivi itinerari di ricerca, le linee e gli sviluppi futuri degli studi fenici, grazie all’esame del complesso culturale delle colonie, alla capacità di far emergere progressivamente una distinzione tra eredità della madrepatria e i mutamenti per evoluzione, innovazione, differenziazione su influsso di sostrato e adstrato. Di tali studi, dopo un decennio di ricerche promosse direttamente, presentava gli esiti emersi proprio dall’evoluzione di tali ricerche, che si andavano definendo verso un’organica autonomia (Problematica della civiltà fenicia, 1974).
La sua opera fondamentale è la prima vera sintesi sulla civiltà fenicia e punica (Il mondo dei Fenici, 1966) del secolo scorso, tradotta in sette lingue europee e aggiornata nel 1979 a seguito del continuo divenire delle conoscenze: ancora un punto di riferimento per l’esame complessivo delle testimonianze antiche in madrepatria e nelle colonie e per lo straordinario sviluppo di ricerche e studi che ne è seguito.
Il successivo lavoro (I Fenici e Cartagine, 1972), altra pietra miliare, realizzato in collaborazione con giovani studiosi usciti dalla sua scuola, presentava una visione d’insieme, nuova nell’impostazione, delle conoscenze sui vari aspetti della vita sociale privata e pubblica dei Fenici, d’Oriente e d’Occidente. Gli scritti di carattere generale avevano, infatti, per Moscati la loro genesi e il loro interesse «solo nella continua dialettica tra le novità recate dalle ricerche analitiche e il loro impatto sulle valutazioni sintetiche». Ne sono testimonianza, sul finire degli anni Sessanta, gli studi storici sulla base della documentazione offerta dalle regioni italiane, Sardegna in particolare (Fenici e Cartaginesi in Sardegna, 1968) e Sicilia (Sulla più antica storia dei Fenici in Sicilia, «Oriens antiquus», 1968, 7, pp. 185-93; la valutazione generale, sul piano storico, dei risultati raggiunti dopo dieci campagne di scavo a Mozia è in Fenici e Cartaginesi in Sicilia, «Kokalos», 1972-1973, pubblicato nel 1975, 18-19, pp. 23-31), grazie all’incessante programma di ricerche archeologiche ivi promosse da Moscati stesso.
Anche nelle raccolte documentarie e negli studi del materiale nuovo scoperto via via negli scavi o nei musei, nonché nel riferimento ai contesti storico-culturali nei quali questo si collocava sono evidenti i tratti distintivi della sua metodologia storica: l’immediata acquisizione dei nuovi dati ai fini di una valutazione aggiornata e una loro utilizzazione dal punto di vista dell’arte e della cultura; l’approfondimento e la revisione critica degli aspetti caratterizzanti la civiltà fenicia, valutata, quale parte integrante, in una prospettiva mediterranea. Sono state queste le tre direttrici di ricerca che ha sempre perseguito parallelamente nella sua inesausta operosità scientifica: «la scoperta e la pubblicazione dei nuovi dati; la ricostruzione sintetica della storia e della cultura; la valutazione problematica delle maggiori questioni emergenti», direttrice quest’ultima di scarso interesse fino al progressivo e sempre più consapevole sviluppo degli studi fenici, che, in modo diverso da area ad area, ha determinato un rinnovamento delle prospettive storiche e una riconsiderazione dei giudizi: «È un privilegio irrinunziabile, infatti, quello di rivedere le proprie idee senza aggrapparsi a esse» (L’enigma dei Fenici, 1982).
In tal senso cadeva definitivamente l’ipotesi di una colonizzazione fenicia precedente di alcuni secoli quella greca, con la conseguenza di un’impostazione del tutto nuova del rapporto tra Fenici e Greci nel Mediterraneo. Mentre la distinzione tra fase fenicia e fase punica spiegava molte situazioni locali, risultava invece più sottile, e a volte non risolvibile, l’alternativa tra punico e cartaginese. Questo solo per citare alcuni dei temi e problemi nuovi, o visti in una nuova prospettiva, presi in esame con la chiarezza e il rigore metodologico che contraddistinguevano Moscati (Tra Tiro e Cadice. Temi e problemi degli studi fenici, 1989). La sua inesausta capacità produttiva, esito della continuità d’impegno, andava dall’individuazione delle componenti più significative della civiltà fenicia alla disamina dei processi di evoluzione e trasformazione da Oriente a Occidente, alla definizione delle testimonianze letterarie antiche, parte integrante dei dati da lui utilizzati, specie per quel che concerne la natura dei riti che si svolgevano nel tofet.
Fondamentali le ricerche storiche finalizzate a mettere in evidenza le interrelazioni culturali all’interno del mondo fenicio-punico, il ruolo di Cartagine in rapporto alle altre aree puniche, all’ambiente etrusco e al mondo greco, ponendo a confronto due grandi fenomeni di espansione dall’Africa alla Sicilia, ossia i Fenici e i Cartaginesi nell’antichità, gli Arabi nel Medioevo, di cui egli mostrò l’affinità nell’ambito di quella che ha chiamato «l’altra faccia della storia, la storia che non va da noi agli altri ma dagli altri a noi» (L’enigma dei Fenici, cit.). Nella straordinaria evoluzione degli interessi scientifici di Moscati, progressivamente indirizzati all’ambito fenicio-punico, la linea conduttrice delle ricerche e degli studi condotti da Oriente a Occidente è stato il mare Mediterraneo, il fenomeno della formazione della civiltà mediterranea, la storia a dimensione mediterranea (Civiltà del mare. I fondamenti della Storia mediterranea, 2001).
Risulta difficile selezionare le opere principali in una bibliografia che comprende più di seicento titoli tra cui monografie corpose, grandi lavori di sintesi linguistica, storica, archeologica, raccolte sistematiche di monumenti, indagini specifiche, dissertazioni di problemi filologici, storici o storico-artistici, articoli e note pubblicati su riviste nazionali e internazionali specializzate, opere di alta divulgazione scientifica storica e archeologica, oltre a moltissimi articoli di giornali.
Tra gli studi, in particolare si vedano:
Civiltà e lingue semitiche, Roma 1947, 19482.
Storia e civiltà dei Semiti, Bari 1949 (ed. francese: Paris 1955; ed. inglesi: London 1957; New York 1958; ed. tedesche: Stuttgart 1953, 1955, 1961, Zurich 1961; ed. svedese: Stockholm 1958; ed. spagnola: Barcelona 1960; ed. polacca: Warszava 1963; ed. ceca: Praha 1969; ed. giapponese: Tokyo 1970; ed. rumena: Bucureṣti 1975).
Le origini della narrativa storica nell’arte del Vicino Oriente antico, «Memorie dell’Accademia Nazionale dei Lincei», s. VIII, 1961, 10, pp. 4-100.
Antichi imperi d’Oriente, Milano 1963, Roma 19782.
An introduction to the comparative grammar of the Semitic languages, Wiesbaden 1964.
Il mondo dei Fenici, Milano 1966.
Fenici e Cartaginesi in Sardegna, Milano 1968.
I Fenici e Cartagine, Torino 1972.
Problematica della civiltà fenicia, Roma 1974.
L’alba delle civiltà, 3 voll., Torino 1976.
Apparenza e realtà. Arte figurativa nell’antico Oriente, Milano 1976.
I Cartaginesi in Italia, Milano 1977.
Il volto del potere. Arte imperialistica nell’antichità, Roma 1978.
La civiltà mediterranea. Dalle origini della storia all’avvento dell’ellenismo, Milano 1980.
L’enigma dei Fenici, Milano 1982.
Nel cuore del Mediterraneo. Un’altra faccia della storia, Milano 1982.
Scritti fenici minori, Roma 1988.
Le civiltà periferiche del Vicino Oriente antico. Mondo anatolico e mondo siriano, Torino 1989.
Tra Tiro e Cadice. Temi e problemi degli studi fenici, Roma 1989.
Gli adoratori di Moloch. Indagine su un celebre rito cartaginese, Milano 1991.
Dal regno arabo all’impero musulmano, Napoli-Milano 1992.
Introduzione alle guerre puniche. Origine e sviluppo dell’impero di Cartagine, Roma 1994.
Luci sul Mediterraneo. Dai manoscritti del Mar Morto ai Cartaginesi in Italia: tre millenni di vicende storiche, di concezioni religiose, di creazioni artistiche alla luce dell’archeologia, 2 voll., Roma 1995.
Bibliografia degli scritti sul mondo fenicio e punico, «Rivista di studi fenici», 1997, 25, pp. 121-37.
Storia degli Italiani. Dalle origini all’età di Augusto, Roma 1999.
Civiltà del mare. I fondamenti della storia mediterranea, Napoli 2001.
G. Garbini, prefazione a S. Moscati, Bibliografia degli scritti 1943-1991, Pisa 1992, pp. 1-9.
Omaggio a Sabatino Moscati. Testimonianze di allievi e amici, a cura di G. Pisano, Roma 1992.
G. Gnoli, Presentazione a S. Moscati, Luci sul Mediterraneo, 2 voll., Roma 1995, pp. XIII- XVII.
B. Brizzi, Sabatino Moscati e l’epilogo della storia punica, «Rivista storica dell’antichità», 1997, 27, pp. 215-22.
G. Gnoli, Sabatino Moscati, 1922-1997, «East and West», 1997, 46, pp. 428-33.
G. Garbini, Ricordo di Sabatino Moscati già presidente dell’Accademia (Roma, 8 maggio 1998), «Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. Rendiconti», s. IX, 1998, 9, pp. 775-79.
F. Tessitore, Presentazione a S. Moscati, Civiltà del mare. I fondamenti della storia mediterranea, Napoli 2001, pp. 1-5.
Incontro di studio in ricordo di Sabatino Moscati (Roma, 7-8 novembre 2007), «Atti dei Convegni Lincei», 2009, 224 (in partic. G. Gnoli, Sabatino Moscati orientalista, pp. 13-20).
M. Barbanera, Moscati Sabatino, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 77° vol., Roma 2012, ad vocem.