SABBATO
È il nome del settimo giorno della settimana ebraica, dal quale prendevano nome in serie aritmetica anche i varî giorni della settimana ("primo dal sabbato" = domenica; "secondo dal sabbato" = lunedì, e così di seguito; il "sesto giorno" venerdì, era anche chiamato "preparazione [del sabbato]," v. appresso); talvolta si chiamava "sabbato" anche l'intera settimana (cfr. Levitico, XXIII, 15).
Nome. - In ebraico il sostantivo šabbāt(t) si presenta come una derivazione dalla radice š b t che ha l'ordinario significato di "cessare, riposare" (cfr. l'arabo sabata "riposare, cessare dal lavoro", e forse l'assiro šabātu "compiere, appagare?"); perciò, secondo questa etimologia, sabbato significherebbe "cessazione [dal lavoro], riposo", conforme all'uso costante del rispettivo verbo, mentre più tardi sarebbe passato a designare il giorno settimanale in cui si osservava questo riposo.
Tuttavia in una tavoletta lessicografica assira si trova questa equivalenza: ûm nûé libbi = ša-bat-tum; cioè "giorno d'appagamento di cuore" (presso gli dei) è equivalente a ša-bat-tum, il che significa che il giorno favorevole a propiziare gli dei è un ša-bat-tum ("appagamento"?). Inoltre, in calendarî religiosi assiri per il mese intercalare di Elul e per quello di Marḥeshwan si prescrivono come giorni nefasti i settenarî 7, 14, 21 e 28 di detti mesi, in cui al re, al sacerdote, al medico, ecc., sono interdette molte azioni, fra cui anche il sacrificio agli dei; al contrario queste azioni risultano consigliate nei giorni favorevoli a propiziare gli dei, qual era il 15 del mese. La suddetta equivalenza sembra perciò riferirsi in senso negativo a questa propiziazione, in quanto che bisognava "cessare" dal tentarla in quei giorni nefasti: così resterebbe confermata l'etimologia ebraica del sostantivo sabbato. Altri tuttavia l'ha interpretata in senso positivo, ricollegando sa-bat-tum col significato di "appagare".
Il sabbato nella Bibbia. - Nelle istituzioni civili-religiose dell'ebraismo quella del sabbato è una delle più importanti e più sacre. Il sabbato - come tutti gli altri giorni della settimana - cominciava al tramonto del giorno precedente e terminava al tramonto del giorno solare del sabbato stesso. In tutto questo tempo era di stretto obbligo l'assoluto riposo, cioè la cessazione da qualsiasi lavoro materiale, anche se urgente: sotto questa prescrizione cadevano, ad es., il cuocere i cibi (Esodo, XVI, 23), il raccogliere la manna (ibid., 26 segg.), l'arare o il mietere (Es., xXXIV, 21), l'accendere il fuoco nelle case (Es., XXXV, 3), il raccogliere legna nel campo (Numeri, XV, 32 segg.), il comprare o il vendere (Amos, VIII, 5; Neemia, X, 31; XIII, 15) e simili; in tempi tardivi, sotto l'influenza delle idee farisaiche, si delimitò anche il cammino che era lecito fare nel sabbato senza violare il precetto del riposo, e fu chiamato ṭeḥūm ha-šabbat "limite del sabbato", o anche "cammino del sabbato" (cfr. Atti, I, 12), e fu calcolato a un raggio di distanza di 2000 cubiti (meno di 1500 passi). Al riposo erano obbligati anche gli schiavi e i forestieri dimoranti nel territorio israelitico, nonché gli animali domestici: la violazione era punita con la morte (Esodo, XX, 10; XXXV, 2, ecc.). I cibi e le altre cose necessarie per il sabbato erano preparate nel pomeriggio del venerdì, che per questo motivo era chiamato "preparazione" (v. sopra).
Al precetto del "riposo" era unito quello di una liturgia speciale nel tempio di Gerusalemme, dove si offriva, oltre alle vittime quotidiane, un particolare sacrificio di due agnelli (Num., XXVIII, 9 segg.); inoltre in questo giorno si mutavano i "pani della proposizione", ch'erano stati esposti durante la settimana nell'interno del santuario al "santo dei santi" (Levit., XXIV, 8). Più tardi nelle sinagoghe s'introdusse la lettura della Legge e dei Profeti, accompagnata da particolari preci. In genere, poi, il sabbato era un giorno consacrato a Dio e di gioconda gaiezza (Esodo, XX, 10; XXXI, 15; Num., X, 10; Isaia, LVIII, 13; Osea, II, 13; I Maccab., I, 39).
L'osservanza del sabbato fu presto notata dai varî popoli pagani con cui i Giudei vennero in relazione. Già nel sec. II a. C. la sua abolizione fu uno dei punti che si propose Antioco Epifane nel suo programma di ellenizzazione della Palestina (I Maccab., I, 39, segg′; II Maccab., VI, 6). Al principiare della persecuzione di Antioco alcuni fedeli israeliti preferirono lasciarsi uccidere piuttosto che difendersi con le armi, per impugnar le quali avrebbero dovuto violare il "riposo" sabbatico (I Maccab., II, 31-38); tuttavia, poco dopo, gli stessi compagni di quegli uccisi stabilirono la norma di non assalire essi i persecutori, ma di difendersi combattendo qualora fossero assaliti (ibid., 39-41). Questa norma fu osservata ancora un secolo appresso, in occasione dell'assedio messo dai Romani di Pompeo a Gerusalemme nel 63 a. c.; Pompeo approfittò del "riposo" sabbatico per portare avanti i lavori d'assedio, che i Giudei non stimavano lecito di disturbare (Flavio Giuseppe, Antichità gud., XIV, 4, 2). D'altra parte i favori accordati da Roma ai Giudei, dal tempo di Cesare in poi, previdero anche la loro esenzione dal servizio militare, in vista appunto del "riposo" sabbatico a cui erano tenuti (Flavio Gius., Antichità giud., XIV, 10, 6 segg.; XVI, 6, 2 segg.).
Anche scrittori romani alludono all'usanza del sabbato, per lo più sarcasticamente e senza comprenderne il significato (Tacito, Hist., V, 4; Giovenale, Sat., XIV, 105-6; Marziale, IV, 4); lo stesso Augusto, amico dei Giudei, fraintende l'usanza del sabbato ebraico e crede che sia giorno di digiuno per essi (Svetonio, Aug., 76).
La rigorosità del "riposo" sabbatico fu applicata integralmente al tempo di Gesù dai Farisei, i quali non ammettevano che di sabbato una persona affamata cogliesse delle spighe mature e ne mangiasse i granelli (Matteo, XII, 2). Ma anche più rigorosi erano alla stessa epoca gli Esseni, i quali in detto giorno non solo non si permettevano di spostare un oggetto qualsiasi, ma neppure di soddisfare le necessità della natura (Flavio Gius., Guerra iud., II, 8, 9).
Origine. - Il significato del sabbato per gli Ebrei è spiegato in Esodo, XXXI, 13-17 (cfr. XX, 11, ecc.): esso consiste nel fatto che, come Dio Jahvè ha fatto il cielo e la terra in sei giorni e al settimo "cessò e si riposò", così i membri di quella nazione che è la prediletta del Dio Jahvè lo devono imitare nell'osservanza del "riposo" al settimo giorno.
Le origini etnologiche dell'istituzione oltrepassano l'odierna documentazione storica. Precisi paralleli al sabbato ebraico non si sono ritrovati in altri popoli, ma solo vaghe analogie: ad es., fra i Romani le feriae, in cui gli affari erano sospesi, o i dies nefasti in cui non si tenevano tribunali o comizî. Può darsi che la remota origine del sabbato ebraico si riannodi a qualche istituzione babilonese (v., sopra, il ša-bat-tum); tuttavia esso si presenta storicamente con caratteristiche ben differenti e senza alcun indizio di giorno nefasto, mentre poi il "riposo" investe l'intera nazione e non soltanto il re, il sacerdote, il medico, o altra casta particolare; è anche indispensabile aver presente che il sabbato ebraico non imponeva il "riposo" come mezzo apotropaico da un male, ma piuttosto come invito a un bene quale era un avvicinamento dell'uomo alla Divinità con l'imitazione del riposo di essa. L'intransigenza, infatti, riguardo al "riposo" è portata alle ultime conseguenze specialmente in tempi tardivi, tanto da ricordare un tabu superstizioso, mentre in epoche anteriori l'istituzione era considerata piuttosto come un sollievo giocondo.
Si è supposto recentemente che il sabbato ebraico fosse in antico la festa del plenilunio, in parallelo a quella del novilunio con cui si contavano i mesi lunari. Ma nessun dato biblico autorizza questa ipotesi, mentre d'altra parte la ricorrenza settenaria del sabbato non mostra alcun esatto rapporto col mese lunare di giorni 291/2 (né con quello solare), anzi è in costante disaccordo. Lo stesso dovrà dirsi di supposte influenze di culti astrali. Una denominazione totalmente astrale ebbe invece l'intera ricorrenza settenaria, ossia la settimana, quando penetrò nel mondo greco-romano, ricevendovi il nome dei cinque pianeti accresciuti da quelli della luna e del sole (lune-dì; marte-dì; ecc.); il sabbato divenne allora il giorno di Saturno (cfr. l'inglese Satur-day), e la sua osservanza per spirito d'imitazione giudaico era largamente diffusa fra i pagani già nel sec. I d. C. (Flavio Gius., Contra Apion., II, 39 [282]; Persio, Sat., V, 180 segg.; Seneca, presso Agostino, De civitate Dei, vi, 11; ecc.).
Anno sabbatico. - Come il settimo giorno importava il "riposo" così ogni settimo anno era prescritto un particolare "riposo" sociale. Questo consisteva nel lasciare il suolo senza lavori agricoli, cosicché il terreno si rinforzava, mentre poi i frutti venuti spontaneamente erano accessibili a tutti (poveri, pellegrini, ecc.); inoltre in detto anno era anche sospesa la riscossione dei crediti, appunto perché mancavano i proventi agricoli (cfr. Esodo, XXIII, 10 segg.; Levit., XXV,1-7; Deut., XV, 1 segg.). L'anno sabbatico appare osservato solo dopo l'esilio babilonese. Ogni 7 anni sabbatici, cioè ogni cinquantenario (7 × 7), cadeva l'anno del giubileo (v.).
L'osservanza del sabbato presso il giudaismo dell'era cristiana è confermata e precisata nella legislazione talmudica, che nei trattati Shabbath (espressamente sul sabbato), ‛Erubin (sul cammino permesso di sabbato), J0m ṭob (sulle opere e i cibi permessi) scende a minutissime prescrizioni e adduce larga casuistica riguardo al sabbato. Le prescrizioni per l'anno sabbatico sono contenute nel trattato Shebi‛īth.
Bibl.: H. Zimmer, Die Keilinschriften und das Alte Test., 3ª ed., Berlino 1903, p. 592 segg.; id., Sabbath, in Zeitschr. deutsch. morgenländ. Gesellsch., 1904, pp. 199 segg., 458 segg.; M.-J. Lagrange, Études sur les religions sémitiques, 2ª ed., Parigi 1905, p. 291 segg.; J. Meinhold, Sabbat und Woche im A. Test., Gottinga 1905; id., Zur Sabbatfrage, in Zeitschr. alttestamentl. Wissensch., 1916, p. 108 segg.