SABBIE
Le sabbie sono rocce sedimentarie incoerenti a composizione qualunque. I primi studî su di esse si devono a H. C. Sorby (1870) a J. Thoulet, a J. W. Retgers. In Italia valenti psammografi furono F. Salmoiraghi ed E. Artini. È merito di quest'ultimo l'aver portato a singolare perfezione l'indagine mineralogica delle sabbie, precedendo in ciò anche gli stranieri.
Le sabbie prendono origine dallo sbriciolamento naturale delle rocce, i detriti delle quali, convogliati dalle acque, dal vento, dai ghiacciai, sono depositati più o meno lontano dal luogo di partenza. Durante il trasporto, specie se in seno alle acque, avviene una separazione meccanica giacché i minerali più pesanti, a parità di volume e di forma, sedimentano prima e non appena la velocità dell'acqua è divenuta insufficiente a trasportarli. Così in alcuni fiumi si hanno sabbie aurifere (v. oro).
Una classificazione razionale delle sabbie ancora non esiste, per cui si continua a dividerle partendo da criterî diversissimi. Anche la grandezza degli elementi è fissata tra limiti del tutto convenzionali (mm. 5 e mm. 0,05); . al disopra si hanno le ghiaie, al disotto il limo. Il Thoulet chiama sabbia grossolana quella trattenuta da un setaccio che abbia 30 maglie per 27 mm. di lato (pollice); sabbia media quella trattenuta dal setaccio 60, sabbia fina dal setaccio 100, sabbia finissima dal 200.
Riferendoci invece alla natura del componente predominante, si hanno: sabbie quarzose o silicee, calcaree, dolomitiche, fosfatiche, ecc.; del costituente accessorio: sabbie calcarifere, argillose, glauconitiche, micacee, feldspatiche, aurifere, platinifere, gemmifere, ecc. A seconda dell'origine: sabbie glaciali, funviali, eruttive, eoliche, coralline, ecc. Se contengono fossili è anche possibile stabilire esattamente se esse sono marine, lagunari o fluviali. Tenendo conto del colore si parla di sabbie rosse, come quelle granatifere della costa adriatica, dette anche sabbie terebranti, di sabbie nere, ricche di magnetite e d'ilmenite, che s'incontrano sulle spiagge del Lazio, della Sardegna, del Mare del Nord, della foce del Giuba in Somalia. Nelle une e nelle altre il moto ondoso ha determinato l'arricchimento dei minerali più pesanti a scapito dei più leggieri che vennero asportati. La sabbia verde è una sabbia a clorite o più spesso a glauconite. Pare che le condizioni più propizie per la formazione di quest'ultimo minerale siano la lontananza dalla foce dei grandi fiumi e la prossimità a rocce granitiche o gneissiche. Le sabbie gialle sono tali per la presenza, per lo più, di sostanza ocracea; se ne hanno nei terreni pliocenici (astiani) della regione subappenninica, sovrapposte alle argille azzurre.
Talune sabbie contengono una mica dorata (biotite alterata) che le fa ritenere, erroneamente, aurifere.
Nello studio sistematico di una sabbia si tralascia, di solito, l'analisi chimica, limitandosi a determinare la composizione mineralogica e la composizione granulometrica. Quest'ultima si può stabilire convenzionalmente dividendo i grani in grossi, cioè passanti per fori di 5 mm. di diametro e non per quelli di 2 mm., medî per fori di 2 mm. e non per quelli di 12 mm., fini per fori di 1/2 mm., e indicando quanto per cento in peso di ognuna delle tre categorie di granuli entri a costituire la sabbia. Ma la classificazione granulometrica è spinta spesso più lontano venendo fatta da una serie di setacci a maglie quadrate dalle dimensioni di 16/8, 12/8, 8/8, 4/8, 2/8, 1/8 mm. di lato.
L. Cayeux suole ripartire un campione di sabbia in tre porzioni: una per la determinazione del contenuto in CaCO3, una per la classificazione volumetrica, una terza, previamente decalcificata, per la separazione e il riconoscimento dei singoli minerali. I quali vengono separati in base al loro peso specifico usando soluzioni densimetriche, per es., quelle di Thoulet, di C. Rohrbach, di E. Clerici. L'argilla si elimina con la decantazione, avendo cura di non perdere le lamelle dei minerali micacei o cloritici.
Le porzioni separate con i liquidi pesanti vengono esaminate al microscopio con i metodi insegnati dalla tecnica petrografica, facendo largo uso dell'immersione in liquidi a indice noto e piuttosto elevato. Non è necessario, di solito, anzi spesso è nocivo, fare eseguire delle sezioni sottili agglomerando la sabbia, dato che taluni minerali, come zircone, tormalina, apatite, spesso anche granato, magnetite, ilmenite, si presentano con forme cristalline nette suscettibili di misure al goniometro.
Si ricorre pure spesso, e con profitto, a saggi macro- e microchimici, come ancora a prove di fusibilità, di durezza, di magnetismo. Anzi con l'impiego di appropriate elettrocalamite a intensità variabile è possibile separare i minerali - specie nei concentrati - a forte suscettività magnetica cioè gli ossidi di ferro dal granato, dai pirosseni, dagli anfiboli, dall'epidoto, dalla tormalina, dalla monazite, e sulla porzione integrale questi dai non magnetici: quarzo, rutilo, zircone, titanite, apatite.
Oltre la composizione mineralogica e granulometrica si determina il peso di volume che per la sabbia ordinaria è di 1400-1600 kg. al metro cubo, e anche il peso specifico assoluto. Quest'ultimo con il volumenometro di Schumann, il quale consta di una boccetta portante in alto un lungo e largo collo graduato. Riempito di acqua fino al segno zero si introducono, per es., 100 gr. di sabbia, il cui volume si legge sulla graduazione; dividendo il peso per il numero dei cmc. si ha così il peso specifico complessivo della sabbia. Conoscendo il peso specifico e il peso di volume è possibile dedurre la somma dei volumi dei meati esistenti tra granulo e granulo.
Ma occorre anche conoscere l'abbondanza relativa o frequenza dei varî costituenti. All'uopo ci si riferisce a una scala che va dall'uno al dieci, proposta dall'Artini nel 1898. Essa è la seguente: 1 = copiosissimo; 2 = copioso; 3 = abbondante; 4 = discretamente abbondante; 5 = molto comune; 6 = comune; 7 = piuttosto scarso; 8 = scarso; 9 = scarsissimo; 10 = raro. Così, per es., la sabbia del Lido di Venezia è costituita dai seguenti minerali la cui frequenza è: calcite e dolomite = 1; quarzo = 4; augite = 6; tormalina = 7; orneblenda = 7; epidoto = 7; magnetite e ilmenite = 7; granato = 8; muscovite = 8; clorite = 8; feldspato = 9; rutilo = 9; staurolite = 9; biotite = 9; actinolite = 10; iperstene = 10.
Dallo studio mineralogico completo di una sabbia è possibile risolvere importanti problemi geologici e anche agrarî, come, per es., risalire alla natura delle rocce madri, come pure stabilire l'età della sedimentazione anche in mancanza di fossili. L'Artini ed E. Repossi hanno infatti trovato delle notevoli differenze tra le sabbie plioceniche e quelle postplioceniche del sottosuolo della pianura milanese e novarese.
Il quarzo di una sabbia silicica proviene, in genere, da rocce eruttive (graffiti) se si presenta in granuli isodiametrici o di forma irregolare, da rocce scistose cristalline (gneiss, micascisti), se in individui appiattiti e allungati. Inoltre il quarzo delle rocce eruttive è più ricco d'inclusioni liquide e gassose di quello delle rocce scistose metamorfiche, nel quale si notano, invece, inclusioni solide caratteristiche dovute a rutilo, tormalina, sillimanite, ecc. Se nella sabbia si trova glaucofane, andalusite, cianite, staurolite, granato, ecc., la roccia madre era uno scisto cristallino. Cristallini bipiramidati di quarzo con inclusioni vetrose o frammenti della stessa natura ancora attaccati derivano da rocce effusive acide. Calcedonio sotto forma di spicule sta a indicare che la roccia che lo ha prodotto era un calcare silicifero. In genere i feldspati limpidi e inalterati provengono da rocce effusive recenti; se torbidi, e più o meno decomposti, da rocce granitoidi o da arenarie o da scisti cristallini. Se la sabbia è costituita da elementi angolosi, ai quali se ne associano - oppure no - altri arrotondati aventi dimensioni circa uniformi, ed è senza polvere, si ha a che fare, in genere, con una sabbia marina. Le sabbie fluviali constano, invece, di granuli di forma e grandezza differenti associati a polvere; quelle glaciali di elementi manifestamente angolosi e racchiudono ancora frammenti delle rocce madri e sono ricche di polvere. Le sabbie eoliche hanno composizione granulometrica abbastanza uniforme, tra il fine e il medio, e sono in genere senza ciottoletti o parti grossolane e senza limo o parte minuta. Il vento, in determinate condizioni di velocità, trasporta e accumula solo i granuli di una data grandezza e soffia lontano i più piccoli i quali formeranno una sabbia finissima, p. es., il löss in Cina. Depositi analoghi si hanno anche nella Valle Padana e vennero formati a spese di morene di fondo rimaste scoperte durante il ritiro dei ghiacciai. Le sabbie dovute a trasporto eolico (v. deserto) si riconoscono specialmente dall'aspetto dei granuli più grossetti di quarzo i quali risultano arrotondati e smerigliati. Le cosiddette sabbie dolomitiche si sono formate da calcari dolomitici in seguito all'asportazione per opera delle acque della calcite più solubile rispetto alla dolomite che rimane così sul posto allo stato incoerente. È ancora da osservare che i costituenti di una sabbia non hanno tutti la stessa importanza geologica, e che mentre quarzo, calcite e mica vanno considerati, più che altro, in ordine alla loro quantità, glaucofane, andalusite, sillimanite, anche se scarsi, hanno un significato speciale, come si è precedentemente accennato, come pure che non tutti i costituenti sono allotigeni. La calcite, ad es., si può essere formata anche sul posto e ciò si riconosce dal fatto che essa è in cristalli a spigoli non arrotondati. Autigena può essere anche la pirite, e autigeno è il pigmento ocraceo delle dune fisse della Somalia, studiate dall'Artini, proveniente dalla decomposizione dei silicati ferriferi (pirosseni, anfiboli), i quali risultano profondamente corrosi. Detto pigmento impartisce alla sabbia una tinta rosso mattone e un principio di cementazione.
La sabbia è usata specialmente per fare malte, e in questo caso essa deve essere, il più possibile, esente da sostanze argillose e organiche. Quella quarzosa, cioè delle spiagge e delle dune o di formazione antica, trova larga applicazione nell'arte ceramica. Se platinifera, aurifera, gemmifera, ecc., serve per l'estrazione dei minerali in essa contenuti; la sabbia granatifera o terebrante e quella quarzosa per segare marmi e pulire vetri.
Bibl.: H. C. Sorby, On the structure and origin of non calcareous stratified Rocks, Londra 1880; F. Salmoiraghi, Osservazioni geologiche sopra alcuni pozzi recentemente perforati nella provincia di Milano, in Rend. R. Ist. lombardo, 1892; E. Artini, Intorno alla composizione mineralogica delle sabbie di alcuni fiumi del Veneto, Padova 1898; id., Osservazioni mineralogiche sui materiali incontrati da due trivellazioni profonde recentemente eseguite a Milano, in Atti Soc. Ital. di sc. nat., LXVI (1927); E. Repossi, Osservazioni mineralogiche sopra alcune sabbie del sottosuolo della pianura presso Novara, in Atti R. Accademia di Torino, LXIII (1928); L. Cayeux, Les roches sédimentaires de France, Parigi 1929; P. G. H. Boswell, On the mineralogy of sedimentary Rocks, Londra 1933.