SABINA (A. T., 24-25-26 bis)
Regione dell'Italia centrale, che comprende i Monti Sabini, la conca di Rieti, la media e bassa valle del Turano, gran parte delle valli del Velino e del Salto e parte di quelle del Tevere e dell'Aniene. Varî, attraverso i tempi, sono stati il significato e l'estensione del nome Sabina, che è certo uno dei più antichi nomi regionali d'Italia e uno di quelli mantenutisi più vivi nell'uso; questa regione, infatti, tanto nel concetto popolare quanto in quello dei dotti, è stata sempre ben distinta dalle regioni circonvicine, anche nei periodi in cui amministrativamente non aveva significato territoriale: significato che, del resto, non ha neppure attualmente. I comuni considerati sabini sono 57, con una superficie complessiva di 1706 kmq. Di essi 49 fanno parte della provincia di Rieti, la quale comprende anche numerosi comuni (14) non sabini, e quindi non s'identifica con la Sabina, e 8 della provincia di Roma; la regione rientra così totalmente nel compartimento del Lazio. La conca di Rieti, ampia un centinaio di kmq., lunga 14 km. e larga in media 7, alta sui 400 m., è coperta da sabbie, ciottoli, argille e conglomerati del Pliocene (marino e lacustre) e da formazioni quaternarie (tra cui banchi di travertino). Ancora sul finire dell'epoca glaciale essa era occupata da un lago, del quale sono residui i laghetti di Ripa Sottile (kmq. 1,05) e di Cantalice (o Lago Lungo: kmq. 0,77), profondi poco più di 7 m. e assai pescosi. I Monti Reatini, che chiudono la conca ad est, costituiti ove da calcari compatti del Liassico e del Triassico e ove da calcari bianchi cristallini e subcristallini del Liassico inferiore, sui quali tra Cantalice e Rieti poggiano sabbie argillose con ciottoli del Pliocene superiore, culminano nel M. Terminillo (2213 m.), da alcuni anni assai frequentato per gli sport invernali. I Monti Sabini sono anch'essi formati essenzialmente da calcari mesozoici (calcari bianchi cristallini del Lias inferiore, calcari dolomitici, calcari marnosi, ecc.). Essi costituiscono l'ossatura della regione e hanno dapprima una direzione da NNO. a SSE., poi, nella parte più meridionale, dove assumono il nome di Monti Lucretili (o Lucani) e di Monti Cornicolani, una direzione da E. a O., servendo qui da spartiacque tra il bacino dell'Aniene e quello del Tevere, e, più a nord, tra quest'ultimo e il bacino del sistema Nera-Velino. I Monti Sabini superano nel cuore della regione i 1200 m. (M. Pizzuto, 1287 m.; M. Tancia, 1282 m.), e nella sezione detta Monti Lucretili, anche i 1300 (M. Pellecchia, 1368 m.; a SO. di questo s'innalza a 1271 m. l'aspro e dirupato gruppo del M. Gennaro). La catena termina con le basse colline tondeggianti e le larghe groppe che formano i Monti Cornicolani.
A ponente dei Monti Sabini e a settentrione dei Lucretili e dei Cornicolani si estende una plaga collinosa, solcata da fossi e torrenti affluenti di sinistra del Tevere (Fosso dell'Aja, torrente Galantina, F. Farfa, Fosso Corese ecc.). Tra il Salto e il Turano, infine, s'innalza una catena montuosa che raggiunge i 1506 m. nel M. Navegna e che, entrata in territorio abruzzese, prende il nome di Monti Carseolani.
I rilievi montuosi della Sabina, per effetto dell'erosione esercitata dagli agenti atmosferici sui calcari, che, come si è visto, predominano quasi dappertutto, hanno spesso forme piuttosto scabre, e nelle zone più elevate sono brulli o ricoperti da macchie basse e rade. Ruscelli e torrenti rovinosissimi hanno inciso, talvolta assai profondamente, i fianchi delle montagne, dando luogo a gole e a forre selvagge. La vegetazione è più rigogliosa sulle colline e i poggi che fiancheggiano le catene principali e che presentano generalmente forme tondeggianti. Alla costituzione calcarea predominante è dovuta una certa diffusione dei fenomeni carsici (cavità sotterranee numerose, doline) e la presenza di grosse sorgenti, tra le quali quella di S. Susanna (5 mc. d'acqua al secondo), che sgorga presso Rivodutri, e dà origine al fiume di S. Susanna, immissario principale del Lago di Ripa Sottile.
Tutto il territorio sabino rientra nel bacino idrografico del Tevere. La regione abbonda di acque, sia superficiali, sia sotterranee, ma è da notare che le condizioni geologiche e morfologiche unitamente a quelle climatiche, dànno ai corsi d'acqua carattere fortemente torrentizio: anche i fiumi maggiori, quali il Velino e i suoi affluenti Salto e Turano, hanno piene rovinose (non di rado essi rompono gli argini che li fiancheggiano e inondano per vasto tratto la piana di Rieti). I corsi d'acqua che si versano direttamente nel Tevere d'estate sono asciutti, salvo qualcuno alimentato da sorgenti copiose, come il Farfa (sorgenti Capore e Lariane).
Quanto al clima della Sabina, si può dire che nel complesso non differisce gran che da quello delle altre regioni montuose dell'Appennino centrale; si notano peraltro notevoli differenze tra una parte e l'altra della regione a causa della varia esposizione e delle condizioni altimetriche: così la Sabina occidentale, collinosa e più esposta all'azione mitigatrice del mare, ha clima più dolce della Sabina orientale, più elevata e montuosa. Qui sono maggiori le escursioni annue e diurne e più abbondanti le precipitazioni (Rieti 1251 mm. in confronto con gli 886 mm. di Poggio Mirteto).
Nel censimento del 1701 la popolazione della Sabina risultò di 61.704 ab., saliti a 65.476 nel 1742, a 65.734 nel 1816, a 83.531 nel 1853, a 96.563 nel 1871, a 117.394 nel 1901, a 135.466 nel 1931. L'aumento, lieve fino alla metà del sec. XIX, si è fatto poi ragguardevole, soprattutto negli ultimi decennî, per le migliorate condizioni sanitarie ed economiche della regione, ove dal governo italiano si è pensato a bonificare le plaghe infestate dalla malaria, sia regolando i corsi d'acqua, sia mettendo a coltura aree acquitrinose e incolte, a costruire nuove vie dì comunicazione e a migliorare quelle esistenti.
La densità della popolazione (79 ab. per kmq. nel 1931) è tuttavia mediocre. Le zone più densamente popolate sono la conca di Rieti e la Sabina di NO., e ciò a causa della maggiore fertilità del suolo e delle più favorevoli condizioni topografiche e climatiche. La popolazione si addensa particolarmente tra i 200 e i 600 m. (in questa zona altimetrica, che nel complesso occupa il 39% della superficie totale, vive il 66% degli abitanti), perché qui, sulla sommità di colline, di poggi e di contrafforti, sorse, per ragioni di difesa contro gli uomini e le acque, la maggior parte dei centri, tutti di antichissima origine. La popolazione sparsa è circa 1/3 della totale e rappresenta percentuali più forti là dove migliori sono le condizioni agricole, in rapporto diretto, cioè, con l'estensione delle colture (alta Sabina e Sabina di NO.). I centri sabini sono per la maggior parte piccoli, compatti, con le case separate da stradicciole strette, mal selciate, tortuose e ripide; le case sono costruite generalmente con grosse pietre calcaree cementate alla meglio, e hanno spesso la scala esterna, che dà su una specie di veranda. Rieti (18.471 abitanti), è il centro principale della Sabina e capoluogo di provincia; altri centri ragguardevoli sono Magliano Sabina (3700 ab.) e Poggio Mirteto (3381 ab.) nella Sabina di NO., Monterotondo (6610 ab.), Palombara Sabina (5057 ab.) e Mentana (3705 ab.) nella bassa Sabina, Scandriglia (1880 ab.) e Poggio Moiano (1949 ab.) nella Sabina di SE.
Regione essenzialmente agricola, il 96% della sua superficie è produttivo; e di questa superficie produttiva oltre la metà è a seminativi, il 28% a prati e pascoli permanenti e il 20% a boschi. Il suolo è ben coltivato, specialmente nella conca di Rieti e nella Sabina di NO.; le colture principali sono quelle dei cereali (celebre il grano di Rieti), dell'olivo (l'olio della Sabina è rinomato quanto quello di Lucca) e della vite. Produzione ragguardevole dànno le patate, le barbabietole, gli alberi da frutto e i foraggi. Il bestiame è abbondante, soprattutto quello bovino e quello ovino. L'industria ha conseguito un certo sviluppo soltanto a Rieti, dove sono, fra l'altro, uno zuccherificio, un grande stabilimento per la fabbricazione del rayon, un mobilificio e una fornace per laterizî. Fornaci per laterizî sono pure a Magliano Sabina, Montopoli Sabina, Poggio Mirteto, Monterotondo, Selci e Tarano. Numerosi i molini, i frantoî e le piccole fabbriche di paste alimentari.
Per il carattere montuoso di gran parte della regione, le comunicazioni non si sono potute sviluppare molto. Attraverso il territorio sabino corre un tratto (27 km.) della linea a semplice binario Terni-Aquila-Sulmona, e un tratto (44 km.) della linea a doppio binario Roma-Orte-Foligno-Ancona. Numerose linee automobilistiche collegano i centri principali fra loro o alle ferrovie. Delle strade ordinarie sono da ricordare la Salaria e la Reatina.
Arte. - Un'arte sabina vera e propria non esiste; pure anche la Sabina partecipò con la schiera dei suoi pittori, il più delle volte anonimi, al movimento dell'arte, sia pur lentamente, e ha monumenti insigni. Notevolissima importanza hanno le pitture murali di Vescovio, il primo vescovato sabino, attribuite a Pietro Cavallini, ma invece di qualcuno dei suoi migliori scolari. La chiesa di Vescovio, ampliata nel sec. XII-XIII su vecchia costruzione, conserva nella cripta affreschi più antichi. Un altro monumento che, nonostante le ingiurie del tempo, è sempre più oggetto di studio e di ammirazione, è la celebre abbazia di Farfa (v.), dove recenti scavi e restauri hanno rimesso in luce parecchie parti interessanti dell'antica basilica farfense con notevoli dipinti e decorazioni medievali. Notevolissimi, nei pressi di Rieti, sono gli avanzi della celebrata abbazia cisterciense di S. Pastore e il celebre santuario francescano di Greccio, che conserva ricordi architettonici e pittorici dei secoli XIII e XIV.
Leonessa risente molto dell'arte abruzzese nelle facciate di S. Maria del Popolo e di S. Francesco.
Nel mandamento di Fara Sabina sono da ricordare gli avanzi della antichissima Curi e i ruderi dell'ex-oratorio di S. Martino: sull'altipiano di Osteria Nuova presso Frasso, le "Grotte dei Massacci", opera veramente imponente formata da grossi parallelepipedi non squadrati. Numerosi avanzi di costruzione romana sono anche nei pressi di Mompeo. A Scandriglia è ben conservato il palazzo Orsini del sec. XV con una artistica bifora e nella chiesa di S. Nicolò una bella tavola bizantina del sec. XII. Ponticelli è invece orgogliosa di possedere Santa Maria del Colle, una delle prime chiese costruite in Sabina, ma rifatta nell'età romanica. A Toffia si erge ancora, nelle sue belle linee del più puro Quattrocento, il palazzo Orsini con un bel loggiato a quattro arcate e tre magnifiche finestre guelfe al piano inferiore. La chiesa di S. Lorenzo, che ha origine anteriore al Mille e, sebbene abbia subito molte modifiche, porta all'esterno, con gl'interessanti frammenti incastonati nella facciata, la testimonianza della sua remota origine. A Magliano Sabina nella chiesa della Madonna delle Grazie c'è da ammirare un pregevole quadro bizantino, mentre della chiesa di S. Pietro è interessante tutta la caratteristica struttura romanica interna ed esterna. A Collevecchio invece fanno bella mostra il palazzo Pistolini costruito su disegno del Vignola e il palazzo Piacentini che si vuole di Antonio Sangallo il giovine. Montebuono poi si presenta interessante soprattutto per la chiesa di S. Pietro costruita su avanzi delle Terme e contenente interessanti e grandiosi affreschi, appartenenti alla metà del sec. XV, alcuni di scuola umbro-toscana e altri, più tardi, di Iacopo da Roccantica.
La chiesa di Tarano, puro romanica, è anch'essa assai interessante sia per il frontespizio, sia per la bella torre con cinque ripiani di monofore. A Orvinio sono notevoli i resti della chiesa di S. Maria del Piano, suggestiva chiesa romanica. Da ricordare è pure il bel castello di Collalto e il palazzo Savelli di Poggio Moiano. Mentre a Poggio Mirteto è notevole l'arco di Alessandro Farnese e la chiesa dugentesca di S. Paolo, che conserva nell'abside interessanti affreschi di Lorenzo Torresani veronese, nella frazione di S. Valentino si possono ammirare interessantissimi avanzi di terme romane. Aspra, l'antica Casperia, ha un pregevole dipinto del Sassoferrato, un Battesimo di Gesù di Iacopo Siciliano, un imponente Giudizio Universale dei fratelli Torresani e sculture di legno (sec. XV) nella chiesa di S. Maria in Legarano. A Cantalupo domina il castello Camuccini, opera del Vignola e vero museo d'arte. Nei pressi del caratteristico paese di Poggio Catino sono importanti avanzi romani denominati Terme di Silla. Il palazzo baronale di Stimigliano è assai interessante ed è dipinto dagli Zuccari. Roccasinibalda è ben nota per il suo imponente castello, opera di Baldassarre Peruzzi.
Nell'antica Trebula Mutusca, oggi Monteleone Sabino, si conserva l'interessante chiesa romanica di Santa Vittoria che si eleva su catacombe romane a loculi laterali.
Storia. - Sottomessa ai Romani definitivamente nel 290 d. C. da Manio Curio Dentato, la Sabina (per il periodo precedente v. sabini) seguì le sorti di Roma. I Sabini ottennero anche la cittadinanza romana. Delle undici regioni in cui Augusto aveva divisa l'Italia i Sabini fecero parte della quarta.
Fiaccata la potenza di Roma, i popoli barbari che scesero in Italia, invasero anche la Sabina ponendo il quartier generale presso Antemnae, mentre dopo Costantino la Sabina era stata incorporata nella Tuscia, la 17ª delle provincie. Dopo l'ordinamento dell'Italia in ducati, buona parte della Sabina fu incorporata al ducato di Spoleto e una parte al ducato romano; quest'ultima fu detta, più tardi, Patrimonio di Sabina. Si deve al duca di Spoleto Faroaldo la ricostruzione della celebre abbazia di Farfa che era stata antecedentemente distrutta dai barbari. È del sec. VIII e dei primi del IX la distruzione di Eretum, Fidenae, Gabii, Antemnae, Cures; rimase in piedi Nomentum che alla fine del sec. X riunì il suo vescovado a quello di Forum Novum, mentre il vescovado di Cures fin dal 593 era stato riunito a Nomentum. Nel sec. IX viene nuovamente invasa e poi distrutta l'abbazia di Farfa quando essa aveva raggiunto l'apice della potenza e della espansione. È in quest'epoca che i Sabini fuggitivi, superstiti dalle stragi saracene, iniziano, in luoghi elevati e sicuri, la costruzione di quei castelli tipici, molti dei quali sono ancora oggi in vita e attorno ai quali sono sorti a mano a mano i graziosi e pittoreschi paesi della Sabina.
Dopo un periodo di diretto dominio della sede apostolica con i rettori, la Sabina passò lentamente alla prepotente signoria dei comites con predominio quasi assoluto della famiglia dei Crescenzî, cui successero più tardi (dopo un breve periodo di ritorno sotto la giurisdizione della Chiesa), quali principali dominatori, i Savelli, gli Orsini e i Colonna. Paolo V poté restituire alla Sabina il suo rettore con sede a Collevecchio e il rettorato si mantenne fino al 1800, anno in cui Pio VII, restaurato il governo pontificio, nominò un governatore provvisorio della Sabina. Sotto la dominazione francese la Sabina fu assegnata al dipartimento di Roma con Rieti capoluogo. Il 6 luglio 1816, con muto proprio di Pio VII, la Sabina fu ricreata provincia con sede del delegato apostolico a Rieti, e dei due governi distrettuali a Rieti e Poggio Mirteto. Nel 1861 il commissario regio Gioacchino Pepoli decretò l'unione della provincia sabina alla provincia umbra.
Il governo fascista, nell'anno 1923, aggregò la Sabina a Roma, e con decreto del gennaio 1927 la ricostituì a provincia, con capoluogo Rieti unendo al territorio del circondario di Rieti quello di Cittaducale.
Bibl.: A. Verri e C. F. Parona, Studi geologici sulle conche di Terni e di Rieti, Roma 1883; Att. Mori, Alcune notizie sui laghi velini, in Riv. geogr. ital., 1895, pp. 217-227; R. Riccardi, L'aumento della popolazione in Sabina dal 1656 al 1911, in La geografia, 1921, pp. 203-220; id., Il Lago di Cantalice o Lungo, in Riv. geogr. ital., 1921, pp. 76-85; id., Il Lago di Ripa Sottile, in L'Universo, 1922, pp. 677-94; id., La distribuzione della popolazione in Sabina, in Boll. R. Soc. geogr. ital., 1922, pp. 3-40; id., La cartografia della Sabina nei secoli XVI, XVII e XVIII, ibid., 1923, pp. 210-238, 340-362; id., La distribuzione delle colture nell'alta Sabina, ibid., 1926, pp. 113-125; F. Palmegiani, Rieti e la regione sabina, Roma 1932; N. Colabrese, L'economia sabina dalla ricostituzione della provincia al 1930, Rieti 1933.