SABRATHA
(gr. Σαβϱάθα; arabo Ṣabra)
Città della Libia, in Tripolitania, posta in corrispondenza dei rilievi del Jabal Nafūsa, a km 75 a O di Tripoli e a km 35 a E di Zuwāra.S. sorse - come fondazione tira o cartaginese - presso lo sbocco sulla costa della strada carovaniera proveniente da Cynamus (Ghadames) non prima del sec. 4° avanti Cristo. Appartenuta con Leptis Magna (v.) e Oea al regno di Numidia, nella prima metà del sec. 2° a.C., fu aggregata da Cesare alla provincia d'Africa, a seguito della battaglia di Tapso (46 a.C.). Dopo una fiorente stagione in età medioimperiale, anche S. risentì del declino economico che caratterizzò l'Africa settentrionale dalla fine del sec. 3° e per tutto il 4°, per poi essere colpita da rovinosi terremoti (306/310; 365) e dall' incursione degli Asturiani (363-364/367; Di Vita, 1990, p. 454).Sede episcopale già alla metà del sec. 3° (Romanelli, 1925-1926), la città fu coinvolta nei secc. 4° e 5° nella controversia donatista. Conquistata intorno al 455 dai Vandali, S. conobbe, come tutte le città dell'area, un breve periodo di fioritura a seguito della riconquista bizantina dell'Africa settentrionale; caduta però in mano agli Arabi nel 642-643, fu duramente colpita dall'assedio dei Berberi del 741. Ridotta nel sec. 10° a postazione fortificata, fu definitivamente abbandonata nel sec. 12° (Talbi, 1995).Gli scavi archeologici di questo secolo hanno portato alla luce la complessa stratificazione dell'insediamento e hanno permesso di individuare le fasi e le modalità di sviluppo dell'impianto urbano (Kenrick, 1985; Barton, 1995; Bonacasa Carra, 1995). La città romana rispettò le principali direttrici viarie preesistenti di età fenicia, così che il tratto urbano della grande strada costiera ne costituì verosimilmente il decumano, mentre il cardine pare corrispondesse all'ultimo tratto della carovaniera proveniente dall'entroterra (Di Vita, 1997).La struttura urbanistica della città iniziò a degradarsi solo dopo il terremoto del 306/310, allorché nelle vie secondarie alcuni adattamenti delle abitazioni richiesero l'occupazione di parte delle sedi stradali. La città antica non era dotata di un vero e proprio sistema di fortificazione almeno sino all'inizio del sec. 4°, quando venne costruita una cinta muraria, realizzata - nei settori orientale e meridionale - con il materiale degli edifici distrutti dal terremoto del 306/310, riutilizzando per la protezione del suburbio occidentale parte di un preesistente muro di epoca ellenistica. Questo circuito, probabilmente distrutto dai Vandali alla metà del sec. 5°, non venne mantenuto dopo la conquista giustinianea, quando fu eretta a S. una nuova cinta difensiva. L'indagine archeologica ha rivelato che i Bizantini si limitarono, così come a Leptis Magna e a Madaura, a difendere con una linea di fortificazione solo il nucleo dell'abitato prossimo al porto, ricorrendo anche al riutilizzo di costruzioni preesistenti.Sinora sono state individuate quattro chiese, ubicate nel quartiere del foro e in quello a N del teatro. La prima di esse (c.d. basilica 1) fu adattata, verosimilmente nella prima metà del sec. 5°, nella basilica civile ad absidi contrapposte ubicata a S del foro, riutilizzandone parzialmente le strutture, mentre l'abside, la facciata e gli stilobati interni vennero edificati ex novo (Duval, 1987). L'edificio, in prossimità del quale è stata rinvenuta un'area funeraria con numerose testimonianze epigrafiche (Bartoccini, 1975), era dotato di battistero e di un arredo liturgico costituito da materiale di reimpiego, quest'ultimo rinnovato insieme alla pavimentazione musiva dopo la riconquista bizantina del sec. 6°, quando venne approntata anche una nuova vasca battesimale.La seconda chiesa del quartiere del foro (c.d. basilica 2) sorse in prossimità della curia e, databile in età bizantina, è stata identificata con quella che secondo Procopio di Cesarea (De Aed., VI, 4, 13) venne dedicata nella città da Giustiniano. L'edificio, costruito con materiale di spoglio, era diviso in tre navate da colonne sostenenti archi e si affacciava su una piccola piazza mediante un portico. Internamente, un pavimento a mosaico policromo - forse eseguito da maestranze non locali - con motivo fitomorfo abitato (Sabratha, Mus. of Antiquities) ha rivelato strette connessioni con temi della simbologia cristiana e imperiale, che ne hanno confermato la datazione all'età giustinianea (Maguire, 1987). Anche per la basilica 2 si è conservata parte dell'arredo liturgico: una recinzione presbiteriale con plutei marmorei con croci, un altare con l'incavo per le reliquie e un ambone ricavato da un frammento architettonico della trabeazione del capitolium (Bonacasa Carra, 1992).Un riesame delle strutture delle due chiese contigue poste a N del teatro (c.d. basiliche 3 e 4) ha rivelato l'unitarietà cronologica e tecnica delle fasi costruttive, così da ipotizzare che le due basiliche, con il battistero interposto, il sepolcreto e gli ambienti annessi, già al momento della costruzione - databile alla fine del sec. 4° o all'inizio del seguente - costituissero un unico complesso sacro, poi unitariamente interessato da alcune modifiche in età bizantina (Duval, 1989; Bonacasa Carra, 1989; 1991). Esso è stato identificato con il complesso episcopale paleocristiano di S., per il quale è stato proposto di riconoscere lo spazio privilegiato per la liturgia eucaristica nella basilica 3 e un catecumeneo nella basilica 4; le funzioni del complesso sarebbero quindi state trasferite nella basilica 1, a seguito dell'ulteriore contrazione dell'abitato, solo dopo la metà del sec. 5° (Bonacasa Carra, 1991).La basilica 3, insediatasi nella sala porticata o aula basilicale di un precedente stabilimento termale, era preceduta da un portico quadrangolare: l'interno a tre navate presentava il presbiterio con altare e un'abside sopraelevata, pavimentata da un mosaico con motivi geometrici e vegetali, datato alla seconda metà del 4° secolo. La basilica 4, di dimensioni minori e posta immediatamente a N-E della precedente, sfruttava parte di un grande magazzino pilastrato; anch'essa a tre navate, con presbiterio e altare nella navata centrale, era circondata da un'area per sepolture il cui riconoscimento ha confermato la vocazione cimiteriale di questa parte della città, già indicata dalla scoperta di un'altra area ad uso funerario a E del teatro e, nello stesso quartiere, di una catacomba suburbana forse di età precostantiniana (Nestori, 1972-1973).
Bibl.: P. Romanelli, Le sedi episcopali della Tripolitania antica, RendPARA 4, 1925-1926, pp. 155-166; E. Vergara Caffarelli, H. Bräuner, Sabratha, Stuttgart 1960; P. Ward, Sabratha. A Guide for Visitors, New York 1970; A. Nestori, La catacomba di Sabratha (Tripolitania). Indagine preliminare, Libya antiqua 9-10, 1972-1973, pp. 7-24; E. Joly, Lucerne del museo di Sabratha (Monografie di archeologia libica, 11), Roma 1974; R. Bartoccini, Le iscrizioni sepolcrali nella basilica cimiteriale del foro di Sabratha (Tripolitania), RivAC 51, 1975, pp. 144-167; A. Di Vita, L'area sacro-funeraria di Sidret el-Balik a Sabratha, RendPARA 53-54, 1980-1982, pp. 273-282; D. Pringle, The Defence of Byzantine Africa from Justinian to the Arab Conquest (BAR. International Series, 99), 2 voll., Oxford 1981; P.M. Kenrick, The Historical Development of Sabratha, in Town and Country in Roman Tripolitania. Papers in Honour of Olwen Hackett (BAR. International Series, 274), Oxford 1985, pp. 1-12; id., Excavations at Sabratha, 1948-1951. A Report on the Excavations Conducted by Dame Kathleen Kenyon and John Ward-Perkins, London 1986; H. Maguire, Earth and Ocean: the Terrestrial World in Early Byzantine Art (College Art Association of America, Monographs, 43), University Park 1987; N. Duval, Etudes d'archéologie chrétienne nord-africaine. XVI. Une basilique chrétienne à deux absides à Sabratha?, REAug 33, 1987, pp. 269-301; id., L'évêque et la cathédrale en Afrique du Nord, "Actes du Xe Congrès international d'archéologie chrétienne, Lyon e altrove 1986" (CEFR, 123), Città del Vaticano 1989, I, pp. 345-403; R.M. Bonacasa Carra, Il complesso paleocristiano a Nord del teatro di Sabratha. Una revisione critica, ivi, II, pp. 1909-1926; A. Di Vita, Sismi, urbanistica e cronologia assoluta. Terremoti e urbanistica nelle città di Tripolitania fra il I secolo a.C. ed il IV d.C., in L'Afrique dans l'Occident romain (I siècle av. J.C. -IVe siècle ap. J.C.), "Actes du Colloque, Rome 1987" (CEFR, 134), Roma 1990, pp. 425-494; R.M. Bonacasa Carra, Il complesso paleocristiano a Nord del teatro di Sabratha, Quaderni di archeologia della Libya 14, 1991, pp. 103-246; id., Marmi dell'arredo liturgico delle chiese di Sabratha, ivi, 15, 1992, pp. 307-326; C. Lepelley, The Survival and Fall of the Classical City in the Late Roman Africa, in The City in Late Antiquity, a cura di J. Rich, London-New York 1992, pp. 50-76; I. Barton, Lepcis Magna and Sabratha: a Tale of Two Cities, in North Africa from Antiquity to Islam, "Paper of a Conference, Bristol 1994", Bristol 1995, pp. 7-11; R.M. Bonacasa Carra, L'archeologia cristiana in Libia negli ultimi cinquant'anni, CARB 42, 1995, pp. 95-114; M.Talbi, s.v. Ṣabra, in Enc. Islam2, VIII, 1995, pp. 707-708; A. Di Vita, s.v. Sabratha, in EAA, suppl. II, V, 1997, pp. 47-52.A. Bonanni