SACCARÎ (saccarii; σακκόπλοκοι)
Così erano detti presso i Romani i fabbricanti e mercanti di sacchi. Tale industria fu molto fiorente nelle città porti di mare e negli scali lungo le grandi vie fluviali, dove si esercitava il commercio. La denominazione stessa serviva a indicare i portatori di sacchi, i facchini, gli scaricatori dei porti e i mercanti stessi.
Un abitante di Treviri era al tempo stesso saccarius e cuparius, cioè fabbricante di sacchi e di botti (cupa), per il trasporto dei vini e dei grani lungo il corso della Mosella (Corp. Inscr. Lat., XIII, 3700). In molte città formavano una corporazione; in Roma conosciamo quella dei saccarii salarii totius urbis et campi salinarum Romanarum, addetti ai servizî dei grandi depositi di sale presso la porta Trigemina (202 d. C.; Corp. Inscr. Lat., VI, 2306). In Ostia fu scoperta una pittura parietale con la raffigurazione del loro lavoro; vi si veggono alcuni saccarii in atto di caricare la navicella Isis addetta al trasporto del grano destinato a Roma. Vi sono indicati il proprietario Geminius, il capitano Abascantus e il sorvegliante Pharnaces; un operaio che ha finito il lavoro esclama con soddisfazione: feci (Corp. Inscr. Lat., XIV, 2028). Un'analoga pittura esiste in una catacomba di Roma. I saccarii hanno lasciato tracce a Pompei (Corp. Inscr. Lat., IV, 274, 497); conosciamo associazioni di tali lavoratori anche a Panormus, a Cizico e a Perinto.
Bibl.: J. P. Waltzing, Étude sur les corporations professionn. chez les Romains, II, p. 59; IV, pp. 41, 117; I. Wilpert, in Römische Quartalschrift, I (1887), p. 29; G. Lafaye, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant. grecques. et rom., IV, p. 930; F. G. Lo Bianco, Storia dei Collegi artigiani dell'impero, Bologna 1934, p. 33.