SACI
. Come già fu osservato da Erodoto (VII, 64) i Persiani indicarono con il nome di Saci le popolazioni delle pianure a nord del Mar Nero e del Caspio, che i Greci indicarono con il nome di Sciti. Difatti gli Sciti furono solo un ramo del vasto gruppo etnico indicato dai Persiani col nome di Saci, e l'uso del nome di Sciti in un senso assai più vasto da parte dei Greci fu certo dovuto al maggiore contatto che essi ebbero con cotesta gente. Analogamente si spiega il fatto che nella redazione babilonese delle iscrizioni di Dario I al nome saka della redazione persiana corrisponde gimirri (Cimmerî).
Nelle iscrizioni di Dario I a Naqš i Rustem (NRa. 28-29) i Saci sono distinti in tre aggruppamenti: Saci Amirgi (haumavargā, Erod. 'Αμύργιοι), Saci dall'elmo a punta (tigraχaudā) e Saci d'oltremare (sakā tyai[y pa]radraya). I primi dovettero abitare a oriente e a nord della Sogdiana (Dar. II, Sus. 244-5: hačā sakaibiš tyaiy para sugdam), i secondi nella zona a nord del Caspio e del Caucaso e gli ultimi sulle sponde settentrionali del Mar Nero. Nell'iscrizione di Dario I a Bīsutūn i Saci sono menzionati due volte come ribelli. In Erod., VII, 84 si ha notizia della foggia di vestire e dell'armamento dei Saci Amirgi: "Gli Sciti Saci portavano intorno al capo cappucci rigidi foggiati in alto a punta, indossavano larghi pantaloni (ἀναξυρίδας) ed erano armati di archi indigeni, pugnali e aste di guerra". La foggia tipica del copricapo ha riscontro in quello dei guerrieri saci nei bassorilievi di Persepoli.
Per le vicende storiche dei Saci e la loro civiltà che nella fase più antica sono conosciute attraverso le fonti classiche v. sciti. Qui si accenna solo alla fortuna storica e alla fisionomia linguistica propriamente legata al nome di Saci.
Verso la fine del secolo II a. C., sotto la pressione di vasti movimenti di popoli determinatisi nell'Asia centrale, i Saci, che già nei primi tempi arsacidici si erano stanziati nella Battriana, si spostarono verso sud e si stabilirono nella regione della satrapia achemenide drangiana, alla quale diedero il loro nome (Isidoro di Charax s. Σακαστάνη, pahl. sakastān, mod. Seistān, v.). Da questa sede si spinsero ancora verso est e verso sud occupando i territorî dell'odierno Afghānistān e del Belucistān e la regione dell'Indo sino al Rājputāna. Il dominio dei Saci, forse sotto la guida di principi parti, su questo vasto territorio, si mantenne sino alla fine del regno di Gondofarne, il sovrano protettore, secondo la tradizione, dell'apostolo Tommaso e fondatore di Gondophareia, moderna Qandahār, 45 d. C. In questo periodo essi assolsero la funzione di contenere a nord la pressione degli Yueh Chih e non mancarono di avere una certa influenza sul regno partico, com'è provato dal loro intervento nell'assunzione al trono di Sanatruce (77 a. C.). Nell'età sāsānidica, come sudditi del rinnovato impero persiano, dovettero pure avere una parte non trascurabile, com'è provato dal fatto che alcuni principi reali ebbero il titolo di sakānshāh "re dei Saci" e, più ancora, dal contributo che le tradizioni indigene diedero alla formazione dell'epopea nazionale iranica. Nel sud a contatto con la civiltà indiana, i Saci modificarono il loro patrimonio culturale accogliendo molti elementi di quella, com'è mostrato dai documenti linguistici venuti di recente in luce. Come stato indipendente essi cessarono di esistere con l'invasione e il dominio degli Yueh Chih.
Fra i manoscritti iranici ritrovati in Asia centrale ve ne sono alcuni redatti in una lingua che è sicuramente quella dei Saci della zona indiana. Si tratta di testi in carattere brahmī contenenti frammenti di traduzione d'opere buddhistiche e altri documenti, la cui lingua, fortemente penetrata di elementi indiani nel lessico, si rivela come un dialetto iranico nella fonetica e nella morfologia. Oltre che per l'elemento indiano, l'individuazione di questa lingua come quella dei Saci è provata dalle notevoli concordanze che ci sono fra essa e l'afghāno e i dialetti iranici delle regioni del Panjāb, šignī-sariqolī e waχī (v. iran: Le lingue iraniche).
Bibl.: V. persia: Storia; sciti; e inoltre G. Hüsing, Völkerschichten in Iran, in Mitteilungen der anthropologischen Gesellschaft in Wien, XLVI (1916); M. Rostovzev, Iranians and Greeks in South Russia, Londra 1922; L. de la Vallée-Poussin, L'Inde aux temps des Mauryas et des Barbares, Grecs, Scythes, Parthes et Yue-Tchi, Parigi 1930. - Sulla lingua dei Saci, cfr. H. Reichelt, Das "Nordarische", in Indogermanisches Jahrb., I (1913), p. 20 segg., e Iranisch, in Gesch. d. indogerman. Sprachwissenschaft, II, iv, 2, p. 1 segg. (con bibliografia).