SACILE (A. T., 24-25-26; da sacellum)
Cittadina del Friuli occidentale, 62 km. da Udine e 13 da Pordenone, sulla ferrovia Venezia-Udine, detta la seconda Padova per i molti letterati e dottori che vi fiorirono (secoli XVI-XVII) e giardino della Serenissima per la bella posizione, posta presso il versante meridionale delle Prealpi Carniche, in vista del Monte Cavallo, dalle tre ardite cuspidi, sulle rive del Livenza, dalle acque verdi cupe, quieta e silente. Un tempo borgo chiuso, stretto tra mura merlate, di cui resta qualche misero avanzo nel Foro Boario, è oggi cittadina industriosa (fabbriche di seggiole, filande, distillerie), circondata da fertili campi e da belle praterie. Assai nota è la caratteristica "sagra dei osei", fiera di uccelli e di attrezzi venatorî, che si tiene il 1° settembre. Il comune si estende su 32,7 kmq. (di cui 22,5 a seminativi e 6,7 a prati e pascoli) e contava 5369 ab. nel 1881, più che raddoppiati in un cinquantennio (6042 nel 1901,8331 nel 1911, 9823 nel 1921 e 11.526 nel 1931). Di essi oltre una metà vive sparsa per le campagne, in dimore isolate, quasi 4000 a Sacile e il resto in 9 frazioni.
Storia. - Storicamente Sacile appare con l'erezione (ad opera di Enrico II duca del Friuli, fratello di Berengario I) d'una chiesa fra i confini delle diocesi di Concordia e di Ceneda (870). Da Goffredo, patriarca d'Aquileia, Sacile ebbe privilegi e immunità e larga autonomia (3 gennaio 1190) che ne favorirono lo sviluppo come posto d'avanguardia contro le mire espansionistiche trevigiane. Ebbe i suoi statuti (dal sec. XIII), il pubblico Arengo, e il Consiglio nobile. Sostenne quindi assalti da parte dei Caminesi, agognanti alla sua conquista; ebbe dissensi tra famiglie primeggianti che ne minacciarono la compagine interna; ma i patriarchi d'Aquileia mantennero su Sacile il loro predominio. Più volte contrastata ad essi, anche dai Carraresi, Sacile ebbe fra il 1200 e i primi decennî del 1300, vita assai agitata; e la sua storia si unisce intimamente a quella del patriarcato. Nel 1411 (26 maggio) si allea alla repubblica di Venezia, nella guerra contro Sigismondo d'Ungheria; nel 1419, dopo l'occupazione ungherese e il ritorno alla signoria dei patriarchi, si arrende alla repubblica nel cui dominio territoriale rimase incorporata fino alla sua caduta, a parte brevi occupazioni imperiali nelle guerre veneto-massimilianee, durante e dopo la lega di Cambrai.
A Sacile si svolsero anche fatti d'arme delle campagne napoleoniche: nel 1797 (12 marzo) Napoleone passava la Livenza inseguendo l'armata austriaca dell'arciduca Carlo, e nel 1809 si ebbe la battaglia detta " di Sacile", per la quale v. sotto. Nella guerra mondiale Sacile ebbe a soffrire gravi danni durante la ritirata del novembre 1917 e nel combattimento per la liberazione dall'invasione nemica dell'ottobre 1918. La città è decorata della croce di guerra.
Sacile presenta ancora avanzi dell'antico castello; il palazzo pretorio, il duomo, e alcuni bei palazzi con affreschi del Pordenone.
Bibl.: Oltre alle opere generali per le quali v. friuli, cfr.: C. Ciconi, Cenni storico-statistici sulla città di Sacile, nelle Monografie friulane offerte a mons. Bricito, Udine 1847; Dizionario corografico illustrato dell'Italia dell'Amati (1878), VII, p. 18, dove è anche riprodotto lo stemma; Sacile e il suo distretto, cenni geografici e topografici con doc. storici e una carta, Udine 1868; L'aggregazione al consiglio de' nobili di Sacile, pubblicati per nozze Bellavitis-Fasolo, ivi 1902; G. Marchesini, Fisiologia di Sacile, Sacile 1906; id., La navigazione sul Livenza, ivi 1908; id., Hospitalis sancti Gregorii de Burgo Sacili, ivi 1913; id., Gli antichi mercati di Sacile, ivi 1929; J. Nono, Sacile e le castella del Livenza, ivi 1923; Statuta comunis Sacili (secoli XIII-XIV) a cura di N. Mantica, Udine 1888; per la battaglia del 1809; v.: G. Cappello, L'inizio della campagna del 1809 nel Veneto e gli italiani alla battaglia di Sacile, nella Rivista militare italiana, 1899.
La battaglia di Sacile. - Combattuta nei giorni 15 e 16 aprile 1809 fra le truppe franco-italiane al comando del viceré Eugenio (circa 35.000 uomini) e gli Austriaci (circa 45.000) al comando dell'arciduca Giovanni, che si proponeva di scendere in Italia e sollevare gl'Italiani contro la dominazione napoleonica.
Il viceré Eugenio, col grosso delle forze a Sacile, aveva spinto elementi avanzati a Pordenone e a Fontanafredda. Questi distaccamenti furono costretti a retrocedere. Il principe Eugenio, per impedire al nemico di giungere al Piave, prese l'offensiva la mattina del giorno 16 aprile con le divisioni italiane Severoli e Seras all'ala destra, la divisione Broussier all'ala sinistra e le divisioni Barbou e Grenier al centro. L'azione si svolse per lungo tempo favorevole ai Franco-Italiani, ma verso sera l'intervento di altre forze austriache compromise il successo definitivo, e il risultato della battaglia rimase incerto. Infatti, dopo altre sei ore circa di combattimento sanguinoso, il viceré decise di rioccupare le posizioni di partenza, che gli Austriaci tentarono di prendere, ma invano. Perdite: austriache circa 1500 fra morti e feriti e 1700 prigionieri; franco-italiane il doppio, oltre a una quindicina di cannoni.