HUSAYN, Saddam
ḤUSAYN, Ṣaddām (propr. Ṣaddām al-Takrītī; App. V, ii, p. 574)
Uomo politico iracheno. Dopo la grave sconfitta del febbraio 1991, Ḥ. riuscì a conservare le proprie cariche grazie alla scelta degli Stati Uniti e dei loro alleati di non demolire completamente il suo potere, anche se esso venne limitato fortemente, allo scopo di evitare il rischio della scomparsa dello Stato iracheno e il conseguente sconvolgimento del settore medio-orientale. A dare qualche consistenza alla figura di Ḥ. contribuirono inoltre la struttura tribale del paese e la gestione personalistica e accentratrice del potere; tutto ciò, insieme alla pressione poliziesca, permise a Ḥ. di superare le difficoltà e di destreggiarsi tra gli oppositori.
Il consolidamento della posizione di Ḥ. si registrò sin dall'autunno del 1991: al x Congresso del partito Ba῾ṯ, il primo ministro in carica, Sa‛dūn Ḥammādī, fu allontanato dal Consiglio del comando della rivoluzione e sostituito da Muḥammad Ḥamza al-Zubaydī; tuttavia l'equilibrio politico rimase ancora instabile, oscillante tra i tentativi di venire incontro alle richieste statunitensi di disarmo e le forme di resistenza alle ingiunzioni e alle azioni repressive prontamente attuate da Washington.
L'altro versante di lotta per salvaguardare la continuità del potere fu, per Ḥ., quello del superamento degli scontri tribali e dei tentativi di colpo di Stato. Nel gennaio 1995 venne sventato il colpo di Stato dell'ex capo dei servizi segreti, Wafīq Samarrā'ī; nel marzo dello stesso anno, in un altro tentativo di rovesciamento del governo, rimase ferito il figlio di Ḥ., ‛Udayy; nel maggio-giugno fu repressa l'insurrezione dei Dulaimi. Le espressioni di insofferenza si intrecciarono, peraltro, con le conferme della solidità del potere di Ḥ, che il 15 ottobre 1995 venne rieletto alla presidenza della Repubblica. Nel febbraio 1996 l'assassinio dei due generi di Ḥ., Ḥusayn Kamāl Ḥasan, già ministro dell'Industria, e Ṣaddām Kamāl Ḥasan, tornati in patria dopo una fuga in Giordania nell'agosto 1995, provocò la condanna internazionale. Nel dicembre 1996 il figlio ‛Udayy venne ferito in un nuovo attentato. È impossibile districarsi in questi conflitti, complicati da componenti personalistiche: la valutazione più probabile è che Ḥ. abbia voluto conservare assoluta libertà d'azione sottraendosi a ogni condizionamento sia nell'impegno ad accettare le ingiunzioni dell'ONU, sia nello sforzo di attenuarle. In questo senso si spiegano sia la disponibilità manifestata in extremis per evitare ulteriori interventi militari al segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, incontrato a Baghdād nel febbraio 1998, sia il rifiuto di accettare gli aiuti umanitari qualora non venisse posto fine all'embargo introdotto nel 1991. Atteggiamento che gli ha consentito di superare numerosi momenti di tensione con gli Stati Uniti, ma non la crisi del novembre 1998, culminata nei bombardamenti aerei statunitensi e inglesi del 16-20 dicembre.
bibliografia
F. Toniolo, Progetto Babilonia, Milano 1993;
O. Bengio, Saddam's word: political discourse in Iraq, New York 1998.