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ḤUSAYN, Ṣaddām

di Guido Valabrega - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)
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ḤUSAYN, Ṣaddām

Guido Valabrega

(Ṣaddām at-Takrītī)

Uomo politico iracheno, nato il 28 aprile 1937 a Takrīt, piccola città sulla riva destra del Tigri da cui prende il nome. Orfano di padre, fu affidato a uno zio che lo fece studiare a Baghdād. Laureatosi, entrò nel partito Ba῾ṯ; impegnatosi nell'attività clandestina, conobbe la prigionia e l'esilio. Solo dopo la caduta di K. Qāsim rientrò in patria e, avendo assunto nel 1966 la funzione di vicesegretario generale del partito, fu tra i protagonisti del colpo di stato del 17 luglio 1968, che portò alla guida del paese il gen. H. al-Bakr. Vicepresidente del consiglio del Comando rivoluzionario dal 1969, Ḥ. divenne l'artefice della politica irachena, tanto che nel luglio 1979 esautorò al-Bakr concentrando nella sua persona le cariche di presidente della Repubblica, di capo del partito e di comandante delle forze armate, e si impegnò a promuovere la crescita economica e culturale dell'῾Irāq.

Deciso a imporre la sua egemonia sul Golfo Arabico e sul Vicino Oriente, Ḥ., prendendo a pretesto una disputa sui confini, attaccò l'Iran nel settembre 1980. La guerra si trascinò per otto anni, senza che l'῾Irāq riuscisse a cogliere risultati significativi, pur avendo Ḥ. fatto ricorso anche all'impiego di armi chimiche. Alla cessazione dei combattimenti (agosto 1988), la sproporzione tra i risultati conseguiti e le aspirazioni di affermazione regionale risultò evidente. Di conseguenza, forte degli aiuti anche di tipo militare largamente forniti dall'Occidente in funzione anti-iraniana, Ḥ., riproponendo una prospettiva di egemonia nello scacchiere mai occultata, si orientò, per fare uscire il paese da una difficile situazione economica, verso l'assunzione del controllo − anche con l'uso di mezzi militari − del ricco staterello petrolifero del Kuwait.

Ḥ. e il suo gruppo, apparentemente abili e non avventati, sottovalutarono l'interesse crescente che gli Stati Uniti manifestavano per il settore e procedettero (2 agosto 1990) all'invasione del Kuwait, nell'illusione di una mancata risposta di Washington: illusione in parte giustificata dall'indifferenza che nei confronti di questi propositi aveva mostrato l'ambasciatrice degli Stati Uniti, A. Glaspie, nel corso di un colloquio il precedente 25 luglio. Dopo la risoluzione dell'ONU del novembre 1990, che rendeva inevitabile la prova di forza (v. guerra del golfo, in questa Appendice), a Ḥ. non rimase che scegliere di presentarsi alle masse arabe come il leader capace di affrontare in uno scontro diretto le superiori forze del colonialismo.

Nonostante le distruzioni e la sconfitta che l'attacco degli Stati Uniti e dei loro alleati provocarono all'῾Irāq nel gennaio-febbraio 1991 e nonostante i tentativi indipendentisti di gruppi sciiti e curdi, Ḥ. riuscì a mantenere il potere. Nei mesi successivi ha resistito alle reiterate richieste dell'ONU di procedere alla completa distruzione degli arsenali, mentre l'῾Irāq continuava a subire l'embargo e doveva accettare (1992) rettifiche confinarie a favore del Kuwait.

Bibl.: A. Iskander, Saddam Hussein le militant, le penseur et l'homme, Parigi 1980; F. Matar, Saddam Hussein ou le devenir irakien, ivi 1981; C. Saint-Prot, Saddam Hussein, ivi 1987; E. Karsh, J. Rautsi, Saddam Hussein: a political biography, New York 1991.

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