CARNOT, Sadi-Nicolas-Léonard
Fisico, figlio di LazareNicolas C., nato a Parigi il 1 giugno 1796, morto ivi di colera il 24 agosto 1832. Servì come ufficiale nell'esercito, ma si dimise ben presto per dedicarsi interamente alle ricerche scientifiche. Studiò le leggi del calore, della dilatazione dei gas e l'applicazione meccanica del vapore. Sono d'importanza fondamentale i suoi studî sopra il cosiddetto ciclo di Carnot, grazie ai quali egli si può considerare uno dei fondatori della termodinamica.
Il ciclo e la macchina di Carnot. - Il principio dell'equivalenza fra calore e lavoro stabilisce che l'energia meccanica può trasformarsi in energia termica e viceversa. Ora la trasformazione di energia meccanica in energia termica può avvenire senz'alcuna limitazione; non altrettanto accade per la trasformazione inversa, che è possibile soltanto in determinate circostanze. In generale, non è possibile trasformare integralmente il calore in lavoro meccanico. Se si vuole che una certa quantità di calore, presa da una sorgente che si trovi a una temperatura determinata, si trasformi in lavoro, bisogna che contemporaneamente un'altra quantità di calore passi da una temperatura elevata a una temperatura più bassa o che avvenga qualche fenomeno equivalente. In queste limitazioni alla trasformabilità del calore in lavoro, consiste, sostanzialmente, il secondo principio della termodinamica. Esse furono stabilite dal C. (Réflexions sur la puissance motrice du feu et sur les machines propres à développer cette puissance, Parigi 1824) mediante lo studio di una macchina termica ideale, funzionante secondo un particolare ciclo termico, detto ciclo di Carnot.
La macchina di Camot comprende: una sorgeme di calore, alla temperatura costante T1; un refrigerante, alla temperatura costante T2, minore della precedente, e infine il fluido (detto sostanza lavorante) chiuso in un cilindro, in cui scorre, a perfetta tenuta, uno stantuffo. S'immagina che il cilindro possa esser posto in comunicazione termica con la sorgente, ovvero con il refrigerante, o infine possa essere isolato termicamente dell'ambiente.
Si suppone che la sostanza lavorante abbia inizialmente la temperatura T1 della sorgente, e che le sue coordinate (volume e pressione) siano quelle rappresentate dal punto A della figura. Posto allora il cilindro in comunicazione con la sorgente, si fa espandere il fluido isotermicamente, cioè a temperatura costante; il fluido subisce allora la trasformazione rappresentata dalla linea AB (isoterma), e frattanto riceve calore dalla sorgente e fornisce lavoro.
Quando il fluido ha raggiunto lo stato B, si isola il cilindro e si fa continuare l'espansione: questa seconda espansione, rappresentata dalla linea BC, è quindi un'adiabatica, durante la quale il fluido continua a fornire lavoro a spese della propria energia interna, e perciò si raffredda, e assume, a un certo punto, la temperatura T2 del refrigerante. A questo punto, posto il cilindro in comunicazione col refrigerante stesso, si fa subire al fluido una compressione isotermica (rappresentata dalla curva CD), e infine - isolato nuovamente il cilindro dall'ambiente - una compressione adiabatica DA che lo riporta nelle condizioni iniziali.
Il ciclo di Carnot si compone pertanto di due trasformazioni isotermiche (relative alle temperature T1 e T2), tramezzate da due trasformazioni adiabatiche. Si deve supporre che tali trasformazioni si compiano sotto differenze di temperatura e di pressione infinitamente piccole, sì da poter essere assimilate a successioni di stati di equilibrio; in tali condizioni, le trasformazioni stesse sono reversibili, e quindi il ciclo può essere percorso anche in senso opposto.
Quando la macchina lo percorre nel senso or ora descritto (e cioè come gl'indici di un orologio), essa assorbe calore dalla sorgente, ne cede una parte al refrigerante e produce un lavoro esterno misurato dall'area del ciclo. Dette Q1 e Q2 le quantità di calore, rispettivamente assorbita e ceduta dalla sostanza lavorante, lungo le isoterme AB e CD, il rendimento della macchina, cioè il rapporto fra la quantità di calore effettivamente trasformato in lavoro e la quantità di calore sottratto alla sorgente, sarà dato da:
Ora si dimostra (teorema di Carnot):
1. che tale rendimento è indipendente dalla natura della sostanza lavorante, dalle quantità di calore messe in gioco durante ogni ciclo, ecc., e dipende soltanto dalle due temperature estreme T1 e T2, sicché tutte le macchine di Carnot che lavorano fra le stesse temperature hanno un identico rendimento;
2. che non può esistere una macchina termica, lavorante fra le stesse temperature T1 e T2, il cui rendimento sia superiore a quello che compete al corrispondente ciclo di Carnot.
La macchina di Carnot si chiama pertanto macchina termica perfetta; ma il suo rendimento, pur essendo il massimo possibile per due date temperature estreme, non è mai uguale all'unità, perché non può mai essere nulla la quantità di calore Q2 ceduta al refrigerante (salvo che questo non sia alla temperatura dello zero assoluto). Qualsiasi macchina termica reale ha dunque, a maggior ragione, un rendimento minore di uno, cioè trasforma in lavoro solo una parte del calore ricevuto dalla sorgente.