Sadiq Khan
Un musulmano alla guida di Londra
In un’era di rigurgiti nazionalistici e di radicalismi religiosi la capitale inglese ha scelto un outsider: figlio di immigrati, ha ottenuto 1,31 milioni di voti, il massimo dei suffragi mai raccolti da un politico britannico.
Il 5 maggio del 2016 sarà ricordato come una pietra miliare non solo nelle cronache del Regno Unito ma dell’Europa intera. Londra, la città più cosmopolita del mondo, con un abitante su 3 nato all’estero, ha provato a essere un laboratorio del futuro, eleggendo per la prima volta nella storia dell’Occidente un sindaco musulmano. In un’era di rigurgiti nazionalistici e di radicalismi religiosi, la capitale di un paese che si è peraltro chiamato fuori dall’Unione Europea, votando per la Brexit il 23 giugno, ha dato un forte segnale controcorrente. Con 1,31 milioni di voti, il massimo dei suffragi mai ottenuti da un politico britannico, Sadiq Khan, avvocato dei diritti umani e 45enne promessa del partito laburista, figlio di un conducente d’autobus e di una sartina emigrati dal Pakistan a fine anni Sessanta a Londra, ha vinto con circa il 57% dei voti un pieno mandato per guidare la città più dinamica e popolosa d’Europa.
A differenza dei predecessori, Ken Livingstone e Boris Johnson, entrambi con netti connotati nazionali, anche se eccentrici all’interno dei rispettivi partiti (Livingstone laburista e Johnson conservatore), Khan si è rivelato un uomo nuovo nella politica britannica. Un outsider, ma con chiaro spirito patriottico, a servizio di una città di stranieri.
Musulmano praticante, sposato con Saadiya Ahmed, correligionaria e anch’essa avvocato, padre di 2 figlie, Anisah e Ammarah, ha subito marcato il terreno il 9 maggio, giorno del suo insediamento, con una cerimonia multireligiosa nella cattedrale di Southwark, davanti ai rappresentanti delle maggiori fedi, oltre a partecipare, pochi giorni dopo, a un memoriale sull’Olocausto in uno stadio a nord di Londra. Un sindaco per tutti, non burocraticamente laico e secolarista come vuole la prassi occidentale, ma musulmano credente e al contempo rispettoso delle altre fedi.
Protagonista di cause ad alto profilo che lo hanno spesso coinvolto sul fronte opposto della polizia della capitale, Khan ha mostrato da subito di essere uomo delle istituzioni, confermando la professionalità dimostrata da sottosegretario alle Comunità e ai Trasporti nel governo di Gordon Brown (2008-10) e poi come ministro ombra ai Trasporti nel team di opposizione di Jeremy Corbyn (2010-16).
Sostenitore della prima ora di Corbyn, Khan è però assai distante dal leader laburista: in varie occasioni ha mostrato di essere uomo di principi ma non di ideologie, moderato e pragmatico, pur distinto dall’ala blairiana che non è più popolare nel partito. Ha preso posizioni nette a difesa della capitale, manifestando una decisa apertura al mondo del business, celebrando l’imprenditorialità.
Nel giro di 2 mesi ha dato parere favorevole al potenziamento del City Airport, a costo di dure critiche dagli ambientalisti, e si è espresso per l’ingrandimento di Gatwick rispetto a Heathrow.
La prova del fuoco, a un solo mese dall’insediamento, è stato il referendum sulla Brexit, passato con il 52% dei voti nel paese, mentre Londra lo ha bocciato con il 40%.
Cosciente di guidare una megalopoli politicamente anomala, ma al contempo motore economico che pesa per un quarto del PIL, Khan si è schierato a difesa della capitale. Ha tranquillizzato i residenti europei sul loro futuro, ha chiesto al governo di Theresa May un posto al tavolo negoziale con la UE e più libertà di tassazione locale.
Il suo manifesto pone l’enfasi su nuovi alloggi sostenibili, su un contenimento dei costi dei trasporti (con innovazioni come un ticket bus orario e metro notturno), su un salario minimo più elevato, su migliore qualità dell’aria e su una lotta senza quartiere all’estremismo, con più risorse per la polizia. Ma quanto più conta sarà la fermezza con cui Khan governerà la capitale, a cui ha promesso coesione e opportunità: «la mia è stata la vittoria della speranza sulla paura, dell’unità sulla divisione», ha detto il giorno della vittoria. L’esperimento del primo musulmano alla guida della maggiore città europea all’insegna di una nuova politica è ora al banco di prova della storia.
La biografia
Nato a Londra nel 1970 nel distretto di Tooting, abitò per anni con la famiglia (e 7 tra fratelli e sorelle) a Earlsfield, periferia della capitale, in una council house, gli alloggi popolari assegnati dallo Stato ai poveri, studiando alle scuole statali gratuite. Laureatosi in giurisprudenza alla University of North London e specializzatosi al College of Law a Guildford, ha iniziato a esercitare la professione nel 1997, specializzandosi nella difesa dei diritti umani: ha affrontato cause contro la violenza della polizia, la discriminazione sul lavoro, i diritti dei carcerati. Accostatosi alla politica, dopo aver occupato la carica di consigliere comunale in uno dei ‘borghi’ in cui è suddivisa Londra, Wandsworth, è stato eletto in Parlamento, dove è rimasto 2 legislature, a partire dal 2005, nelle file del Partito laburista. Vinte nel settembre 2015 le primarie del Partito laburista contro la candidata vicina a Blair, Tessa Jowell, per la carica di sindaco di Londra, nel maggio 2016 si è affermato sull’avversario conservatore Zac Goldsmith, ottenendo il 56,9% delle preferenze.