Sadismo
Il termine sadismo venne coniato, nel 1869, dallo psichiatra R. von Krafft-Ebing, che lo derivò dal nome del marchese D.-A.-F. de Sade, scrittore francese del 18° secolo. Designa una perversione sessuale nella quale il soggetto trae godimento erotico dalla sofferenza che infligge ad altri, oppure un aspetto del carattere proprio di chi si compiace della crudeltà.
1. Il sadismo come parafilia
Il sadismo, nell'ambito delle parafilie, rientra tra i disturbi che riguardano un'eccitazione sessuale deviata. Sue caratteristiche essenziali sono fantasie, impulsi o comportamenti violenti ricorrenti, intensi e sessualmente eccitanti, che comportano la sofferenza o l'umiliazione del partner. S. Freud, che utilizzò il termine per indicare talora la fusione tra sessualità e violenza, talora un'aggressività e una malvagità psicologica senza dirette implicazioni sessuali, concepì il sadismo dapprima come un fenomeno primario capace di convertirsi in masochismo, quindi come una deviazione all'esterno della pulsione di morte che si manifesterebbe originariamente come masochismo. Il sadismo, per il quale a tutt'oggi non sono stati individuati correlati o substrati organici o disendocrini soddisfacentemente esplicativi, come fusione di pulsioni libidiche e aggressive può essere considerato una manifestazione di tendenze innate, oppure la reazione a frustrazioni e/o umiliazioni. In quest'ultimo caso il piacere dell'attività sadica può essere spiegato con il senso di potenza che si acquisisce nell'infliggere la sofferenza o con la rabbia narcisistica di fronte al timore di essere ferito, com'è accaduto nell'esperienza infantile, che si tenta di invertire: di qui il senso di vendetta, il controllo sull'altro e la scarica di impulsi aggressivi finalizzati a far subire dolore anziché subirlo. La psicoanalisi, in corrispondenza con le fasi dello sviluppo libidico, rileva: un sadismo orale, connesso alla funzione fantasticata della bocca e dei denti di mordere e lacerare; un sadismo anale, che si esplica con fantasie di controllo, di ritenzione e coercizione; infine, un sadismo fallico, legato a un vissuto del pene quale arma di violenza e distruzione. In corrispondenza, invece, con le componenti dell'apparato psichico, la psicoanalisi descrive un sadismo dell'Es, riferito a spinte istintuali distruttive per paura di rappresaglie esterne o per desiderio di affermazione, e un sadismo del Super-Io, rigido e crudele nei confronti dell'Io che viene a ricoprire un ruolo masochista per eccesso di sensi di colpa. Del sadismo si occupano anche l'etologia e l'antropologia in relazione al problema dell'aggressività, considerata, da alcuni, un istinto primario utile a selezionare gli individui più resistenti o combattivi, da altri, un comportamento reattivo alla frustrazione. La prima ipotesi, in psicoanalisi, è propugnata da M. Klein, che reputa l'aggressività una componente primaria dell'apparato psichico; la seconda è sostenuta da W. Reich, che considera il sadismo in termini di difesa e adattamento. Il sadismo sessuale è caratterizzato dal fatto che l'eccitazione orgasmica è provocata esclusivamente dalla sofferenza altrui. Secondo G. Bataille (1957), il contrario della regola, procura 'dolore e gioia' e senza la coscienza di 'un'angosciante irregolarità', la felicità erotica nella sua pienezza viene a mancare. Scopo del sadico è prendere e asservire l'altro con castighi, punizioni e sofferenze, in conformità a un certo numero di riti o di modi specifici. Le fantasie sessualmente eccitanti implicano atti (reali, non simulati) come bendare, schiaffeggiare, fustigare, pizzicare, percuotere, ustionare, somministrare scosse elettriche, violentare, ferire, mordere, infliggere ferite da taglio o da punta, torturare, mutilare, introdurre oggetti contundenti nella cavità anale o vaginale, asportare i genitali o le mammelle, strangolare, soffocare, compiere atti di vampirismo e cannibalismo ecc. L'orgasmo può avvenire nel corso di questi macabri rituali, ma può anche precederli. Talvolta la violenza del sadico si placa e la vittima viene dopo un po' lasciata libera; talaltra il soggetto procede senza pietà fino all'assassinio. Il suo obiettivo, il raggiungimento dell'orgasmo, talora non viene conseguito neppure con la morte della vittima, ma richiede il soddisfacimento di altri bisogni perversi, che possono arrivare alla masturbazione sul cadavere, su parti di questo o su feticci della persona uccisa. Il sadico sessuale è in genere cinico, freddo, brutale e insensibile ai fatti orripilanti e alle crudeltà che commette. Non ha preoccupazione delle implicazioni dei suoi gesti; non ha pietà per le vittime ed è indifferente ai sentimenti degli altri. Spesso gli atti di violenza apparentemente gratuita che arrivano alla ribalta della cronaca hanno alla loro radice questa spinta parafilica, che ispira sia i serial killers (v. omicidio), sia i tormentatori di animali. Il sadico esprime raramente pentimento, e, in genere, solo se costretto. In realtà non lo prova affatto o, se ciò accade, il suo sentire è solo transitorio, pur nella consapevolezza di aver commesso atti 'dissociali'. Il sadismo sessuale si distingue dal disturbo sadico di personalità, in quanto quest'ultimo non si esprime sul piano sessuale, ma con il bisogno di umiliare o avvilire le persone, di tenerle sotto controllo e di infliggere loro sofferenze psichiche e talora fisiche. Sua caratteristica è la modalità pervasiva del comportamento crudele, umiliante e aggressivo diretto verso gli altri, che inizia entro la prima età adulta e si rende evidente sia nelle relazioni sociali (in particolare con i familiari), sia sul lavoro (con i subordinati). Molti individui con questo disturbo di personalità usano violenza, crudeltà, durezza e intolleranza, per acquisire una posizione dominante nelle relazioni interpersonali; alcune volte non hanno uno scopo. Si deve ricordare che certe componenti sadiche e masochistiche vengono integrate in modo più o meno soddisfacente anche in personalità normali. Il sadomasochismo può rappresentare infatti, in taluni casi, un tentativo di padroneggiare l'angoscia di separazione. Le coppie impostate su questo tipo di rapporto risultano, di fatto, assai solide, visto che il loro obiettivo non è di aggredire, ma di consolidare la relazione. Questo avviene nelle forme di sadomasochismo non eccessivamente distruttive, in cui un tocco di aggressività arricchisce l'esperienza sessuale e l'unione, piuttosto che annientarle. Il comportamento sadico parafilico, soprattutto se praticato sotto una spinta incontrollabile e coatta, può comportare lesioni che variano d'intensità, da minime a potenzialmente letali, per cui il sadismo sessuale non concordato con il partner può costituire un problema medico-legale non indifferente. Se pur raramente, anche il sadomasochismo concordato con il partner o da esso tollerato può avere bruschi, imprevedibili e pericolosi passaggi ad atti violenti.
2. Valutazione diagnostica
È difficile che un soggetto affetto da sadismo si presenti al medico o allo specialista o in strutture sanitarie per la cura di questo disturbo, anche se è possibile che vi si rivolga perché indotto da problemi psichici o di salute fisica connessi, oppure da depressione o da difficoltà e disfunzioni sessuali o da gravi anomalie di personalità. Per tale motivo, prima di prendere in considerazione gli eventuali trattamenti da applicare ai soggetti con sadismo è bene ricordare che tale parafilia si situa in un continuum tra norma e patologia, e che nella valutazione clinica è necessario considerare una serie di variabili riguardanti fondamentalmente la capacità del soggetto di relazionarsi con l'oggetto d'amore. Infatti, anche l'attività sessuale normale include varianti e tendenze parziali, espressioni di componenti pregenitali, che vengono però integrate e sfruttate dalla persona a favore della relazione e della specie (per es. una lieve aggressività o sottomissione nell'eccitamento sessuale normale lega e avvicina al partner). Questi sadismi e masochismi 'normali', connaturati al rapporto sessuale, si distinguono dal desiderio perverso, perché l'obiettivo è il consolidamento della relazione, non quello di evitarla umiliando e degradando l'oggetto. D'altronde, i soggetti con sadismo o masochismo sessuale di rado rinunciano alle loro modalità erotiche, che producono piacere, sono egosintoniche e costituiscono una particolarità o, meglio, una caratteristica della loro personalità (World health organisation 1993). La richiesta di trattamento emerge di solito per le difficoltà relazionali e di non condivisione da parte del partner di questi comportamenti parafilici, anche se di lieve entità; occorre dunque valutare, prima di ogni terapia, sia la motivazione alla cura, la forza dell'Io, e la psicopatologia eventualmente associata, sia la riluttanza personale a farsi carico di soggetti così difficili da affrontare (il masochista manifesta di fronte al terapeuta un desiderio di patimento che può mettere in crisi ogni tentativo di alleanza di lavoro) e che possono suscitare intense reazioni controtransferali negative (ansia, disprezzo ecc.).
3. Trattamenti
La psicoanalisi, che resta il trattamento più indicato, si deve porre come obiettivo non tanto la scomparsa della parafilia, bensì la modificazione delle relazioni oggettuali e del funzionamento dell'Io, e l'integrazione del comportamento perverso con il resto della personalità. In genere, la prognosi deve essere cauta; i risultati sono migliori quando la parafilia è connessa a conflittualità, piuttosto che quando serve a preservare il soggetto da disturbi psichici più gravi. Il trattamento dei sadici, autori di reati gravi (in particolare gli omicidi, soprattutto di bambini), è difficile, in quanto il sadismo costituisce un disordine comportamentale complesso le cui cause non sono note. Se esso rappresenti un'attività viziosa, un disturbo ossessivo-compulsivo, o un tipo di ipersessualità deviata, è ancora materia di discussione. Il trattamento, inoltre, si scontra spesso con problemi medico-legali, tra i quali, da una parte, l'adesione del soggetto a un progetto terapeutico-riabilitativo con un consenso valido, dall'altra, la liceità di un intervento lesivo dell'integrità della persona, nell'ambito dei provvedimenti penali presi nei confronti di chi ha compiuto questi delitti ed è incarcerato. Evirazione chirurgica, psicoterapia e farmacoterapia, in particolare con psicotropi serotoninergici, sono state impiegate con risultati alterni. La maggior parte dei soggetti sono stati trattati con antiandrogeni: medroxyprogesterone, che inibisce la secrezione di gonadotropina e di testosterone, e ciproterone acetato, che si oppone all'azione del testosterone. Questi ormoni danno in genere risultati positivi ma instabili, se il trattamento non è proseguito a tempo indeterminato. Anche la soppressione selettiva della funzione pitituaria con un agonista long acting analogo all'ormone gonadotropo, la triptorelina, è risultata utile per abolire le fantasie sessuali deviate, gli impulsi e il comportamento parafilico, riducendo il testosterone serico a basse concentrazioni, come accertato anche da specifiche scale di valutazione. Tale trattamento comporta però talvolta effetti collaterali, quali il calo della densità minerale delle ossa, vampate di calore e, ovviamente, la perdita dell'erezione. Poiché i meccanismi coinvolti nei comportamenti sadici non sono del tutto conosciuti, è importante ricordare che lo scopo di ogni trattamento non deve essere solo quello di sopprimere gli interessi sessuali deviati (il risveglio sessuale dipende dagli androgeni, per cui riducendo la loro secrezione si riduce drasticamente l'eccitamento anormale, ma anche quello normale), quanto anche di favorire la loro sostituzione con interessi per relazioni adeguate con adulti consenzienti. Il trattamento, incluso quello farmacologico, deve quindi essere consentito solo per permettere una valida integrazione sociale della persona, e ciò con il suo consenso che trova però limiti legali non indifferenti, se il soggetto si trova in condizione di cattività o di restrizione. Restano quindi aperti alcuni quesiti dovuti alla difficoltà di considerare tali deviazioni sessuali o come un problema solo psichiatrico e medico, da trattare e riabilitare, o come una condotta criminale da punire, quesiti ai quali non sono state date finora, sul piano sia clinico sia medico-legale, risposte univoche, condivise e scientificamente documentate.
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