Saffo
La poetessa dell’amore femminile
Vissuta nell’isola di Lesbo oltre 2.500 anni fa, Saffo fu a capo di un tiaso, una sorta di collegio in cui venivano educate le fanciulle in vista del matrimonio; a loro, specialmente nel momento del commiato, la poetessa dedica carmi di affetto e di nostalgia, di cui possiamo leggere oggi solo pochi frammenti
La più famosa poetessa di tutti i tempi nasce nel 7° secolo a.C. in una delle isole più settentrionali della Grecia: Lesbo. A quel tempo Lesbo è un centro importantissimo di cultura e vanta già una tradizione poetica che affonda le radici nel leggendario episodio della testa di Orfeo, portata dalle onde sulle rive dell’isola, insieme alla sua lira, che continua a emettere suoni melodiosi. A causa di una lotta politica tra gruppi di aristocratici, Saffo è costretta per alcuni anni all’esilio in Sicilia. Al ritorno diviene una delle protagoniste della vita culturale, a capo di un tiaso, un’istituzione religiosa e pedagogica in cui le giovani figlie delle aristocrazie, non solo dell’isola, compiono la loro educazione in vista del matrimonio. È in questa scuola, cui Saffo dedica tutta la vita, che nasce la sua poesia più significativa.
Diversi aneddoti, già dall’antichità, sono riferiti alla poetessa: si sarebbe innamorata di un traghettatore, Faone, e l’amore non corrisposto sarebbe stato la causa del suo suicidio, un tuffo senza ritorno dall’alta rupe di Leucade. Ma la tradizione biografica antica, probabilmente, ha costruito episodi intriganti sulla base di alcuni dati presenti nei testi di Saffo.
Un verso di Alceo, poeta di Lesbo contemporaneo di Saffo, definisce la poetessa «dai capelli di viola, veneranda». Saffo è «veneranda» perché il suo ruolo nel tiaso è in primo luogo religioso. Il tiaso, infatti, è molto probabilmente una comunità a carattere soprattutto religioso e iniziatico. L’iniziazione, tuttavia, ha un preciso scopo sociale e culturale: preparare le ragazze al matrimonio e alla futura vita nella società aristocratica. Saffo, quindi, è in primo luogo sacerdotessa di Afrodite (la romana Venere), dea protettrice delle fanciulle.
In onore della dea vengono svolti riti e cerimonie sacre, a lei sono dedicati canti e danze nei luoghi misteriosi di Lesbo, descritti nelle poesie di Saffo.
I componimenti della poetessa – che nelle edizioni antiche iniziavano proprio con un Inno ad Afrodite, e che possiamo leggere soltanto in pochissimi frammenti senza poter apprezzare la musica e il canto che li accompagnavano – hanno come prima destinazione le cerimonie, interne al tiaso o aperte alle famiglie delle fanciulle, in cui si celebrano i momenti della vita comunitaria in onore della dea, dall’ingresso nel tiaso fino all’addio, cioè al momento in cui la ragazza si separa dal gruppo per andare in sposa.
Nell’ora dolorosa del commiato Saffo e le altre ragazze rievocano i momenti felici trascorsi insieme e augurano alla sposa un futuro pieno di gioie: Saffo compone in queste occasioni gli epitalami, «canti matrimoniali» in cui spesso ricorda con toni struggenti, a volte con veri accenti di gelosia, il legame che univa lei e le altre fanciulle alla ragazza ora sposa.
Saffo, anche perché donna, fu tra gli autori greci più famosi e apprezzati dell’antichità: venne definita addirittura «la decima Musa», e i suoi carmi servirono poi da modello e fonte di ispirazione per numerosissime generazioni di poeti.
Dalla tarda antichità, e poi con l’età cristiana, gli appassionati legami che Saffo spesso manifesta con le fanciulle del tiaso furono interpretati in senso omosessuale e criticati. Se è senz’altro vero che una componente di questo tipo fu uno degli aspetti del tiaso saffico, va detto tuttavia che il carattere di questo rapporto fu di natura pedagogica e iniziatica piuttosto che passionale in senso moderno. L’interpretazione omosessuale di Saffo, in ogni caso, perdurò per tutto il Medioevo e l’Età moderna, contribuendo da una parte ad accrescere il fascino misterioso della sua poesia e della sua figura, dall’altro a creare un fraintendimento che ha fatto di Saffo, in età recente, un simbolo del femminismo e ha lasciato traccia nella nostra lingua, dove saffico e lesbico designano ormai l’amore tra donne.