SAGGINA
Nome italiano di pianta, dal latino sagina "cibo per ingrassare", detta anche sorgo, nome usato probabilmente nel Veneto (il Mattioli nel 1544 scriveva: "La melega in Lombardia è quella, che in molti luoghi si chiama sorgo, e in Toscana saggina"). Dal nome sorgo è stato fatto il nome botanico Sorgum da Linneo (1735) e da Adanson (1763) e Sorghum da Moench (1794) e Persoon (1808). È un genere di Graminacee (tribù Andropogonee) caratterizzato da spighette geminate, una sessile ermafrodita e una pedicellata staminifera o neutra, formanti pannocchie prive di spate fogliacee; i pedicelli e gli articoli della rachide non sono solcati e translucidi longitudinalmente; la palea è bifida con resta nascente fra i due lobi. Nelle forme spontanee le spighe si disarticolano facilmente a maturità, nelle coltivate invece sono tenaci.
Delle specie spontanee, in Italia è comune il S. halepense (L.) Pers.; nelle colonie S. purpureo-sericeum Hochst., arundinaceum (W.) Stapf, aethiopicum (Hackl.) Stapf, ecc. Delle coltivate le meglio note sono S. vulgare Pers. che è il vero sorgo, il S. saccharatum (L.) Moench con la var. technicum Körn., che è la saggina per fare le scope. Nelle colonie col nome di dura sono largamente coltivate per l'alimentazione umana specialmente S. Roxbourghii (Hackl.) Stapf, S. dura (Forsk.) Stapf, S. cernuum (Ardoino) Stapf. Le foglie dei vari sorghi costituiscono un buon pascolo per il bestiame; ma un glucoside cianogenetico di alcuni tipi è nocivo.
Le forme coltivate in Africa sono assai numerose, tra esse importanti il S. Ankolib (Hackl.) Stapf con culmi saccariferi e il S. guineense Stapf con forme le quali forniscono una sostanza rossa usata per colorare i marocchini. Di parecchie forme sono utilizzati i frutti per la panificazione e per la fabbricazione di birre speciali, assai usate dalle popolazioni di talune regioni africane.