Saggio sull'intelletto umano (An essay concerning human understanding)
(An essay concerning human understanding) Opera (1690, in realtà 1689) di Locke conosciuta in Europa principalmente nella trad. franc. di P. Coste, riv. da Locke stesso (Essai philosophique concernant l’entendement humain, 1700, condotta sulla 3a ed.) e nella trad. lat. di R. Burridge (De intellectu humano, 1701). Locke vi delimita il campo della filosofia come conoscenza empirica la cui struttura logica intesa come sistema di regole di connessione fra segni costituisce la «semiotica». Il lib. 1° (Of innate notions) espone la critica dell’innatismo, ossia dell’origine a priori dei contenuti della mente, il cui esito è, secondo Locke, lo scetticismo, in polemica principalmente con le tesi di Herbert di Cherbury e dei platonici di Cambridge. I principi logici (identità e non-contraddizione), le verità matematiche e i principi morali (fedeltà, giustizia e così via) non sono riconosciuti universalmente come dimostra il fatto che i bambini (children), gli idioti (ideots; I, 2, 5) o anche i «bruti», ossia i selvaggi (brutes; II, 2, 11) li ignorano. Il contenuto della mente, di cui la conoscenza è l’elaborazione, è rappresentato dalle idee (lib. 2°), alla cui origine sono la sensazione (impression), provocata dalle cose esterne («senso esterno»), e la riflessione (reflection), la percezione (perception) delle operazioni interne dell’anima («senso interno»). Dall’esperienza, composizione del senso esterno e del senso interno, originano le idee, ossia i contenuti della mente, distinte in idee semplici, chiare e distinte, e idee complesse, ottenute dalla composizione di quelle; la semplicità attiene alle idee e non alle cose in sé stesse. Riguardo alla conoscenza degli oggetti esterni è necessario distinguere le qualità primarie, legate alla conformazione fisico-geometrica degli oggetti e misurabili (quali estensione, solidità, figura, mobilità), e qualità secondarie, dovute all’interazione fra oggetto e soggetto senziente, quali l’odore, il colore, il sapore, e così via (II, 2, 8). I processi conoscitivi rivelano inoltre i «poteri» (powers) che la mente possiede come capacità di elaborazione e di produzione delle rappresentazioni sensibili. Il potere, sia attivo sia passivo rende possibile la combinazione e l’astrazione delle idee, l’operare secondo libertà e necessità, e include inoltre la relazione (II, 21). Le idee complesse della mente riguardano modi, sostanze, relazioni (II, 12). Idee complesse di modi, ossia di modificazioni di sostanze, che non esistono per sé stessi, sono, per es., lo spazio, il tempo o il potere. L’idea complessa dello spazio proviene dalla composizione dalle sensazioni della vista e del tatto; quella del tempo dall’esperienza interiore di un flusso di idee in successione. Le idee complesse di sostanze, sia materiali sia spirituali, derivano dall’attribuire al simultaneo presentarsi all’esperienza di proprietà e poteri un sostrato – non conoscibile – che ne giustifichi la permanenza (II, 23). La non conoscibilità di tale sostrato, indagata rispetto alla certezza nel lib. 4° (3, 6), provoca l’impossibilità di stabilire con certezza «se un qualunque essere materiale pensi o no», da cui, mediante la radicalizzazione voltairiana (➔ Lettere filosofiche), deriverà la pretesa tesi lockiana della «materia pensante» ampiamente diffusa nel periodo illuminista. Centrale, fra le idee di relazione, è quella del rapporto causale, fondata sulla constatazione empirica di una certa successione fra eventi (II, 26), che indica tuttavia rapporti meramente probabili. Nel lib. 3° (Of words) Locke espone la concezione del linguaggio incentrata sulla differenza fra essenza reale ed essenza nominale, cui si riferisce il nome comune correlato dell’idea astratta, ottenuta relativamente a una certa classe di oggetti eliminando circostanze di tempo e di spazio che ne individuano la peculiarità empirica. In tale prospettiva l’arbitrarietà del segno linguistico si riferisce a un’idea astratta che è già, a sua volta, segno mentale arbitrario di un’essenza reale (non conoscibile). Le regole di connessione fra i segni linguistici attengono alla semiotica, che esaurisce l’ambito della logica, non alla realtà. Nel lib. 4° (Of knowledge and probability), Locke elabora la distinzione fra conoscenza intuitiva e dimostrativa come percezione immediata o mediata dell’accordo (agreement) o disaccordo (disagreement) fra idee, tenendo presenti le tesi della Logica di Port-Royal (➔). Ne deriva una riflessione sui diversi gradi della certezza, nella quale è centrale il ruolo della probabilità (15-16), e nella cui elaborazione Locke aggiunge all’intuizione e alla dimostrazione il livello conoscitivo della conoscenza sensibile (sensitive knowledge; 2, 14), che si riferisce all’esistenza particolare degli oggetti sensibili, unica garanzia dell’esistenza del mondo. Sull’intuizione e sulla dimostrazione, intesa quest’ultima come coerenza fra una pluralità di concetti determinabili soltanto parzialmente (dunque non secondo certezza), si fondano rispettivamente la possibilità di provare la propria esistenza e quella di Dio (9-10). Importante per i successivi sviluppi delle tesi lockiane è l’applicazione della probabilità come discrimine fra fede e ragione, che comporta la possibilità di contraddire fanatismo (enthusiasm) e stravaganza (extravagancy) nelle «materie di fede» (18).