SAGUNTO (A. T., 41-42)
Città della Spagna, capoluogo di partido judicial nella provincia spagnola di Valenza; il centro s'adagia sul fianco di una collina lambita a N. dal corso del Palancia, stendendosi fra la riva del fiume e la sommità di quella, su cui s'alzano le mura d'un castello. È nel cuore di una delle più feraci huertas iberiche, dove la ferrovia litoranea Barcellona-Valenza incrocia quella scendente da Teruel, che le apporta il minerale di ferro della Sierra Menera. Il recente impianto di alti forni spiega lo sviluppo avuto dal centro abitato attuale, che conta oggi 11.000 abitanti. La città conserva tuttavia l'aspetto di vecchio borgo, con vie strette e tortuose.
Monumenti. - Il muro "ciclopico" che circonda la vecchia città iberica mostra tracce dei diversi restauri fatti specialmente nell'età romana. Si sono anche ritrovati i resti dell'arx dei Cartaginesi, con forti mura come quelle di Carthago Nova. Delle costruzioni militari romane si è rinvenuto un grande edificio con magazzini e carceri sotterranee; inoltre il basamento d'un tempio con resti di un colonnato. Sono noti da tempo i ruderi di un sepolcro monumentale nel monastero della Trinità.
Dell'età iberica si conosce un toro di pietra simile ad altri del SE. della Spagna e dell'Andalusia, e ceramica dipinta. Sagunto ebbe moneta prima della distruzione di Annibale e continuò la sua serie numismatica con monete autonome o con iscrizioni bilingui: il nome della città è prima scritto in caratteri greci e dopo anche con caratteri iberici che si sono letti "Arse". Del periodo romano sono tre iscrizioni in caratteri iberici. Dell'età romana si conservano nel museo saguntino parecchie sculture: una testa di negro, un busto di Bacco, una statua virile, numerose iscrizioni e musaici.
Il teatro romano, capace di 8000 spettatori, dovette avere disposta alla maniera dei teatri dell'impero la scena, alla quale manca completamente il muro; è costruito nella pietra dura delle vicinanze e ha i corridoi scavati nella roccia, con forti vòlte che servono di sostegno a una parte della cavea. Il circo romano, di 260 m. per 65, sembra che avesse gradinate di legno, perché non restano tracce di vòlte.
La chiesa arcipretale di Santa Maria, a tre navate, è del 1334 ma fu ampliata alla fine del sec. XVII, sui progetti di Pérez e di Gil Torralba, da Francisco Marti, che aveva ai suoi ordini Juan Viñes, autore della Torre di S. Caterina a Valenza. La costruzione fu compiuta nel 1700 con la facciata principale barocca, mentre le altre facciate sono gotiche. Questa chiesa ha pilastri e un'abside con lunghi finestroni, e all'interno, al lato dell'epistola, è rivestita di stucchi, sculture e pitture finemente policromate. La chiesa del Salvatore (1248) è di pregevole carattere mudéjar.
Nel museo locale sono raccolti molti oggetti rintracciati durante gli scavi iniziati in epoca moderna da M. González Simancas, scavi che hanno chiarito importanti problemi della topografia e della storia antica di Sagunto.
Storia. - Sagunto fu città degli Iberi Edetani situata presso il fiume Pallantia (oggi Palancia) e il mare. Forse un altro nome antico della città che si trova nelle monete è Arse. Dal nome di Sagunto alcuni autori antichi presumevano un'origine greca (Livio, Strabone, Appiano) per la somiglianza col nome Ζάκυνϑος, e credevano Sagunto una fondazione greca. Ma questa origine è da rifiutare. Il nome Sagunto è forse d'origine celtica (radice seg- come Segontia, Segisama, con la terminazione iberica) come altri nomi della regione (fiume Pallantia, lo stesso nome Segobriga), cosa che permetterebbe di supporre un antico dominio dei Celti che nel retroterra di Sagunto vengono menzionati dall'antico Periplo conservato in Avieno del sec. VI (i Beribraci). Nei secoli seguenti alle guerre puniche i Saguntini sono Iberi (Edetani) e nella regione si sono rinvenuti abbondanti resti di villaggi iberici con la tipica ceramica dipinta degli Iberi. Le mura della città di Sagunto, cosiddette ciclopiche, sono mura iberiche.
Sagunto si federò con Roma in data incerta e l'alleanza contribuì a provocare la seconda guerra punica, perché, avendo nel trattato dell'Ebro fissato Roma e Cartagine la linea del fiume come limite dell'espansione punica, l'alleanza con una città più a sud dell'Ebro poteva essere considerata per Cartagine come una violazione del patto. Annibale col pretesto d'intervenire nella discordia dei Saguntini con i popoli vicini, i quali, probabilmente d'accordo con lo stesso Annibale, avversavano la città, la assediò e provocò la protesta di Roma, cominciando subito dopo la presa di Sagunto la sua spedizione in Italia.
Sagunto da molto tempo era in discordia con i Turboleti (detti talvolta Turdetani), gli abitanti di Teruel, che possedevano le terre alte dell'interno della Spagna, e dominavano la valle del Pallantia. I Turboleti erano probabilmente Celti e proseguivano gli sforzi di questi popoli per impadronirsi della regione litoranea. Furono vinti dai Saguntini, ma Annibale attaccò Sagunto. Dopo un assedio di otto mesi, rifiutando Sagunto di capitolare, nonostante la sua difesa eroica, fu presa d'assalto. Ma il generale punico poté impadronirsi soltanto delle rovine rimaste dopo l'incendio della città e di alcuni sopravviventi che furono fatti schiavi. Annibale, profittando della posizione strategica di Sagunto, pose nella cittadella un presidio che custodiva anche gli ostaggi delle tribù iberiche non troppo sicure nella loro alleanza con Cartagine.
Dopo la battaglia di Cissa (= Cosse, Tarragona) del 215, fu liberata dagli Scipioni e diventò la prima base di operazione romana a S. dell'Ebro, essendo ricostruita dopo la distruzione di Annibale. Dopo Augusto fu municipio romano e città fiorente, che profittò della situazione privilegiata e della fecondità del suolo (sono noti i fici saguntinae) e anche un importante centro di fabbricazione di terra sigillata (i vasi saguntini di cui parlano Plinio, Giovenale e Marziale). La città possedeva notevoli monumenti (teatro, circo, templi, acquedotto, ecc.) e oltre la località della cittadella, corrispondente all'antica città iberica, sulle cui pendici si trovava il teatro, si estendeva per la pianura traversata dalla grande via romana del litorale.
Sagunto fu rovinata dalle invasioni germaniche, ebbe distrutti dai Vandali alcuni dei suoi monumenti, in parte poi restaurati sotto la dominazione bizantina: Ma con le invasioni saracene fu abbandonata, restando solo il ricordo della grande città romana negli avanzi delle antiche costruzioni, della quali il piccolo villaggio arabo ivi stabilito, e, dopo, la città medievale e moderna, presero il nome (arabo Murbiter, modernamente Murviedro, da murus vetus), che mantenne fino al 1877.
Bibl.: Nagl, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, col. 1755 seg.; T. Llorente, Valencia, in España, sus monumentos y artes, su naturaleza e historia, Barcellona 1887; A. Chabret, Historia de Sagunto, ivi 1888; M. González Simancas, in IV Congrès international d'archéologie, ivi 1929; id., Sagunto, la acrópoli, sus excavaciones y el teatro romano, s. l. n. a.; v. la carta dell'assedio di Sagunto, in J. Kromayer e G. Veith, Schlachtenatlas zur antiken Kriegsgeschichte, n. 3; B. Fletcher, Historia de la arquitectura, ecc., II: trad. di A. Calzada, Historia de la arquitectura en España, Barcellona 1928; J. Puig i Cadafalch, L'arquitectura romana a Catalunya, ivi 1934.