Vedi SAGUNTO dell'anno: 1965 - 1997
SAGUNTO (v. vol. VI, p. 1064)
L'insediamento indigeno più antico corrisponde al toponimo Arse, della tribù iberica edetana, ed è situato sulla collina del Castello, che conserva resti di muri del IV sec. a.C. e di abitazioni.
Nel III sec. a.C. apparve il toponimo Zàkynthos (Pol., li, 16, 13 e 17, 5-6; Sil., I, 275) o Saguntum (CIL, II, Suppl., 1892, n. 6254); alla città veniva attribuita una remota origine greca (Plin., Nat. hist., XVI, 216), ma anche, limitatamente a una parte della sua popolazione, una radice italica: i Rutuli provenienti da Ardea (Liv., XXI, 7,1-3) e i Daunî, arrivati dall'Apulia (Sil., 1, 288). In tal modo venivano per così dire legalizzati i suoi vincoli con Roma. Malgrado S. non appaia in nessuno dei trattati fra Roma e Cartagine, la sua conquista da parte di Annibale nel 219 a.C. provocò l'inizio della seconda guerra punica. P. Cornelio Scipione rese la città ai Saguntini nel 212 a.C. e questi si mantennero federati con Roma fino a costituirsi in municipio latino all'epoca di Augusto. La piccola città ispanica divenne simbolo di eroismo e di fedeltà a Roma.
Le emissioni di moneta databili alla metà del III sec. a.C. seguono modelli romani, ma portano leggende in lingua iberica con il toponimo arse. Nell'ultimo terzo del II sec. a.C. alcune serie recano un'iscrizione bilingue in cui al nome indigeno si affianca quello latino Saguntum, che finirà col sostituire il primo. La zecca di S. cessa la sua attività all'epoca di Tiberio.
La città è disposta su tre terrazzamenti di altezza decrescente. Nella superiore (Plaza de Armas del Castillo) si trova il foro, il cui primo impianto è di età repubblicana. Un piccolo Capitolium, di pianta quadrata, diviso in tre cellae con una cisterna nella parte anteriore, è stato datato al II sec. a.C. Questo si mantiene come asse del successivo foro augusteo, del quale occupa il settore centrale del lato N; a E del tempio si trova la curia, mentre le tabernae sono situate per tutta la lunghezza del fianco orientale, e la basilica, di tre navate, è impiantata nel fianco occidentale più lungo. Un porticato circonda la piazza, nel cui pavimento si trova l'iscrizione che ricorda Cn. Baebius Geminus, il personaggio che donò il foro stesso. Tutto il complesso forense augusteo si trova su un terrazzamento che conferisce un assetto regolare alla cima della collina.
Nella terrazza intermedia, sfruttando la pendenza naturale, è stato edificato il teatro. L'edificio scenico presenta capitelli corinzi di calcare con foglie lisce; è dotato di aulaeum e termina alle due estremità con corpi sporgenti rettangolari. Le tre valvae della scaenae frons hanno pianta semicircolare. La cavea, divisa in tre ordini, finisce con una galleria a volta interrotta nel settore centrale. Gli scavi degli ultimi anni hanno consentito di far risalire il teatro all'epoca Claudia e una sua tarda ricostruzione al III secolo. La struttura è in opus caementicium con rivestimento di vittatum di calcare locale e con impiego di arenaria nei cunei degli archi. Un restauro secondo il progetto di G. Grassi e M. Portaceli ha rimesso in uso l'edificio come luogo di spettacoli.
Alla base del teatro si estende il terzo settore della città romana, ancora poco conosciuto. Probabilmente arriva al tracciato dell'attuale calle Mayor fino alla Plaza del Ayuntamiento. Dietro la chiesa di Santa Maria si nota un muro che descrive un angolo di m 7 X 15 con una base di blocchi poligonali e con un alzato di pietre trapezoidali a secco; García y Bellido (1963, pp. 87-98) ipotizzò che si trattasse del podio del Tempio di Diana (Plin., Nat. hist., XVI, 216) anche se, tanto per la sua localizzazione quanto per le sue caratteristiche di costruzione, sembra corrispondere alla cinta muraria della città. A S. testi epigrafici documentano i culti di Diana, Venere, Marte, Mercurio, Liber Pater e Iside Pelagia nonché un collegio di Salì.
Un acquedotto portava l'acqua in questa zona di S. entrandovi dal lato O: ne restano alcuni tratti di canalizzazione, visibili fuori del centro urbano.
Fuori del pomerium si identificano le zone delle necropoli, in particolar modo intorno al limite orientale della città
dove passa la Via Augusta. I monumenti funerari documentati sono scarsi e il loro stato di conservazione molto incompleto. E noto che la tomba dei Sergii {CIL, π, 3841-3850) aveva forma di tempio e che esisteva anche un mausoleo con un fregio dorico. Il mosaico con il tema del Tigerreiter, oggi scomparso, faceva parte di un edificio funerario.
Gli altri mosaici ritrovati a S. provengono dalle villae extra-urbane, attualmente coperte dalla città moderna. Uno di questi presenta un quadro centrale con la rappresentazione del Supplizio di Dirce e quattro laterali con allegorie delle quattro stagioni. Nella stessa casa sono conservati bellissimi pavimenti di opus sectile.
Sulla riva meridionale del fiume Palancia fu costruito un circo (m 354 X 73,40) i cui resti sono in parte individuabili malgrado si trovino ora sotto le nuove costruzioni. La porta triumphalis si apriva all'estremità della curva, con una larghezza di 2,48 m. Una porta più piccola nella parete S è ancora visibile nella calle Huertos. La spina era formata da un euripus di 190 m di lunghezza per 4,50 m di larghezza, con metae di base semicircolare alle estremità.
Sul letto del fiume si conservano i resti dei pilastri e dei contrafforti di un ponte romano databili all'epoca di Augusto.
S. era un centro produttore di vino, come testimoniano anfore Dressel 2-4 saguntine con i bolli mpm, salvi, gemini, marini e bc materni sacynto.
Sono in corso indagini sull'antico porto che ha una stratigrafia compresa fra V sec. a.C. e V d.C. I materiali rinvenuti a S. si trovano nel Museo Archeologico locale, ricco di iscrizioni latine e di ceramiche di epoche diverse. Vi è esposta inoltre una piccola serie di sculture in bronzo e in marmo, anche se il pezzo meglio conservato si trova nel Museo del Prado, a Madrid. Altri materiali si trovano sempre a Madrid, al Museo Archeologico Nazionale.
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(C. Aranegui Gascó)